Ecco cosa sta succedendo al clima

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Riscaldamento globale, attività dei vulcani terrestri e aumento dell’energia elettromagnetica del Sole stanno alterando importanti masse d’arie che reagiscono con quelle marine anch’esse sottoposte a nuove e straordinarie variazioni. Le conseguenze a livello globale e locale. Questo preoccupante squilibrio climatico, che anno dopo anno peggiora sempre di più, è causato soltanto dall’aumento medio della temperatura terrestre di 1 grado… cosà accadrà quando supereremo i 2 e poi i 3 e i 4 gradi centigradi?

Più volte abbiamo parlato del clima che sta cambiando sul nostro pianeta a partire in particolare dagli anni 80. Ne abbiamo parlato anche in termini scientifici, ma settorialmente, preoccupati soprattutto di quello che accadeva e accade sul bacino del nostro Mediterraneo. Abbiamo sempre indicato che la causa scatenante di tutto ciò è il riscaldamento globale del nostro pianeta; riscaldamento attribuibile anche all’attività umana. Qui intendiamo affrontare il tema su una scala geografica più vasta, nel senso di guardare oltre il nostro Mediterraneo, in aree del pianeta lontanissime da noi, ma che comunque riescono ad influenzarci direttamente. Tutto questo sempre finalizzato a capire meglio cosa sta accadendo al clima del nostro vecchio continente.

Il riscaldamento globale

Consideriamo gli elementi alla base di questo rapido cambiamento del clima sul pianeta. In primis, ovviamente, è il riscaldamento globale, causato in gran parte anche dalle attività umane (disboscamenti, immissione nell’atmosfera di gas serra derivanti da attività antropiche, espansione incontrollabile delle città che producono «isole di calore», ecc.) e poi anche dall’attività dei vulcani terrestri e dall’aumento dell’energia elettromagnetica del Sole.

L’anticiclone delle Azzorre

Fatta questa premessa, vediamo ora gli altri elementi che stanno da qualche anno interessando l’Europa. Prima di tutto dobbiamo constatare che lo storico e amato anticiclone delle Azzorre, definito dai climatologi «figura barica termoregolatrice», ormai ci ha abbandonati. A partire dagli anni 90 questa alta pressione oceanica ha iniziato a dare segni di «fuga» dal nostro Mediterraneo, inizialmente limitandosi a ritardare la sua presenza di qualche giorno o settimana, oppure uscendo dal mare nostrum prima del dovuto. Fatti che comunque non creavano eccessive preoccupazioni, poi, invece, 6 o 7 anni fa ha iniziato a prediligere al posto del Mediterraneo i mari freddi della Groenlandia e dell’Islanda.
Quindi nel sud dell’Europa, soprattutto quest’anno, è venuta a mancare la funzione dell’anticiclone delle Azzorre come cuscinetto fra masse d’aria con caratteristiche molto diverse, in primis temperatura e umidità. Nel passato grazie a questo cuscinetto protettivo le infernali temperature africane restavano relegate nel Sahara e le correnti fredde artiche restavano a girare intorno al polo nord senza scendere oltre. Questo non esiste più, pertanto il futuro delle nostre stagioni sarà sempre all’insegna dell’incognita. Potrà capitare in futuro, come già è capitato, vedi il 2003, che l’inferno africano, non più bloccato dal baluardo dell’alta pressione delle Azzorre si spinga fino a Londra, oppure, come è capitato in questa estate, le correnti fresche ed umide dell’Atlantico possano accanirsi senza tregua sulla zona nord del bacino del Mediterraneo, portando in piena estate temperature autunnali, nonché piogge catastrofiche e allagamenti.
La nuova collocazione di questa alta pressione atlantica, che quest’anno si è spinta fino a lambire la coste della Scandinavia, ha fatto sì da attirare aria calda dall’Atlantico meridionale per depositarla sulle terre dei Vichinghi. Ecco perché quando a Roma a fine luglio si registravano temperature intorno ai + 28°C a Stoccolma, alla stessa ora, si registravano + 32°C.
Queste alte temperature spinte fino al Polo Nord, non hanno fatto altro che accelerare la fusione dei ghiacci artici e quelli della Groenlandia. L’apporto di acqua dolce fredda su quella più calda e salata della Corrente del Golfo sta producendo un vistoso arretramento di questo importante nastro trasportatore oceanico. Importante perché fino ad oggi ha reso vivibili terre come l’Irlanda, la Scozia, la Scandinavia e parte comunque dell’Europa del Nord, altrimenti condannate al grande gelo come accade al nord del Canada e in Alaska poste quasi alla stessa latitudine.
Questo arretramento, iniziato da qualche anno, ha già dimostrato cosa vogliono dire fenomeni meteo estremi. Ricordiamo i problemi meteo/climatici del recente inverno quando le coste occidentali dell’isola Britannica furono flagellate da continue tempeste oceaniche e l’entroterra da impressionanti allagamenti. Ebbene quanto accaduto di recente in Inghilterra e nell’Europa del nord, per i climatologi, in futuro potrebbe non essere più un fenomeno episodico, ma un fatto di routine stagionale.
Fin qui siamo certi che i nostri lettori queste cose in parte le conoscono. Ma oltre all’anticiclone delle Azzorre e alla Corrente del Golfo ora dobbiamo aggiungerne altri elementi, non meno importanti ma poco conosciuti dai non addetti ai lavori. Sono comunque elementi importanti per comprendere meglio quanto sta accadendo al clima del pianeta e in particolare della nostra Europa.

