Purtroppo, l’uomo trova, oggi (nel regime competitivo e dei consumi imposto, dall’ideologia liberista, ad un mercato che doveva, invece, permettere lo scambio razionale di risorse), ostacoli totali nel creare e proporre alternative ai meccanismi compulsivi dei consumi. In mancanza di riflessioni condivise, non possiamo apprezzare e tradurre la diversità, delle nostre esperienze e relazioni spontanee, in scelte di vita consapevoli e responsabili. Il senso sembra non esistere, ma è così solo perché non lo pratichiamo, nei momenti delle scelte, per la ricerca delle migliori alternative. Preferiamo, invece, adeguarci ottusamente a più confortanti e non compromettenti scelte preordinate, come se il vivere in sintonia con il contesto dinamico degli equilibri naturali, non fosse parte essenziale delle nostre esperienze di vita.
Eppure ci rendiamo perfettamente conto di quelle opportunità che permettono di valutare le cose e di fare scelte libere per affrontare i problemi dell’essere noi stessi e per contribuire sinergicamente alla tenuta vitale del contesto che ci accoglie.
È vero, però, che oggi siamo anche strutturalmente costretti ad adattare i nostri tessuti naturali, biologici e mentali, a una alimentazione, materiale e immateriale, precaria se non anche dannosa che, sempre più, non ammette alternative. Siamo costretti, a caro prezzo, a usare surrogati di tessuti (alimentari e culturali), costruiti anche solo per il profitto e per attuare strategie di dominio delle risorse energetiche, alimentari… e mentali. È, questo, per esempio, il caso dell’imposizione, in atto, nei mercati mondiali, degli Ogm che di fatto hanno come fine solo quello di poter vincere guerre economiche e obbligare a sudditanze commerciali.
Attraverso l’abuso di trattati commerciali (che non sono effetto di scelte democratiche, ma prepotenze di arroganti attori del mercato che così svincolano i propri interessi dagli obblighi di legge e dalle regole delle nazioni nelle quali operano) si mette in atto una vera e propria invasione di prodotti senza possibilità di controllo. Un’invasione strategicamente sostenuta da operazioni di imbonimento che, come tante altre, ci rendono sprovveduti e rendono invisibile a molti le informazioni e le valutazioni necessarie per intervenire democraticamente e poter fare scelte consapevoli. A livello globale, per quanto riguarda gli Ogm, c’è un potere che attraverso la gestione dei semi, di fatto potrà anche decidere di distruggere l’economia di interi paesi che non dovessero seguire le linee imposte come unica guida ai mercati monopolizzati dai detentori di brevetti e dalle loro pretese di massimizzare, senza vincoli, i loro profitti.
Non si tratta, però, solo degli infondati diritti vantati sulla proprietà intellettuale delle formule e della preparazione degli Ogm, ma anche di subdole strategie mediatiche (di supporto all’occupazione dei mercati da parte di ogni tipo di prodotto brevettabile e brevettato). Nella comunicazione, su tale questione si tende, infatti, a presentare, lo sviluppo dell’ingegneria genetica, come un fenomeno culturale: quello propagandato attraverso un «benefico» ma equivoco effetto del progressismo tecnologico (che non è certo «progresso») a favore di inesistenti bisogni umani di consumo. Una vera propaganda utilizzata per indurre sottomissioni e dipendenza dai prodotti di un sistema monopolistico, puntato solo sui profitti, che li manipola e li impone. È una questione, questa, sulla quale vorremmo, peraltro, anche sapere se vengono pagati (e a chi dovrebbero essere pagati) i diritti sugli organismi originari (continuamente aggiornati dalla Natura) e che alcuni, in modo del tutto abusivo, sottopongono, e continueranno a sottoporre, a nuove modificazioni (in realtà dovremmo anche obiettare che, se la produzione di questi Ogm non avviene spontaneamente in natura, forse ci sarà pure una buona ragione: ma questa è una obiezione che viene, invece, rimossa).
Questo infertile e precario modello di vita, sottrae risorse materiali e immateriali a quella diversità che è un fenomeno fondamentale non solo per gli equilibri vitali, ma anche per un progresso umano che è alla base del nostro esistere e del dover dare conto di questa nostra condizione. Oggi rischiamo di essere tutti privati della dinamicità, delle nostre libere e meditate iniziative, che sono essenziali per trovare opportune sintonie con gli equilibri naturali e per ricercare, riconoscere, condividere e realizzare le aspirazioni esistenziali umane più profonde e non solo quelle di una nostra declinante sopravvivenza politica e socio-culturale.
Dovrebbe essere, dunque, evidente che senza momenti condivisi di riflessione e senza l’esercizio autonomo e consapevole, di una concreta capacità di proporre e mettere alla prova scelte alternative, non riusciremo mai ad affrancarci dai modelli di vita imposti dalle logiche del mercato dei consumi.