I polimeri non sono, però, solo materiali, costruiti dall’uomo, inerti e di derivazione idrocarburica, ma sono presenti, come elementi strutturali e funzionali, anche nei materiali biologici naturali che presiedono ai fenomeni vitali o che ne sono i diretti interpreti: biopolimeri e macromolecole compongono organi ed elementi indispensabili per garantire processi biologici essenziali di ogni essere vivente. Dalle proteine, agli enzimi fino al Dna, è tutto un mondo costruito con complesse catene polimeriche. Si tratta, in questi casi, di strutture macromolecolari specifiche, ciascuna poi, replicata nella quantità, nella forma e nella qualità necessarie per dare tenuta agli equilibri vitali e assolvere particolari funzioni fisiologiche.
Materiali plastici non sono, quindi, solo prodotti inventati nel corso degli ultimi 100 anni della nostra storia. Fin dai tempi delle prime forme di vita organizzata, i polimeri sono stati presenti in sostanze, ancora oggi, a noi familiari, come il legno, la carne, l’amido. Sono composti da polimeri naturali, anche molti materiali artificiali (solo ricostruiti dall’uomo lasciando invariata la natura originaria delle sostanze utilizzate) come la carta e altri manufatti a base di cellulosa, come quei tessuti realizzati con particolari fibre naturali (trasformate in filati di seta, di lana), come la gomma naturale, un polimero ricavato dal lattice (emulsione secreta da alcune piante). Le nostre conoscenze sia sulle proprietà delle materie prime (quelle minerali ma anche quelle di origine biologica), sia sui processi chimico-fisici (con i quali, tali materie prime e i loro semilavorati, sono trasformati per rispondere ai nostri bisogni, ma anche e sempre più, a nostri distruttivi consumi) permettono, in molti casi, di prevedere e preordinare le proprietà dei prodotti finali anche prima di aver progettato e realizzato i relativi processi per la loro produzione e lavorazione.
Ma la plastica è anche un materiale non biodegradabile (nei tempi richiesti per non continuare ad accumularsi e disperdersi nel nostro ambiente) che viene veicolato dal vento, dalle acque dei fiumi e delle correnti marine. La plastica offre soluzione flessibili e immediate per ogni problema, ma purtroppo, diventa poi un materiale che invade l’ambiente ed è causa di ininterrotti e incontrollabili danni (da quelli provocati con i residui nocivi, dei quali era supporto o contenitore, a quelli generati dalla sua presenza come ostacolo meccanico che ingombra i luoghi fino ad impedire equilibri vitali o a generare degrado igienico, fino a diventare veicolo di infezioni).
Le quantità di plastica prodotte, utilizzate e abbandonate come rifiuto, sono così elevate che non possiamo sottrarci a una dovuta riflessione. Dati statistici riportano, per il solo polipropilene (alla fine del secolo scorso), un consumo medio annuo di 3 Kg a testa per ogni abitante della Terra! In prospettiva il problema ambientale creato dalla plastica rischia, dunque, di trasformarsi da problema di inquinamento anche in problema di sopravvivenza di ambienti particolari e strategici come quelli che sono fonte delle nostre risorse alimentari (ambienti agricoli nelle vicinanze delle sempre più numerose discariche di rifiuti di ogni genere, zone di pesca sempre più coperte e danneggiate da distese galleggianti, anche immense, di plastica). Il riciclo, in queste condizioni, non è solo una buona scelta, ma deve diventare un urgente e preciso obbligo di legge accompagnato da pesanti sanzioni per chi lo trasgredisce.