Un sistema instabile

Va detto subito che il sistema atmosferico è molto complesso, pieno di variabili e di sottovariabili, al punto che la meteorologia non può ancora definirsi scienza esatta. Ecco perché le previsioni del tempo sono in parte attendibili entro i primi 3 giorni, un po’ meno a lungo termine. Quindi non sappiamo ancora come reagirà il sistema atmosfera all’aumento della temperatura che dal 1900 ad oggi è aumentata di 1 grado. Al momento questo riscaldamento di un solo grado sta portando forti squilibri nella complessa macchina climatica del pianeta, in particolare nelle aree dell’emisfero settentrionale. Gli scienziati danno ormai per assodato che il riscaldamento dell’Artico ha come prima ripercussione un notevole rallentamento del flusso zonale delle sue correnti che, lasciando i tradizionali corridoi di circolazione polare, finiscono per scendere alle latitudini più basse, modificando così gli andamenti meteo/climatici del continente americano ed euroasiatico.
L’aria fredda, trasportata dal getto polare, può scivolare dalle latitudini sub-polari fino all’area del Mediterraneo. Questo sfasamento meteo/climatico, sempre più frequente negli ultimi anni, è indotto da una circolazione più meridiana, prodotta dal rallentamento del «getto polare»(1) lungo le medie e alte latitudini dell’Atlantico settentrionale, durante la stagione estiva. Si è notato che le correnti aeree che caratterizzano il getto polare, posizionate principalmente nell’alta troposfera, a quote superiori ai 9.000 metri, vengono direttamente interessate dal sensibile rialzo delle temperature dell’atmosfera, soprattutto nell’area artica.
Il brusco innalzamento delle temperature nella regione artica sta comportando non solo uno stravolgimento delle masse atmosferiche, ma anche una fusione anticipata del ghiaccio marino della banchisa, tanto da aprire vasti tratti di acque libere dai ghiacci. Il rapido scioglimento e l’arretramento dei ghiacci marini del Polo Nord, è la concausa del clima che cambia in tutta l’Europa e in parte nel nord America.

