Si è concluso nei pressi di Sofia con la Water Conference organizzata da Gerard Pollack il ciclo di incontri sulla memoria dell’acqua e dintorni, iniziato il tre ottobre a Roma in occasione del decennale della morte di Jacques Benveniste e continuato a Parigi all’Unesco. Meravigliano ancora artefici ritardatari nel dibattito negativo che stanno solo alla finestra senza entrare nel merito a contestare le risultanze di esperimenti e teorie. E purtroppo la nostra disponibilità a mettere in rete pareri opposti viene volgarmente strumentalizzata
>> Il poeta dell’acqua non c’è più
Si è concluso nei pressi di Sofia con la Water Conference organizzata da Gerard Pollack il ciclo di incontri sulla memoria dell’acqua e dintorni, iniziato il tre ottobre a Roma in occasione del decennale della morte di Jacques Benveniste e continuato a Parigi all’Unesco.
A fronte di imponenti sviluppi teorici, sperimentali e tecnologici, da parte di un gruppo di ricercatori tenaci, che fra l’altro si allarga sempre di più, esistono anche altrettanti ricercatori e teorici che insistono, legittimamente, nel contestare, mettere in dubbio e verificare, ahimè spesso con argomenti ormai triti e ritriti, e che il nostro portale ha sempre scrupolosamente registrato. E registriamo, per amore del dibattito e della libertà di ognuno ad esprimersi, anche quando si scade di livello, con la viva preghiera di evitare linguaggi che starebbero bene in altri ambienti e non su un sito scientifico.
Un po’ meglio sembra aver fatto «Nature», qualche anno fa con Philp Ball segnalato da autorevoli studiosi a sostegno delle gravi perplessità che a loro avviso permangono e che gli ultimi sviluppi sopra citati ripropongono prepotentemente in associazione agli sviluppi teorici e sperimentali dell’Est che a parte il Gas, continuiamo nella Vecchia Europa a guardare con il nasino arricciato, anche nei tribunali dove si discute di «lager» nei labirinti bui della mente che mente, su cui si era esercitato con resistenze isolane e tricolori il genio sardo che cerca di illuminarli «ПСИХОТЕРАПИЯ», № 4 (136), 2014 in russo visto che l’italiano sembra, secondo a alcuni autorevoli colleghi, una lingua a loro proibita sulla stampa «in» a parte qualche ejournal come VG.
Così ci tocca consolarci con «Nature» che già nel 1988 aveva dato il «meglio» di sé facendo una verifica non in doppio cieco ma con un veggente come James Randi che di scienza e di metodo sarebbe a parere della’autorevole rivista un esperto riconosciuto, visto che lo scelse per controllare Benveniste.
A parte queste Ignobel imprese di Maddox e di Randi, merita una rilettura qualche passo dell’articolo del divulgatore scientifico di «Nature», Ball, che scrive nel suo pezzo del 2007:
But ‘the memory of water’ is a phrase now firmly lodged in the public consciousness — it even supplied the title for a recent play in London’s West End…
…The term was coined by the French newspaper Le Monde in the wake of the
1988 Nature paper2 that kicked off the whole affair. The lead author was the late Jacques Benveniste, head of a biomedical laboratory in Clamart run by the French National Institute of Health and Medical Research (INSERM).
Benveniste’s team described experiments in which antibodies stimulated an allergic response in human white blood cells called basophils even when the antibody solutions were diluted far beyond the point at which they would contain a single antibody molecule. The activity seemed to disappear and then reappear periodically during serial dilutions.
Uncertain memory
The results seemed to offer some experimental justification for the use of such highdilution remedies in homeopathy. But they defied conventional scientific understanding, specifically the law of mass action that demands that the rates of chemical reactions be proportional to the concentrations of reagents. How could this be?
Benveniste and colleagues suggested that perhaps the antibody activity was
‘imprinted’ in some fashion on the structure of liquid water, and transferred with each dilution.
The idea made no sense in terms of what was known about the structure of water — but what prevented it from being dismissed straight away was that liquid water has a complicated molecular-scale structure that is still not perfectly understood.
Water molecules associate by means of weak chemical bonds called hydrogen bonds. Although in the main they form and break on timescales of about a trillionth of a second, nonetheless they seem to offer a vague possibility that water might form clusters of molecules with specific shapes and behaviours.
Benveniste’s experiments were investigated by a team of ‘fraud-busters’ led
by Nature ‘s then editor John Maddox, who demanded that the studies be repeated under careful observation. Although Benveniste acquiesced (and the results proved utterly inconclusive), he complained of a witch-hunt. Certainly, it was an unprecedented act of scrutiny that not even the proponents of cold fusion — the far more storied water-related pathology that blew up the next year — had to endure.
In any event, the results were never unambiguously repeated by others. Benveniste, however, progressed from high-dilution experiments to the claim that the activity of biomolecules could be ‘digitally recorded’ and imprinted on water using radio waves.
Until his death in 2004, he insisted that this would lead to a new age of ‘digital biology.’
Ci si può domandare se Ball e gli altri a parte la massima che «è la dose che fa il farmaco», si sono mai soffermati sui fenomeni catalitici di varie nature da quelli chimici (ultimi quelli di Stremmenos Rossi) a quelli elettromagnetici, oramai in grande voga ovunque, a quelli quantistici più malfamati e considerati alla stregua di strumenti esoterici benché affondanti le radici nei capitoli primi della fisica, dalle Equazioni di Maxwell, ad articoli di Phisical Review, «Science», con qualche Nobel vinto come quello di Brian Josephson da cui l’effetto Josephson e nell’ultimo articolo su «IJ of Quantum Chemistry».
Ball e friend potrebbero almeno rileggere gli atti della conferenza di Roma in particolare le relazioni di Avino Russo e Carrai, in attesa dell’articolo di Widom Srivastava e Colleghi sul Potenziale Vettore che spiegherebbe l’effetto Benveniste Montagnier di cui hanno accennato i Bostoniani della Neu a Coherence.
In gioco non solo qualche business o piccole vanità di Stoca, ma migliori conoscenza sull’acqua che resta il principale costituente della materia vivente oltre che il grande protagonista dei nostri destini e non solo sul lago di Ittiri da cui l’immagine stilizzata della sua Signora che illustra questa nota.
V. V.