La tesi dei due scienziati è: se in Italia si permette una cura con cellule staminali che non ha prove di validità scientifica, è ovvio che si permetta mediante «decisioni irresponsabili» di «manipolare dei fatti accertati e accertabili» e s’impedisca, si ostruisca o si contesti la diffusione degli Ogm, la sperimentazione sugli animali non umani o la vaccinazione tout-court. La fallacia di una simile analogia è chiara: non certo perché si è permesso in passato qualcosa di ingiustificabile dovrebbe essere garantito nel presente qualcosa di ancor meno motivato
In un’inaspettata missiva scritta a quattro mani e pubblicata su «La Repubblica» di questa mattina, Elena Cattaneo, ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano nonché Senatrice a vita, e Gilberto Corbellini, storico e filosofo dell’Università La Sapienza di Roma, hanno lanciato il loro manifesto per chiarire ciò che definiscono motivato da «irrazionalità, fanatismo, emotività, tecnofobia, antimodernismo, populismo, etc.».
A meritare cotanta elocuzione iconoclasta sono tre tra gli argomenti più discussi degli ultimi mesi: organismi geneticamente modificati, vaccini e sperimentazione animale.
Secondo i due, che già molte volte in passato si erano espressi in controtendenza difendendo tesi scientiste degne delle migliori congregazioni made in Usa, esiste un filo rosso o meglio «nero» che collega le recenti sentenze sui pericoli derivanti dai vaccini, il caso Stamina, la legge di recepimento della Direttiva europea sulla sperimentazione animale e le restrizioni sulla coltivazione degli Ogm in Italia.
Siamo chiari: i due cascano a fagiolo… Ogm ovviamente, e lo fanno con una disinvoltura raccapricciante, con le mentite spoglie del purismo accademico e «della vera scienza» che già aveva colorato i dibattiti da Simonsen in giù. Lo fanno perché a brevissimo arriverà una sentenza del Tar che, stando alle quote dei bookmaker, liberalizzerà sul suolo italiano la coltivazione di Ogm dopo anni di strenua difesa dell’agricoltura italiana di qualità.
Lo fanno con quella stessa celata ingenuità che avevano già adoperato casualmente poco prima delle discussioni in Senato sulla sperimentazione animale e giusto qualche istante precedente all’ufficializzazione della procedura d’infrazione, con cui l’Italia, e tutti gli italiani, sborseranno migliaia di euro al giorno per una mancata e seria legislazione nazionale sulla sperimentazione animale.
Stavolta «il loro diritto alla scienza» viene promulgato proprio nel giorno in cui il Tar del Lazio potrebbe dare il via libera agli Ogm su tutto il territorio nazionale, in seguito a un ricorso contro il decreto interministeriale che proibisce la coltivazione di specie modificate geneticamente.
A prescindere dalla polemica strumentale sul caso Stamina, che ha già fatto il suo corso e che è stata agevolata dalla scarsa onestà intellettuale proprio di quel mondo della ricerca a cui i due si rapportano, la subdola analogia è presto sciorinata sul tavolo degli imputati per dar atto a un tautologico ragionamento che fa dell’anacoluto il suo cavallo di battaglia.
La tesi di Cattaneo e Corbellini è: se in Italia si permette una cura con cellule staminali che non ha prove di validità scientifica, è ovvio che si permetta mediante «decisioni irresponsabili» di «manipolare dei fatti accertati e accertabili» e s’impedisca, si ostruisca o si contesti la diffusione degli Ogm, la sperimentazione sugli animali non umani o la vaccinazione tout-court.
La fallacia di una simile analogia è chiara: non certo perché si è permesso in passato qualcosa di ingiustificabile dovrebbe essere garantito nel presente qualcosa di ancor meno motivato.
La Cattaneo è stata, sin dall’inizio, acerrima sostenitrice dell’innocuità del vaccino trivalente assolto, con una lavanda di mani da farne il baffo al Ponzio Pilato di turno, dall’accusa di causare autismo nei bambini a cui viene obbligatoriamente (e perché mai lo è oggi nel XXI secolo?) somministrato. I due esperti non considerano nemmeno la prima regola del metodo scientifico, che non è la replicabilità dei risultati, ma «il beneficio del dubbio» e affondano il colpo con sicurezza quando dicono: «il vaccino trivalente non causa l’autismo, checché ne pensi qualche giudice capace di andare contro montagne di fatti e buon senso, per deragliare e sconfinare in attribuzioni che non gli si addicono».