Il Nao

Ora parliamo del Nao, definito dai climatologi, «il cugino» atlantico di El Niño (2). Il Nao (North Atlantic Oscillation) ha un meccanismo che lo genera e lo regola più complesso del El Niño del Pacifico, tant’è che gli scienziati non hanno ancora capito a fondo tutta la sua struttura e dinamica evolutiva.
Tutto nasce comunque a partire dalle alte pressioni atmosferiche presenti sulle Bermuda e sulle Azzorre e dalla depressione islandese. L’interazione tra questi diversi sistemi di pressione determina il flusso dei venti occidentali, che per la legge di Coriolis (3), da ovest si dirigono ad est investendo con le loro perturbazioni l’Europa. Nel passato, parliamo di appena 30 anni fa, il flusso di correnti umide e temperate giungeva in Spagna e in Portogallo spingendosi fino al Mediterraneo. Questo flusso nel periodo estivo trovava nel Mediterraneo l’anticiclone delle Azzorre che smorzava in parte la sua energia. Nello stesso tempo l’Europa centro-settentrionale si trovava più esposta alle correnti fredde provenienti da Nord-Est, regalando così in queste aree estati fresche e gradevoli. Questa situazione ora si è ribaltata: le correnti fresche ed umide atlantiche, «grazie» anche alla nuova collocazione dell’alta pressione delle Azzorre, si sono attestate su un nuovo percorso che, come abbiamo visto quest’anno, predilige l’Europa centro-settentrionale e solo in parte quella meridionale, nel nostro caso vediamo cosa sta accadendo in questa strana estate sulle regioni settentrionali dell’Italia.
Ora, a conferma della complessità del sistema climatico del pianeta, alcuni scienziati in un recentissimo studio collegano le oscillazioni da raffreddamento e riscaldamento dell’Atlantico settentrionale alle calde acque dell’Oceano Indiano trasportate dalla corrente di Agulhas, dopo aver doppiato l’Africa, fino all’Oceano Atlantico. L’Oceano Indiano negli ultimi dieci anni si è riscaldato più di tutti gli altri oceani della Terra e questo ha potenziato le sue correnti calde con acque altamente saline, tra questa la corrente di Agulhas. Quest’ultima pare abbia determinato una serie di scambi di energia termica non solo con le acque più fredde dell’Atlantico, ma anche con l’atmosfera al punto d’interferire con le aree oceaniche più a nord del pianeta, aumentando così la potenzialità del Nao.
In questi anni meteorologi, climatologi, oceanografi ed altri scienziati si stanno arrovellando i cervelli nel tentativo di trovare ulteriori cause a questo evidente squilibrio climatico globale. Ulteriori tesi e studi si accavallano anno dopo anno, ma noi ci fermiamoci qui, perché quello che abbiamo esposto in questo servizio è qualcosa di accertato scientificamente, tutto il resto è ancora nelle supposizioni. Quello che però ci deve far riflettere, dopo esser passati dalla rapida fusione dei ghiacci artici fino all’estate che non c’è stata in Europa, che tutto questo preoccupante squilibrio climatico, che anno dopo anno peggiora sempre di più, è causato soltanto dall’aumento medio della temperatura terrestre di 1 grado… cosà accadrà, dobbiamo chiedercelo seriamente, quando supereremo i 2 e poi i 3 e i 4 gradi centigradi?

(1) Getto Polare. Corrente atmosferica spazialmente concentrata e di forte intensità che si forma nella parte superiore della troposfera, nella zona di confluenza di masse d’aria con caratteristiche termiche diverse. Il movimento delle correnti a getto è legato al movimento delle onde di pressione o di Rossby in cui sono immerse. Queste ultime hanno una progressione verso ovest rispetto al flusso occidentale dei venti (alle medie latitudini) e dunque si spostano verso est ma a velocità inferiore rispetto ai venti che le alimentano. In queste situazioni venti favorevoli o contrari di intensità possono raggiungere e in alcuni casi superare i 150 km/h. Le correnti a getto sono classificate come getto polare e getto subtropicale. Il getto polare si genera alla confluenza della cella polare e della cella di Ferrel, intorno ai 250 hPa di pressione (7÷10 km di quota) in corrispondenza di forti gradienti termici in tutta la massa d’aria sottostante e forti variazioni di quota della tropopausa (tropopause breaking). Il getto subtropicale si forma a latitudini più basse (intorno ai 30°N) alla confluenza della cella di Ferrel con quella di Hadley, ad altitudini comprese tra 10 e 16 km. Le correnti a getto nell’emisfero settentrionale è un componente fondamentale nella formazione dei sistemi convettivi a mesoscala (i quali possono dare luogo alla formazione di tornado) che investono soprattutto le regioni del continente nord americano.

(2) El Niño. Consiste in un fenomeno climatico ciclico frutto dell’interazione accoppiata fra oceano  e atmosfera. Si manifesta a causa del surriscaldamento delle acque superficiali oceaniche del Pacifico orientale che, attraverso l’aumentata convezione, modificano a loro volta la circolazione equatoriale dei venti e con essa la distribuzione delle precipitazioni, regolando l’alternanza di periodi di siccità e di maggiore piovosità lungo tutto il Pacifico Equatoriale. Per definizione si è in presenza di El Niño quando la superficie della parte centrale dell’Oceano Pacifico manifesta un incremento della temperatura  di almeno 0,5 °C  per un periodo di tempo non inferiore ai 5 mesi. Se invece la temperatura è inferiore alla media stagionale di almeno 0,5°C nello lo stesso periodo si è in presenza della fase opposta detta Niña. Queste oscillazioni sono periodiche, ma non perfettamente regolari ovvero con periodo variabile dai due ai sette anni e intensità anch’essa variabile. L’intensità massima di oscillazione di temperatura in genere raggiunta è dell’ordine di 3-4 gradi.

(3) Coriolis (Gaspard Gustave de Coriolis). È il fisico parigino che nel 1800 comprese che a causa della rotazione terrestre i principali venti e le principali correnti aeree nell’emisfero nord spirano sempre da Ovest verso Est.