La reale trasparenza del vetro e il significato delle cose che vengono messe in mostra, possono essere filtrate dalle nostre consapevolezze. Si tratta delle consapevolezze sui limiti imposti, dalla condizione umana, alla ricerca delle verità o sull’aleatoria attendibilità delle valutazioni di senso comune o sulla malizia che può essere messa in atto lasciando filtrare verosimili maldicenze e inconfessate colpe, da sfruttare per eventuali minacce e ricatti, con l’obiettivo di poter volgere, se conveniente, le situazioni a favore dell’esercizio di un potere. Sono consapevolezze che, a qualcuno, possono dar fastidio perché rovinano quel quadro idilliaco di relazioni perbenistiche (nelle quale molti cercano rifugio per allontanare le ansie di mal sopportate incertezze) che sono solo espressioni di ipocrite neutralità e di alienazione dalla realtà, se non proprio espressioni avvilenti di riverenti piaggerie e cerimoniosi servilismi.
Le consapevolezze sono fonte di dubbi, a volte anche inquietanti, ma che, se portano a intelligenti ed efficaci riflessioni, ricerche e confronti condivisi, possono diventare anche motori di intuizioni e attivare le capacità umane di saper vedere e rivedere le cose per cercare di interpretarle e prendere decisioni più responsabili.
Nel dubbio c’è una sacrosanta ricerca di verità (che non sono solo e semplicemente quelle che è possibile mettere in mostra attraverso vitree trasparenze), ma può anche esserci un’intenzione diversa, subdolamente coltivata a danno di altri, per un predatorio vantaggio individuale da realizzare. Oggi, un dubbio ben fondato, ci pone di fronte a legittimi interrogativi vitali, quelli, per esempio, non sempre correttamente evidenziati, sulle qualità distruttive di una «competizione», senza alcun senso umano (messa in vetrina come modello di riferimento mondiale), che offre, al vincitore, sempre maggiori opportunità di vittorie successive e sottrae, fino ad annullarle, pari opportunità per tutti gli altri. Sono deviazioni delle opportunità che, di fatto, precostituiscono le condizioni per la formazione di grandi monopoli, di poteri economici e finanziari sovranazionali e assoluti, in grado di decidere le politiche da quelle locali, fino a quelle che impongono soluzioni ideologiche di governo globale.
Un dubbio che, però, può aiutarci anche a svelare quanto le «case di vetro» siano usate dalle ideologie per sottrarre a ogni giudizio e rendere inattaccabile l’infondato e contestabile assolutismo delle loro visioni riduzioniste. Le ideologie hanno bisogno, infatti, non solo di indurre adesioni ai propri irremovibili assolutismi, ma anche di convincere su un’incorruttibile immagine di integrità dei propri riferimenti e di neutralità delle proprie scelte. La scena, a tal fine costruita, dovrà occultare, dunque, sia le loro vergognose incapacità di interpretare la complessità vitale della nostra natura sociale e non solo biologica, sia la loro criminale determinazione ad asservire uomini e cose ai meccanismi di una vita di consensi, priva di senso umano, e all’esercizio di un potere assoluto sulla nostra sorte.
Il vetro, in questi casi, come scontata garanzia di trasparenza, può essere piegato da imperiose pretese di imporre, alla libertà di scelta e di relazioni dell’uomo, le ingenue e illusorie chiarezze delle banalità geometriche, che articolano il dettato dei pensieri unici e quel conseguente, acritico e deviante, senso comune delle cose che le accompagna.
Sostanzialmente, nella loro misera visione riduzionista, per tener fede alla formale chiarezza delle loro argomentazioni, le ideologie sono costrette a trascurare del tutto la complessità delle relazioni con ogni fenomeno della realtà. La complessità, come condizione che presiede ogni fenomeno naturale biologico e sociale, è invece, una condizione essenziale per arricchire la creatività generativa degli equilibri dinamici vitali e non può, quindi, essere preordinata e gestita, senza snaturarne l’essenza, con le semplificazioni e le ingenuità dei meccanismi elementari proposti da conformiste visioni ideologiche. Le semplificazioni offrono visioni del mondo che affascinano e che incontrano facili consensi. Diventano, dunque, stratagemmi per procurare consensi incondizionati a quel «fare le cose», che è fonte di automatici profitti, senza responsabilità da mettere in conto.
Come se le ideologie dovessero difendere una propria immutabile purezza, si fa immaginare una conseguente necessità di disporre di un virtuoso e ben protetto contenitore di vetro. Questa visione riesce, ancora oggi, a imporsi e a proteggere le ideologie dalla temuta contaminazioni della diversità (considerata origine di un disordine improduttivo che affligge la categoria umana dei minus habens ma anche i fenomeni naturali e che, perciò, un uomo superiore dovrebbe perfino, sentirsi impegnato a correggere).
Le trasparenti ma inviolabili protezioni, alla cui attivazione le ideologie sanno ben provvedere, possono, arrivare a convincere sulla loro assoluta capacità di risolvere ogni problema del nostro esistere. L’idea di una sola direzione (declinata nelle sole forme pragmatiche, ritenute essenziali del vivere) sembra, nella sua semplicità, non nascondere nulla. Ma questo appare vero solo perché sono state sottratte, alla nostra visione, la complessità dei nostri contesti di vita e tutte quelle alternativa che siamo, invece, spontaneamente portati a esplorare: da quelle sociali ed economiche, a quelle culturali e politiche.