Le teorie di Maurizio Pallante messe in discussione da Giuseppe Quartieri di fronte all’impennata della sovrappopolazione del pianeta. In questa visione storica concreta e purtroppo realistica, forse pure pessimistica, il buon anelito alla politica della riduzione delle spese e quindi dell’accontentarsi di una vita più grama ma che consenta alla Umanità di potere «vivere» appare una visione ottimistica ed una speranza religiosa. Eppoi, chi si arroga il diritto di imporre agli altri il cosiddetto «giusto livello di standard di vita»?
Uno degli ultimi articoli su «Scienze» firmato da un gruppo di ricercatori di una Università Californiana, fissa e sostiene, con un articolo apparso su «Stampalibera» che dalla ricerca elaborata da questi ricercatori nel 2050 la popolazione mondiale (adesso 7 miliardi e 100 milioni) incrementerà a circa 50 miliardi. Sussistono molti altri punti di vista concernenti la crescita delle popolazioni mondiali riportate in moltissimi rapporti e studi scientifici. Invece, uno studio pubblicato sulla rivista «Nature» suggerisce che la popolazione mondiale potrebbe raggiungere un massimo di 9 miliardi di persone nel 2070, per poi iniziare a diminuire.
Il modello è stato messo a punto dagli scienziati dell’International Institute for Applied Systems Analysis di Laxenburg, in Austria. Secondo questo modello, sussiste comunque una probabilità dell’85 per cento che la popolazione smetta di crescere prima della fine del secolo. Questa stima appare fondamentale poiché si attesta su un valore di 9 miliardi di persone ossia uno in meno rispetto alle stime delle Nazioni Unite.
Nell’ambito di questo scenario, si prevede che le crescite specifiche posano essere del tipo seguente:
1. Crescita rapida: esempio: Kenya, Nigeria.
2. Crescita lenta: esempio: Australia, Stati Uniti.
3. Crescita zero: esempio: Danimarca, Italia.
4. Crescita negativa: esempio: Germania, Ungheria.
Articolando questo approccio si perviene al famoso discorso della Finestra delle Opportunità.
Di fatto, la cosiddetta «Opportunity Window» (finestra delle opportunità prima dell’invecchiamento, caratterizzata da bassa percentuali di bambini e anziani rispetto alla popolazione totale) mostra un incremento economico e sociale delle popolazioni che possono essere definite con un miglioramento degli standard di vita che non sempre corrisponde al miglioramento della qualità della vita.
In una visione ideale, se in questa fase storica si potesse realizzare davvero la «decrescita felice» potremmo anche credere che la qualità della vita potrebbe rimanere invariata o meglio, in alcuni casi crescere, in maniera direttamente proporzionale alla decrescita felice. Purtroppo la decrescita felice si presenta solo con un fenomeno ideale immaginato dai pensatori del relativo Movimento che non sembra abbiano molto chiaro il concetto di qualità della vita (si vedano i miei articoli e libri sulla Qualità dei Sistemi). Ovviamente non si fa riferimento alla disputa fra il Presidente del Movimento e il giovane Presidente del Consiglio Matteo Renzi, poiché non si ritiene che abbiano ben compreso il concetto di qualità della vita che dovrebbe essere al primo livello di priorità assoluta per la vita dell’Umanità.
In realtà, se fosse vero il primo scenario di base riportato, quello americano-californiano apparso sulla rivista «Scienze», a questo risultato, a grande incremento di popolazione, si potrebbe dedurre che a parità di risorse agricole naturali ed artificiali, la sola possibilità di sopravvivenza di questa enorme quantità di popolazione della razza umana (nei decenni dopo il 2050) potrebbe essere raggiunta solo e soltanto, come dicono, con la decrescita felice, dei consumi. Questa appare una posizione proattiva e razionale di un gruppo di pensatori non del tutto volatili. Purtroppo, la situazione non è così florida come vogliono fare apparire questi del Movimento della Decrescita felice. Di fatto, il dibattito affrontato dal Presidente del Movimento Maurizio Pallante nei confronti del giovane Presidente del Consiglio Matteo Renzi, merita, per molti versi, parecchi approfondimenti e prese di posizione serie, durature, lungimiranti e consapevoli.
Così, il tentativo del Movimento della Decrescita felice di convincere i popoli economicamente e tecnologicamente avanzati a ridurre, in modo felice ed indolore, il loro livello di vita, il loro standard di vita a parità di «qualità della vita» raggiunta dopo secoli di lotte, di miseria, di povertà, di sopportazione, di angherie e chi più ne ha più ne metta, lascia molto perplessi in base a molte ragioni ma, soprattutto, alla razionale volontà umana di non volere tornare ai secoli bui e quindi scadere nel Medioevo Prossimo Venturo.
