Le analisi esplorative utilizzate dalla multinazionale del petrolio per cercare eventuali giacimenti petroliferi sono estremamente impattanti sull’ambiente. Ci sono inchieste e studi che denunciano come l’utilizzo della tecnica «Air-gun» risulti dannosa per molte specie marine. Le esperienze negative di altre regioni
Si apprende dal sito del ministero dell’Ambiente che la Global Petroleum Limited ha avanzato ben 4 istanze per ricerche di giacimenti di idrocarburi nel mar Adriatico. L’area interessata risulta complessivamente lunga circa 700 km e si estende dal territorio di Molfetta a Brindisi.
Le analisi esplorative utilizzate dalla multinazionale del petrolio per cercare eventuali giacimenti petroliferi sono estremamente impattanti sull’ambiente. Ci sono inchieste e studi che denunciano come l’utilizzo della tecnica «Air-gun» risulti dannosa per molte specie marine; non si esclude che l’enorme pressione delle onde sonore generate in fase esplorativa possa avere effetti destabilizzanti sul delicato equilibrio marino, contribuire alla perdita dell’orientamento con conseguente spiaggiamento delle varie specie.
Tra queste condizioni di natura più ampia c’è anche qualcosa di più locale come la presenza di ordigni bellici nelle acque al largo di Molfetta e Giovinazzo, ordigni rivenienti dalla bonifica del porto di Bari, dal bombardamento della seconda guerra mondiale, delle bombe inesplose della guerra del Kosovo rilasciate in quest’area.
E il ministero dell’Ambiente continua ad affermare che il petrolio è un’opportunità accogliendo, di fatto, a braccia aperte le trivellazioni nel nostro mare.
Eppure basterebbe scorgere cosa è avvenuto e avviene in altre regioni a noi vicine a causa del petrolio per capire che sarebbe molto meglio farne a meno.
Ad esempio in Emilia Romagna la regione ha commissionato uno studio che ha sottolineato la possibile relazione tra le attività di trivellazione e le potenti scosse sismiche che hanno duramente colpito la provincia emiliana nel 2012.
In Basilicata, dove circa vent’anni fa si scoprì la presenza di petrolio e tutti i politici locali e nazionali accolsero la novità addolcendo gli animi delle popolazioni locali affermando che loro in primis ne avrebbero tratto profitto e che le trivellazioni e la successiva estrazione e lavorazione del greggio avrebbe portato lavoro per tutti. Dopo vent’anni ci troviamo di fronte allo stupro di un territorio ricco di storia e natura e con dati Istat che dichiarano che la Basilicata è la regione più povera d’Italia.
Ovviamente tutto questo a cornice di un inquinamento e i danni permanenti causati al territorio, con la produzione di oltre 400 siti contaminati e una percentuale di mortalità per tumore più alta della media nazionale.
In definitiva, alla luce di tutto questo risulta veramente difficile capire, oltre al profitto delle solite lobby, cosa altro potrebbe incentivare la ricerca dell’oro nero e muovere le scelta di amministratori e politici e di coloro i quali amministrano la cosa pubblica, il bene pubblico.
In un’era in cui si dovrebbe dar più spazio alle fonti rinnovabili, alle peculiarità dei singoli territori vocati all’agricoltura anziché alla pesca, all’allevamento, al turismo si continua a dar spazio ai poteri forti che distruggono i territori rendendoli maggiormente vulnerabili alle pressioni esterne, distruggono i beni comuni e le nostre vite.
Per parlare di questo e di tanto altro, all’indomani della pubblicazione delle osservazioni sul sito del ministero dell’Ambiente alle quattro richieste d’ispezione dei fondali per la ricerca di giacimenti d’idrocarburi da parte della Global Petroleum, il coordinamento No Triv intende proseguire il percorso di consapevolezza dei territori e di confronto con le altre realtà che a vario titolo si sono mosse nelle città interessate e invita tutti all’assemblea pubblica che si terrà nel centro storico di Molfetta e precisamente nel Giardino Mammoni in Via Preti (in caso di pioggia l’assemblea sarà tenuta presso la Sala Turtur) venerdì 5 settembre alle ore 18,30.
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