Big Pharma, quel patto che taglia la salute

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L’accordo fra Roche e Novartis ha determinato un danno, per i bilanci sanitari italiani e per il Sistema sanitario nazionale, pesante e la multa comminata, pari a 180mila euro, è giudicata da più parti come uno zuccherino per le aziende che avrebbero tratto, da questa manovra, lucrosi guadagni speculando sulla salute pubblica

Roche e Novartis, secondo il parere dell’Antitrust, si sarebbero accordate nei mesi scorsi affinché due farmaci sostanzialmente simili ma con prezzi totalmente dissimili potessero andare sul mercato della salute con due indicazioni diverse in maniera da spingere gli oculisti ad usare esclusivamente il più costoso fra i due, il Lucentis della Novartis, per la cura della forma essudativa della degenerazione maculare degli occhi, una grave malattia che causa la progressiva perdita della vista.
Il «cartello» realizzato dalle due grosse case farmaceutiche prevedeva che il farmaco targato Roche, l’Avastin, del costo di poche decine di euro ad iniezione, fosse artificialmente gravato, all’atto della registrazione, dalla descrizione di una serie di controindicazioni ed effetti collaterali, in maniera da indurre gli specialisti del settore all’uso esclusivo, nel trattamento della maculopatia, del prodotto simile, il Lucentis della Novartis dal costo iniziale di oltre 2.000 euro a fiala, attualmente rimodulato a circa 700.
A parere dell’Antitrust e della Procura di Torino le differenze non sarebbero giustificate ed altrettanto ingiustificato sarebbe, secondo molti, l’ingiusto privilegio concesso quindi a Lucentis di godere dello status di prodotto esclusivo nella terapia della degenerazione maculare. Con costi complessivi, nell’intera terapia, incomprensibilmente elevatissimi (si stimano 400 milioni di euro in più all’anno per il nostro Ssn) e con la conseguenza che, per via dei bilanci ristretti da parte delle Asl, molti pazienti bisognosi non avrebbero avuto accesso alle cure salvavista possibili invece con la scelta di un farmaco complessivamente assai più economico.
L’accusa è di disastro doloso ed associazione a delinquere in relazione al reato di truffa e rialzo e ribasso fraudolento del prezzo dei farmaci. L’inchiesta nasce da una denuncia fatta dalla Società oftalmologica italiana, la Soi, che lascia intravedere anche forme di coinvolgimento all’interno di Aifa ed Ema, rispettivamente Associazione italiana del farmaco ed Agenzia europea dei medicinali, deputate a dare il proprio parere sull’appropriatezza e la sicurezza dei farmaci introdotti sul mercato.
Il danno, per i bilanci sanitari italiani e per il Sistema sanitario nazionale, sarebbe pesante e la multa comminata, pari a 180mila euro, è giudicata da più parti come uno zuccherino per le aziende che avrebbero tratto, da questa manovra, lucrosi guadagni speculando sulla salute pubblica. La cosa indubbiamente peggiore, però, sarebbe quella per cui il costo enorme della terapia con Lucentis invece che con Avastin avrebbe di fatto portato all’esclusione di un gran numero di candidati alla terapia dai benefici delle iniezioni e della cura per via delle ristrettezze di bilancio di molte aziende sanitarie locali.
La possibilità di ridurre l’avanzata della malattia e di mitigarne i sintomi sarebbe stata tranciata dalla volontà, costruita a tavolino ed in accordo fra i due produttori, di indirizzare gli oculisti (tramite un parere vincolante da parte dell’Aifa a propria volta forte del parere di un Tar) verso l’impiego selettivo del prodotto Novartis in virtù della presunta o potenziale azione dannosa di quello della Roche. Un gioco fra grandi burattinai i cui effetti negativi sarebbero ricaduti sulla pelle dei contribuenti e sugli occhi dei malati ed i cui vantaggi economici sarebbero stati spartiti, sulla base di quell’accordo, fra le case produttrici.
Una ignobile pantomima che ancora una volta ha messo al centro della scena le priorità del profitto, ad ogni costo e senza alcun rispetto per chi soffre.
A margine di questa vicenda, che il procuratore Guariniello sta approfondendo in ordine anche ad altri possibili sviluppi ed ulteriori ipotizzate responsabilità, va però segnalato qualche punto che non ci pare di secondaria importanza.
Innanzitutto è da rilevare come l’intera questione sia stata segnalata da una società medica, la Società oftalmologica italiana, che con senso di responsabilità e grande spirito critico ha posto la questione sul tappeto, dando l’avvio anche formale all’intera vicenda. In tempi in cui si accusano indistintamente tutti gli operatori della sanità di «fare il gioco del padrone» questa considerazione è di grande sollievo.
In secondo luogo, non può non segnalarsi il ruolo che Antitrust da una parte e Procure della Repubblica (quella di Torino nella fattispecie) dall’altra, hanno svolto e possono svolgere in difesa dei diritti alla salute e del contenimento della spesa sanitaria. Anche questo è un dato che dovrebbe essere accolto con consolazione e valorizzato come esempio da seguire.
Più discutibile, infine, ci pare il ruolo che ancora una volta ha ricoperto la sezione del Tar che, indirizzando a suo tempo verso l’uso esclusivo del Lucentis a scapito dell’Avastin, ha creato le basi perché la presunta truffa avesse luogo. Si tratta di quegli stessi Tar che troppo spesso vediamo in azione in occasione di vicende simili (si pensi alla ormai giustamente abbandonata terapia Di Bella o a quella più recente sull’imbroglio Stamina) che trasformano giudici esperti in pratiche amministrative in presunti medici e ricercatori, con immani e nefaste conseguenze per tutti i cittadini e gli utenti.
La sensazione sempre più forte è che i controlli incrociati, in una società complessa come quella in cui viviamo, servono e sono anzi indispensabili, a patto che non si esca dal proprio ruolo e non ci si improvvisi esperti in materie che non si conoscono.