Saranno così convinti, certi, sicuri i nostri garanti della salute che quei cocktail di virus inattivati saltati in padella con metalli pesanti stabilizzanti, da far rabbrividire un tonno pinna gialla al mercurio, non possano neanche in qualche caso creare problemi agli immaturi sistemi immunitari dei bambini? Da biologo non saprei esprimermi con tale convinzione in merito, sebbene ritenga che i vaccini abbiano giocato un ruolo rilevante nella riduzione di alcune patologie e che, allo stesso tempo, a debellare molte malattie siano state piuttosto ragioni igieniche che profilattiche. Ma se avessi una tale efferatezza e convinzione nel sancire che una cura mediante cellule staminali sparate a caso nel corpo dei malati sia sicuramente inutile, mentre una dose di patogeni attenuati iniettata a pochi mesi di vita sia un toccasana, sinceramente, non ci dormirei la notte.
Perché non sono così tante le evidenze scientifiche dell’inutilità delle staminali (sebbene l’applicazione di Stamina sia opera di dilettanti allo sbaraglio) e sono invece più cospicue le ricerche che correlano vaccini ad autismo (sebbene chi si occupa di scienza e conosce la statistica è ben consapevole dei pericoli delle analisi di correlazione). Allora piuttosto che farsi paladini del verbo della scienza, sarebbe più onesto ammettere l’ignoranza e procedere con la ricerca. Non vietare, ma altresì non applicare sulle cavie, a meno che queste non ne siano pienamente favorevoli (come spesso avvenuto per i pazienti di Stamina, che tutto sommato non hanno nulla da perdere e stanno in qualche modo permettendo alla scienza, se fosse gestita non da professori in lettere ma da medici e biologi, di fare ricerca senza sacrificare chi non vuol esser sacrificato). Non obbligare le famiglie a infrangere la legge se non credono nella totale sicurezza dei vaccini per i loro figli e non impedire ai famigliari, che non vedono altra speranza per i propri figli, di testare cure nonostante la scienza non abbia certezza della loro efficacia (impedire ai truffatori di spillar soldi facendo leva sulla disperazione della gente è tutt’altro paio di maniche).
Ma non c’è da stupirsi, perché le argomentazioni di cui sopra sono strettamente connesse al ridicolo presupposto etico secondo cui non dovremmo amare «di più gli animali non umani dei bambini, dei malati o degli anziani». «Lo si dica pubblicamente – accusano i due – e qualcuno che non ha figli o è insensibile alle sofferenze umane lo dice – che sono uguali agli uomini».
Tali affermazioni vergognosamente speciste riportano indietro di 50 anni i progressi scientifici, etici e morali compiuti sin qui per riconoscere eguali diritti a ogni essere vivente, secondo un principio vitalista che garantisce il «diritto alla vita semplicemente perché si ha il dono di possederne una». Simili retoriche («gli animali non sono uguali agli uomini») nascondono un’ignoranza basilare della scienza, della zoologia e, incredibilmente, dell’evoluzione etica moderna.
Certo che gli animali sono uguali all’uomo. L’uomo è un animale (e nemmeno il più evoluto in assoluto, visto che non esiste una classifica ma una capacità adattativa)! Certo che devono godere degli stessi diritti. Non vi è alcuna differenza nella scala di valori della vita (anche qui non c’è graduatoria che tenga). Ma i paladini della scienza, con la scusante della «vera ricerca» faticano ad ammetterlo e riempiono tre colonne del più letto quotidiano nazionale (colpevole di non offrire un contraddittorio in una giornata così importante) di assurdità come «non si dica che i ricercatori fanno “vivisezione” e che la sperimentazione animale non serve, o che esistano alternative per trovare nuove cure o migliorare quelle esistenti per gravi malattie».
Ah no? Nei laboratori universitari e farmaceutici non si sperimenta sugli animali anche vivi e anestetizzati? Non lo si fa su quelli uccisi per gli stessi scopi sperimentali? Come la si definirebbe tale pratica «vivi-o-mortiperlacausa-sezione»? Cosa cambia nella sostanza? Qualcuno, non uomo, viene sezionato e ucciso comunque alla fin dei conti.
Non esistono alternative per trovare nuove cure e migliorare quelle esistenti. Ah no? Sono stati pubblicati migliaia di studi che dimostrano il contrario e altrettanti che dimostrano come le attuali sperimentazioni sugli animali non hanno contribuito molto alla cura del Parkinson, dell’Alzheimer, della Sla, del tumore o di altre malattie. Tant’è che dopo un secolo di ricerca sugli animali l’incidenza media di simili patologie è più che triplicata.
