Sempre attiva in rete la bufalandia del cancro

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Dall’artemisia alle ricerche di Roberta Benetti notizie imprecise, false ed erronee con il solo scopo di mettere in cattiva luce la categoria dei medici e dei ricercatori seri

Siamo sempre molto affascinati dai vasti territori delle bufale mediche, sempre affollatissimi di pseudoesperti e cialtroni dall’incerto passato, ed apparteniamo al gruppo di coloro che, di fronte ad una notizia, preferiscono approfondire e documentarsi per evitare che il campo della salute si trasformi sempre più in una specie di circo senza regole in cui chi ha più fiato in gola spari sciocchezze e scempiaggini senza alcun senso di responsabilità verso chi soffre e muore.
È questo il motivo per il quale non riusciamo a rimanere indifferenti dinanzi a notizie o prese di posizione che vengono rimbalzate senza alcuna eticità, diffuse con la perentorietà dei sapienti e condite quasi sempre da considerazioni apocalittiche e sconvolgenti che la rapidità e la facilità del web rende immediatamente virali.
Che l’industria della salute sia una delle più importanti del mondo contemporaneo e che il business del farmaco sia uno dei pilastri del capitalismo moderno è una verità incontrovertibile che non deve però portare, mai e per nessuna ragione, a farsi portavoce di posizioni e pareri privi non solo di base scientifica seria ma addirittura di fondamento storico. Pena la caduta di credibilità di ogni forma di critica a quel sistema a cui si dice di voler fare in qualche modo opposizione.
Due esempi ed una provocazione mi siano consentite.
La prima, sull’Artemisia annua, una pianta di cui nel web si dicono miracoli e mirabilie: chi non ha impattato sul web con la famosa e secca dichiarazione secondo cui, testualmente, «l’Artemisia annua, erba magica che distrugge le cellule cancerogene è capace di uccidere il 98% delle cellule cancerogene in 16 ore ma è ignorata dalla comunità medica»? Credo quasi nessuno dei frequentatori della rete e dei social network.
Affermazione secca, indiscutibile, data per accertata anzi quasi scontata. Così come scontato sarebbe l’atteggiamento della fantomatica «comunità medica», unita ed inflessibile nel fare la lotta alla povera Artemisia che potrebbe risolvere (in 16 ore) tutti i guai dei malati di cancro del mondo se non fosse che i cattivi ecc. ecc. Ebbene, facciamo chiarezza. Nessuna guerra all’Artemisia ma anche nessuna possibilità, allo stato attuale, di utilizzare una molecola sintetica che riproduce gli effetti dell’erba (perché di molecola sintetica parlano alcuni studi effettuati anche presso l’Istituto Tumori di Milano) poiché i pochi dati preliminari che sono emersi non consentono alcuna affermazione, meno che mai quella secondo cui il 98% dei tumori recede con questo genere di cura. Forse una ipotesi di lavoro, certamente una speranza (su cui i ricercatori stanno lavorando e senza alcun disturbo da parte della comunità scientifica), sicuramente una bufala se posta nei termini in cui viene posta sul web.
La seconda, su una ricercatrice dell’Università di Udine, Roberta Benetti, alla quale sono state falsamente attribuite dichiarazioni (perentorie quanto le precedenti) secondo cui gli studi da lei condotti (in collaborazione con altri ricercatori) avrebbero già individuato le molecole che bloccano la proliferazione cellulare con tanto di scoperta di contromolecole anticancro indispensabili per curare il cancro in alternativa alla chemioterapia. Si tratta, diciamolo chiaramente, di una summa di bufale in appendice ad una notizia che di vero ha appena un millesimo di quanto riportato.
La brava ricercatrice in questione esiste veramente, lavora ad Udine e sta effettuando in équipe medico scientifica approfondimenti su alcune molecole denominate miR-335, prodotte dall’organismo umano, che forse potrebbero essere di aiuto nella terapia del cancro. Il problema è che si tratta di lavori ancora in fase ampiamente sperimentale, con dati sino ad ora limitati ai soli topi di laboratorio, su cui la stessa ricercatrice non è in grado di affermare null’altro che è uno dei tanti campi di studio sui quali la ricerca si impegna (e senza alcun ostacolo da parte di nessuno).
Ella afferma, in una delle tante interviste concesse dopo il polverone mediatico che l’ha coinvolta: «In termini di applicabilità terapeutica, lo studio è ancora lontano dalla clinica e nessuno di noi ricercatori può affermare che sostituirà la chemioterapia. Vogliamo dare speranza alla gente e per questo le forze di noi ricercatori, di cui la mia è parte milionesima, sono sempre unite e stimolate, ma vogliamo evitare false illusioni».
Insomma, l’esempio di una ricercatrice seria ed avveduta, impegnata in un progetto non solitario e meno che mai ostacolato da chicchessia, e che allontana da sé, correttamente, l’idea di una soluzione miracolosa nata in studi personali e offerta come soluzione alternativa a ciò che la tanto vituperata medicina ufficiale propone.
Due esempi di bufale scientifiche giocate a partire da due piccole verità (una pianta esistente che si sta studiando con l’aiuto di molecole sintetiche ed una ricercatrice inserita in un pool di studio che sta approfondendo la dinamica di alcune molecole forse utili in futuro ma assolutamente prive di possibilità d’impiego a tutt’oggi) ma veicolate con la formula del «questo è ciò che vi nascondono e che potrebbe salvare l’umanità». Con un immane danno a chi di cancro si ammala, di cancro soffre, di cancro a volte muore ed a volte (sempre più spesso, grazie al cielo ed alla ricerca seria) guarisce.
Infine la provocazione sotto forma di domanda: in occasione dell’emergenza Ebola qualche parola di più potrebbero spendere in proposito i sostenitori dell’omeopatia quale scienza «vera» contrapposta a quella «ufficiale» ed, a loro dire, «falsa».
Perché qualche esperto in omeopatia non prova a combattere l’infezione provocata da quel virus mortale proponendosi come caso in vivo su cui testare la validità della (propria) terapia? Qualcuno potrebbe provarci. In alternativa, almeno, potrebbe andare a soccorrere i malati infetti da Ebola nelle aree a rischio (magari non facendo ricorso ad alcuna delle precauzioni descritte e raccomandate dalla cattivissima medicina ufficiale) per poi scegliere di curarsi (esclusivamente, ovvio) con i propri preparati diluiti all’ennesima potenza.
Sarebbe interessante per la scienza e per il mondo intero. E sarebbe indubbiamente una bella pietra posta nella costruzione della lotta alle sciocchezze, nel grande, affascinante e smisurato Regno di Bufalandia.

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