Una bonifica abbandonata – Quelle bombe sono ancora lì

1182
Tempo di lettura: 3 minuti

Si trattta del «Piano di caratterizzazione e bonifica degli ordigni bellici ai fini del risanamento ambientale delle aree portuali del Basso Adriatico». Oggi per il bene del mare,nell’interesse della salute e protezione della vita umana, per eliminare la possibilità di armare con esplosivo il malaffare, si dovrebbero rivedere le scelte fatte evitando Accordi ai quali non si riesce a dare seguito e che fanno perdere tempo e spendere inutilmente risorse economiche

I processi in corso in Sicilia, sulle due stragi principali che hanno insanguinato l’Italia all’inizio degli anni 90 (Capaci, alle porte di Palermo e via d’Amelio), stanno rivelando particolari importanti per la ricostruzione di quella stagione delle stragi. Il collaboratore di giustizia appartenente alle cosche calabresi, Antonio Villani, è ritornato a parlare dell’origine dell’esplosivo utilizzato, ricordando che proveniva da Saline Joniche. Secondo Villani, il tritolo è stato prelevato dallo scafo del relitto del mercantile Laura Cosulich, nave affondata nel Basso Jonio a largo delle coste di Reggio Calabria durante la seconda guerra mondiale. La notizia dell’uso da parte delle cosche del malaffare dei relitti bellici per approvvigionarsi di esplosivo era già circolata nel 1995, tanto che lo scafo della Laura Cosulich è stato recentemente bonificato dai sub della Marina militare di La Spezia. I militari hanno recuperano dalla stiva del mercantile 121 panetti di tritolo da 200 grammi ciascuno. Dopo il prelievo dell’esplosivo recuperabile, lo scafo del mercantile, giacente a meno 50 metri sui fondali marini, è stato cementato per impedirne l’accesso.

Oggi ricorre il 71° anniversario del più drammatico bombardamento in tutta Europa di un’area portuale della seconda guerra mondiale. Oggi si commemora l’evento che sconvolse nel lontano 1943 la città di Bari e le armate alleate. La sera del 2 dicembre 1943 nel porto di Bari, a seguito di un attacco a sorpresa dell’aviazione tedesca, diciassette navi alleate furono distrutte, tra esse anche una carica di gas letali: la nave americana John Harvey. Il disastro causò la morte di oltre mille (numero sotto stimato e che mai nessuno è riuscito a definire con precisione) tra civili e militari. Negli anni successivi il porto di Bari fu bonificato con la rimozione degli ordigni chimici ed esplosivi e il loro affondamento a largo di Giovinazzo. Lo stoccaggio dell’esplosivo sui fondali, che si riteneva sicuro e al di fuori della portata sia dei pescatori sia del malaffare, negli anni successivi all’affondamento si è rilevata una scelta comoda nel 1945, ma sbagliata per il destino delle popolazioni locali. Molti pescherecci del Basso Adriaco, tra Molfetta e Monopoli, hanno intrappolato nelle loro reti le bombe trascinandone lungo le loro rotte o, com’è successo a Molfetta, scaricandole all’ingresso del porto. Tutto il Mare Adriatico è stato oggetto di smaltimento di munizionamento militare obsoleto o proveniente da bonifiche militari.
Anche in Puglia da qualche tempo si sospettava che gli esplosivi, oltre a essere dannosi per gli ecosistemi acquatici e per l’uomo sono l’arsenale nascosto del malaffare. Nel 2001 lo Stato ha iniziato a pensare di affrontare il problema della caratterizzazione dei fondali tanto che la Legge finanziaria 448 del 2001, all’art. 52, comma 59, prevedeva lo stanziamento di € 5.000.000,00 per la realizzazione di un «Piano di risanamento ambientale delle aree portuali del Basso Adriatico», prevedendo altresì che lo stesso fosse definito d’intesa con le regioni interessate. Solo nel 2006 con Decreto del 10/03/2006 del ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, è stato individuato nel Basso Adriatico, l’area marittima compresa tra il Faro di Vieste e Capo d’Otranto, l’area d’intervento ed è stata indicata la Regione Puglia quale unica regione interessata dal citato Piano di risanamento ambientale. Il 19 novembre 2007 il ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, la Regione Puglia, l’Istituto Centrale per la ricerca scientifica applicata al mare (Icram) e Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) Puglia hanno sottoscritto un «Accordo di Programma» con l’obiettivo di redigere e attuare il «Piano di caratterizzazione e bonifica degli ordigni bellici ai fini del risanamento ambientale delle aree portuali del Basso Adriatico».
A oggi il piano non è stato approvato e la stessa Regione ha rimodulato e rinnovato l’Accordo siglato nel novembre del 2007 (Deliberazione della Giunta regionale 3 settembre 2013, n. 1573), ammettendo di fatti un ritardo che si aggiunge a quello decennale dello Stato.
Oggi per il bene del mare, che molti giustamente vogliono difendere dalla speculazione petrolifera, nell’interesse della salute e protezione della vita umana, per eliminare la possibilità di armare con esplosivo il malaffare, si dovrebbero rivedere le scelte fatte evitando Accordi ai quali non si riesce a dare seguito e che fanno perdere tempo e spendere inutilmente risorse economiche.