Nessuno vorrebbe lasciare in mano ad «astrologi, omeopati o teosofi» tali questioni, come chiosano i fautori della «ricerca vera», ma non mi sembrano in una botte di ferro quando l’ebbrezza del suo buon vino ammalia di verità assolute e incontestabili, di metodi incontrastabili, di certezze estreme coloro che hanno il privilegio di intingerne i calici.
L’affondo di fioretto non è completo. Il filo porta a un nodo gordiano di estrema attualità, direi di odierno interesse. Passate al vaglio salute umana e benessere animale, ciò che resta da demistificare è la tutela dell’ambiente. I portatori del verbo assicurano ancora i lettori che «gli Ogm non sono dannosi per l’ambiente e non attentano alla sicurezza alimentare». Quale sicurezza, quale fierezza, quale antiscientificità in queste parole. Quanta ignoranza, ancora.
Perché i sostenitori dell’inutilità della sperimentazione sugli animali ignorano i più recenti studi condotti su ratti e topi che confermano proprio la dannosità del mais Ogm prodotto dalla Monsanto e trattato con uno specifico erbicida per Ogm noto come Roundup? Come valutano questo studio? Inutile perché condotto sugli animali e quindi confermano l’inutilità della sperimentazione animale o utile perché utilizza un valido metodo scientifico e quindi conferma la dannosità degli Ogm? Dov’è la vera scienza in questo caso?
Cattaneo e Corbellini hanno un piano B per sviare la questione. Asseriscono che poiché in Italia si importano già mangimi da Argentina, Brasile, etc., invece di proporre una riduzione del consumo di proteine animali (che ridurrebbe questo sì, molte patologie) o spingere per leggi che impediscano di vendere sul territorio nazionale carni di animali alimentati con Ogm, sarebbe meglio aprire il mercato italiano alla coltivazione di mais e soia Ogm così da essere «economicamente competitivi».
Sbaglio o questo è un discorso da economisti puri e non da biomedici ed esperti d’etica? Inizio a intravedere cosa lega davvero a quel filo «nero o rosso», che fa da incipit al loro articolo, tutte queste decise affermazioni. «Perché non si permette in Italia di continuare a fare ricerca sugli Ogm? E perché non si possono adattare i metodi che già esistono per evitare le temute contaminazioni da Ogm?» chiedono polemicamente i due.
Eppure si rispondono da soli qualche riga prima: «Manipolare i fatti è pericoloso anche perché si rischia di aizzare le deboli menti impreparate». Esatto! È una manipolazione dei fatti che in Italia non si possa fare ricerca (che deve, invece, essere garantita) sugli Ogm. La si fa in migliaia di istituti sparsi per la penisola. Ciò che non si può fare è coltivarli gli Ogm! Certo che non si può visto che non si conoscono gli effetti sulla salute e sull’ambiente, nonostante tutta la ricerca. E non vi è alcun metodo valido e provato per fermare la contaminazione da coltivazione a coltivazione. Quali metodi esistono già che non hanno fallito? Se non si sa nulla di certo, forse è anche perché si continua a sperimentare sugli organismi sbagliati mediante protocolli che prevedono sperimentazione sugli animali non umani. È una manipolazione dei fatti associare quella sulla ricerca a una domanda sulla coltivazione, che è in attesa di decisione di un Tribunale, il giorno stesso in cui la si pone. Non è solo manipolare i fatti. Questo è proprio «aizzare le deboli menti impreparate» e confonderle a proprio piacimento.
Ma sono al punto, adesso, di comprendere appieno quel filo «nero o rosso» che lega le argomentazione presentate da Cattaneo e Corbellini in merito a staminali, vaccini, sperimentazione animale e Ogm. Si tratta di un filo sottile, tagliente e infido come quello di cotone tra le dita, costoso come quello di seta, eppure resistente come quello di spago.
È il filo degli interessi economici, al di sopra di tutto e di tutti. Al di là della scienza e dell’etica.
È il filo che lega gli affari delle case farmaceutiche, del settore biomedico, delle multinazionali del farmaco e degli Ogm, degli sperimentatori senza scrupoli che devono ottenere finanziamenti per sopravvivere nel proprio laboratorio e continuare a scrivere assurdità, manipolando i fatti e aizzando le menti impreparate.
Esattamente ciò che è apparso stamane a pagina 27 de «La Repubblica» a firma di due noti nomi della scienza e dell’etica.