Le mucche naziste uccise perché violente. E l’«ingegnere genetico» delle piante bioluminescenti ammette di «non conoscere le conseguenze e i problemi che ne deriveranno, ma di poterli affrontare in futuro»… il problema è proprio qui: credere che la tecnologia possa risolvere i problemi stessi creati dalla tecnologia. Un’assurdità tauto-tecnologica moderna. Quando questa presunzione si applica al campo del vivente con le biotecnologie i rischi sono ancor più seri. Viviamo in un mondo di cui non conosciamo nemmeno la metà delle specie viventi, non sappiamo quasi nulla delle loro capacità fisiologiche e della etologia
È notizia di questi giorni l’abbattimento di mucche geneticamente selezionate in epoca nazista per riportare in vita l’antenato Uro.
Questi animali, frutto di forzati incroci, avevano tentato più volte di uccidere i loro allevatori. Le super-mucche «naziste» del Devon (in Inghilterra), sono state macellate per timore di attacchi. È fallito così il discutibile sogno dell’allevatore inglese Derek Gow di cercare di riportare a pascolare la razza cosiddetta «Heck» creata da due zoologi della Germania hitleriana che sognavano di far rivivere gli animali selvatici protagonisti della mitologia ariana.
L’allevatore è stato costretto ad abbattere 7 dei 13 suoi esemplari per la loro intrattabilità. «Sono di sicuro gli animali più aggressivi con cui abbia mai avuto a che fare», ha dichiarato. Le enormi mucche dalle lunghe corna curve e dal folto pelo bruno, sono state «riportate in vita» in un onirico sogno di onnipotenza da due fratelli, Lutz e Heinz Heck, che all’epoca del Terzo Reich hanno battuto in lungo e in largo l’Europa alle ricerca delle razze bovine più primitive per incrociarle tra loro nella speranza di ottenere l’uro, il loro comune antenato di cui l’ultimo esemplare sembra sia morto in una foresta polacca nel 1627.
Questa, che potrebbe essere definita attualmente la maniaca presunzione dei biotecnologi di giocare a esser dio, creando invece dei mostri, è solo una delle più antiche follie di «manipolazione genetica». Oggigiorno, con le tecnologie del DNA ricombinante le conseguenze dei giochi dei biotecnologi e la creazione di organismi geneticamente modificati potrebbero avere conseguenze inaspettate, un po’ come accaduto con le feroci mucche naziste, ma molto più devastanti, avendo la possibilità di intervenire direttamente sull’intero patrimonio genetico delle specie.
Un recente interessante progetto finanziato con crowfunding, nonostante potenziali ritorni positivi in termini di risparmio energetico ed ecologico, è solo uno degli ultimi esempi di come gli stessi biotecnologi non conoscano i problemi derivanti dalle loro macchinazioni genetiche. «Le piante luminescenti di Avatar diventano realtà. Questa storia appassionante e inquietante apre gli occhi sulla rapida evoluzione della biologia sintetica», così presenta il progetto il «Corriere della Sera» pubblicando un video in cui lo stesso «ingegnere genetico» delle piante bioluminescenti ammette di «non conoscere le conseguenze e i problemi che ne deriveranno, ma di poterli affrontare in futuro».
Ed il problema è proprio qui: credere che la tecnologia possa risolvere i problemi stessi creati dalla tecnologia. Un’assurdità tauto-tecnologica moderna. Quando, però, questa presunzione si applica al campo del vivente con le biotecnologie i rischi sono ancor più seri. Sono noti a tutti, nonostante le campagne di falsificazione della realtà operate dalle grandi compagnie di sementi con i loro scienziati strapagati al seguito, quanto cotone e mais Ogm stiano mettendo a rischio salute ed economia delle popolazioni che li producono e li consumano, nonché degli ecosistemi.
Ciò nonostante, la maggior parte dei finanziamenti della ricerca finisce nei dipartimenti biotecnologici dove si prova a rendere trasparente un topo, luminescente una pianta, blu un pomodoro, al sapor di fragola una zucchina.
Poi ci si ingegna per inventare un’utilità a simili abomini e si rassicura il pubblico che, in caso di problemi, la casta dei tecnocrati troverà una soluzione.
L’interrogativo, però, è solo uno: a cosa dovrebbero servire tutte queste pseudo-invenzioni biotecnologiche?
Viviamo in un mondo di cui non conosciamo nemmeno la metà delle specie viventi, non sappiamo quasi nulla delle loro capacità fisiologiche e della loro etologia. Non comprendiamo come funzionino esattamente gli ecosistemi, le dinamiche climatiche, i cicli biogeochimici. Non sappiamo cosa viva negli abissi dei nostri mari o perché accade ciò che inspiegabilmente (ma se fossimo meno presuntuosi sarebbe molto più facile ammettere che «non sappiamo prevedere il futuro» con i nostri ipersemplificati modelli che i matematici vogliono imporre alla vita) avviene ogni giorno.
Se smettessimo di crederci dominatori del mondo, dei sulla Terra, allora impareremmo a conoscere meglio il pianeta in cui viviamo e gli esseri che lo popolano e invece di creare mucche assassine e piante che si accendono col telecomando potremmo vivere più in armonia con la Natura.
Questa è la vera rivoluzione del XXI secolo, non le fantabiotecnologie!