Tornando quindi alla ricerca californiana inizialmente citata ed alla lodevole ma pur sempre ideale posizione del Movimento della Decrescita felice, non ho idea se essa abbia tenuto in debito conto le tre falcidie fondamentali riportate nella storia della umanità che hanno fatto sempre da mannaia dell’incremento della popolazione mondiale e riportate e discusse opportunamente nel famoso libro di Roberto Vacca intitolato «Il Medio Evo Prossimo Venturo»:
1. Carestie.
2. Pestilenze.
3. Guerre.
Sono stati scritti migliaia di libri su questi tre argomenti, tuttavia si può ora solo cercare di osservare la evoluzione della situazione attuale.
Per quanto attiene al primo punto, le carestie vengono gestite attualmente da Organi internazionali quali la Fao («Save and Grow», nuovo dossier della Fao la sfida per uno sviluppo agricolo sostenibile) e l’Onu. Gli uomini di queste due combattono le carestie ovunque sul pianeta Terra. La questione degli Ogm ne è un esempio eclatante così come lo sono gli enormi sforzi posti in essere in tutti campi dell’agricoltura per ovviare all’avvento delle carestie. Per quanto riguarda il secondo punto bisogna tenere conto dell’enorme sviluppo della scienza e della tecnologia che hanno permesso al comparto della medicina e al sottosistema farmaceutico di fare salti enormi anche per la prevenzione e cura delle pestilenze.
Il terzo aspetto, quello delle guerre, per la riduzione dell’accrescimento della popolazione ricordato da Roberto Vacca ha ormai assunto nuove caratteristiche e nuove formulazioni in base a tutte le nuove forme di guerre moderne a cominciare dalle guerre climatiche e le guerre di distruzione di massa (sia nucleari sia chimiche, batteriologiche ecc.).
Dall’analisi storica statistica riportata da Roberto Vacca, risulta che le guerre del passato (nonostante la loro frequenze abbastanza elevate nei secoli scorsi) non riescono normalmente a ridurre la popolazione mondiale in modo perennemente significativo. Dopo pochi decenni dalla fine delle guerre (ad es ultime guerre mondiali) la numerosità della popolazione mondiale viene subito reintegrata.
Tuttavia, la storia citata da Roberto Vacca non tiene in debito conto la eventualità di una guerra nucleare ed, in generale, una guerra avanzata con armi moderne di distruzione di massa (armi chimiche, biologiche e non solo nucleari in senso lato ecc.). In questi eventuali casi, le probabilità di sopravvivenza della razza umana sono molto basse per non dire inesistenti. L’estinzione, tanto paventata, della razza umana assurge scenario purtroppo concreto e reale, anche se con bassissima probabilità.
Secondo l’approccio classico di Vacca al decremento e degenerazione temporale della popolazione mondiale, restano consistenti solo gli altri due eventi (carestie e pestilenze). In questo periodo si comincia a temere per l’effetto di virus come Ebola ecc. Nulla, però, consente di escludere la nascita e la crescita di altri tipi di pestilenze a livello mondiale.
In questa visione storica concreta e purtroppo realistica, forse pure pessimistica, il buon anelito alla politica della riduzione delle spese e quindi dell’accontentarsi di una vita più grama ma che consenta alla Umanità di potere «vivere» appare una visione ottimistica ed una speranza religiosa. Eppoi, chi si arroga il diritto di imporre agli altri il cosiddetto «giusto livello di standard di vita»? Il ridicolo livello sostenibilità!
Di fatto, sempre in questa visione ottimistica (che a me appare solo parolaia) si inserisce l’altro concetto parallelo quello della sostenibilità. La semplice e volgare relatività del concetto di sostenibilità in relazione a popolazioni etniche diverse va tenuta in debito conto. Ciò che è sostenibile in India non appare per nulla sostenibile, per esempio in Germania. Ovviamente le religioni tentano di impostare la crescita dei propri proseliti con questa nuova teoria del decremento felice e la definizione dei livelli di sostenibilità. Per me sono delle non verità, delle impossibilità intrinseche di raggiungimento ma nessuno impedisce di crederci e di avere speranza che ciò possa accadere. L’uomo ha bisogno di credere in qualcosa di superiore a lui stesso ed ha quindi bisogno di credere in questa grande possibilità di super uguaglianza e fratellanza fra i popoli.
Bisogna sperare nella buona volontà della Umanità e quindi con un atteggiamento religioso superare ogni forma di mantenimento dei privilegi faticosamente raggiunti. Sembra che il nuovo papa Francesco predichi questo aspetto moderno di vita armoniosa basata anche sulla decrescita felice.
La storia purtroppo insegna che non ci si può credere!