Ancora morti, ora è il turno di nove camosci

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Dopo anni di sterili polemiche con alcune associazioni sta emergendo un quadro che dà fiato ai dubbi. Infatti un esame autoptico ha accertato come causa di morte di un’orsa, poco tempo fa, sia stata la tubercolosi bovina e non sarà difficile verificare un nuovo caso di carbonchio per i camosci come fu già anni fa. Urge intervenire contro il pascolo brado che non è compatibile

Nel corso di una operazione congiunta tra le Guardie del Parco e gli Agenti del Cta/Cfs, il Servizio scientifico e quello veterinario, sono state rinvenute le carcasse di nove camosci sul monte Sterpi d’Alto, in comune di Civitella Alfedena, in Abruzzo, a seguito di una segnalazione di un escursionista ricevuta nella tarda serata di martedì.
In una rapida comunicazione dell’Ente parco nazionale d’Abruzzo, si sottolinea che l’operazione, che ha presentato non poche difficoltà in relazione all’orografia molto accidentata del luogo ed alle pessime condizioni atmosferiche, con vento, pioggia, nebbia e con una temperatura rigidissima, ha permesso di localizzare le carcasse degli erbivori sulle aree di cresta del monte Sterpi d’Alto. Per le avverse condizioni atmosferiche non è stato possibile l’utilizzo di un elicottero del Corpo Forestale dello Stato, già allertato e resosi disponibile.
I camosci, 7 adulti e 2 capretti sono stati trovati in uno spazio di circa sessanta metri quadri ad una decina di metri di distanza l’uno dall’altro, solo leggermente consumati dai predatori. Ad una prima valutazione dei veterinari intervenuti sulla carcassa, tra cui la dott.ssa Erminia Scioli, del Servizio veterinario della Asl di Avezzano l’Aquila Sulmona, Distretto di Castel di Sangro, si escluderebbero cause accidentali di morte, come folgorazione, o caduta in un dirupo, ed anche fatti traumatici, si propenderebbe per una ipotesi di malattia infettiva come causa delle morti, anche si ritiene fondamentale l’accertamento attraverso le analisi specifiche di laboratorio che saranno eseguite nei prossimi giorni, dopo le necroscopie.

Questo ritrovamento riaccende interrogativi di fondo sulla gestione del Parco in ordine specialmente al veicolo principale di «inquinamento» naturale. Cioè l’incompatibilità della presenza di pascolo brado di vacche in un ambiente delicato quale è il Parco con specie protette e selvatiche. Si tratta di due ordini di presenza di fauna che sono assolutamente incompatibili.

Soltanto ora, dopo anni di sterili polemiche con alcune associazioni sta emergendo un quadro che dà fiato ai dubbi.
Viene subito alla mente la notizia da noi pubblicata sull’esame autoptico che aveva accertato come causa di morte di un’orsa, la tubercolosi bovina. «L’ultimo referto – si legge nella nota – sulle cause della morte della giovane femmina, in età riproduttiva, di Orso marsicano, non lascia dubbi, confermando quanto il Gruppo Orso tenta inutilmente di far comprendere da almeno un decennio: tubercolosi bovina, frutto della incontrastata invasione delle «vacche sacre».
Dall’Associazione fanno sapere che «la notizia della nuova strage di animali nel Parco non meraviglia troppo, semmai la novità è che il Parco la rende subito nota… Ma ancora una volta, a scoprire il fatto nella Riserva integrale è un escursionista, che per fortuna informa subito le autorità. Assai probabile che si tratti di infezione trasmessa dal bestiame, potrebbe essere carbonchio come avvenne qualche anno fa».

Ci si chiede ora quanti altri casi ci saranno stati, senza che nessuno se ne accorgesse. Perché, infatti, questa specie non aumenta nel Parco?
Si è indulgenti sulle vacche e non ci si rende conto che il parco fu creato per la presenza di orsi e camosci, non certo per le vacche…

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