La Cina supera gli Usa, chi le ricorderà Kyoto?

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L’ambiente, tenuto volontariamente fuori dai grandi discorsi economici, è sempre stato in realtà lo strumento occulto, il bilanciere per aprire o chiudere il consenso, per facilitare o ostacolare le economie nazionali

Si è spenta da poco l’eco del Rapporto Ipcc che ha riproposto «l’emergenza clima». La grande Stampa, affamata sempre e solo di «scoop», ha dato molto spazio senza rendersi conto di fare controinformazione. Perché l’informazione è comunicare costantemente i temi cruciali che interessano l’uomo e mettere insieme i «fatti» senza dividerli secondo schemi vecchi e non adatti all’epoca globalizzata, in cronaca, economia… ecologia. Sparare le notizie serve a poco, anzi, diciamolo pure, i cittadini si sono stancati di fronte agli allarmi a cui poi non seguono le azioni.

Il «Financial Times», in uno studio appena pubblicato, ha scritto che entro quest’anno gli Usa non saranno più la prima economia mondiale perché verrà sorpassata dalla Cina mentre l’India sarà al terzo posto. E questo molto prima del 2019, secondo quanto finora previsto.
E mentre il mondo si dilania in una crisi tutta finanziaria, le emissioni inquinanti continuano a crescere, nonostante la diminuzione delle emissioni degli Usa per l’impiego di shale gas in sostituzione del carbone e nonostante l’Europa abbia consolidato le sue riduzioni.
Che cosa non funziona? Che cosa non ha funzionato?
Semplice, si è realizzato quello che veniva già segnalato quando facevano capolino, negli anni ’80-’90 le prime osservazioni difronte alle azioni che si volevano mettere in atto per affrontare l’inquinamento. Si diceva: Come si può impedire ai Paesi emergenti di emanciparsi? E ci fu la gara per accompagnare il loro progresso, grazie a tecnologie pulite offerte dai Paesi avanzati.
Il bluff iniziò allora.
Perché i Paesi in via di sviluppo inquinano oggi con oltre il 60% delle emissioni globali (nel 2000 erano il 45%). E capolista degli «emettitori» è la Cina. Mentre l’Europa contribuisce con circa l’11%.
Ecco cosa è successo, un grande bluff per l’umanità, una crescita a spese dell’ambiente.
E l’ambiente, tenuto volontariamente fuori dai grandi discorsi economici, è sempre stato in realtà lo strumento occulto, il bilanciere per aprire o chiudere il consenso, per facilitare o ostacolare le economie nazionali.
Infatti, coloro che ostacolano l’avvio delle tecnologie alternative, additano gli scompensi delle emissioni come motore della crescita e quindi la possibilità o l’impossibilità di adottare misure se queste mortificano le industrie della propria nazione.
Un po’ quando i Grandi giocano alle guerre e alla difesa dei principi. Come se i genocidi che accadono da decenni in Africa siano meno importanti dell’Ucraina… come hanno anche una logica i festeggiamenti dei 70 anni di Gerhard Schröder, l’ex Cancelliere tedesco, grande manager del gasdotto russo-tedesco, che ha brindato con l’«amico» del Cremlino, Putin.

Il protocollo di Kyoto fu sottoscritto nella città giapponese l’11 dicembre del 1997 da più di 180 Paesi in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc). Il trattato entrò in vigore il 16 febbraio del 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia. Ma da allora c’è stato solo un vergognoso balletto e Paesi grandi inquinatori, come la Cina, hanno ostacolato ogni azione e chiedendo privilegi in virtù del proprio stato di paese emergente. E adesso che è emerso sulla pelle dei propri cittadini, inquinando l’aria e i fiumi, esportando prodotti tossici ed imponendo la propria egemonia su stati africani vorrà ancora essere considerato un Paese in via di sviluppo?
E gli Usa, ora che un allievo del capitalismo che sventola una bandiera rossa ha superato il maestro, che cosa vorrà fare?
Ci sarà mai qualcuno che vorrà ricordare che questo pianeta non è una piazza d’armi né una grande Borsa ma semplicemente ospita persone che vorrebbero vivere in pace e senza intossicarsi?

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