Ogm, Serve subito una legge nazionale

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    L’Ue approva una modifica alla direttiva comunitaria per cui i Paesi membri hanno il diritto di vietare la coltivazione di Ogm sul loro territorio. Ma le motivazioni con cui il governo può giustificare il bando «non devono, in nessun caso, confliggere con la valutazione di impatto ambientale» europea

    La Cia: oggi produttori e consumatori si muovono in direzione opposta agli Ogm

    Il Parlamento europeo ha approvato oggi una modifica alla direttiva comunitaria sugli Ogm che concede ai Paesi Ue il diritto di vietare la coltivazione di Ogm sul loro territorio. È una norma lacunosa e che avrà bisogno di mesi prima di essere recepita in Italia: dobbiamo invece difenderci subito dal mais transgenico della Monsanto.

    In Italia è in vigore un divieto temporaneo, fortemente voluto da associazioni di produttori, consumatori e ambientalisti, che vieta la coltivazione dell’unico Ogm autorizzato per la coltivazione in Europa, il mais MON810.
    «Ci vorranno mesi per recepire la nuova norma sui bandi approvata oggi mentre è importante che il governo italiano rinnovi e rinforzi il bando in essere alle coltivazioni Ogm nel nostro Paese», afferma Federica Ferrario, campagna Agricoltura sostenibile di Greenpeace
    Italia.

    Secondo la nuova legge, le motivazioni con cui il governo può giustificare il bando «non devono, in nessun caso, confliggere con la valutazione di impatto ambientale» condotta dall’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare). In altre parole i governi non possono basare i bandi su specifici impatti ambientali o evidenze di possibili danni da parte delle coltivazioni Ogm a livello nazionale, anche nel caso in cui questi rischi non siano stati presi in considerazione da parte della valutazione dell’Efsa.

    «Questa legge dovrebbe garantire ai Paesi membri le basi legali per vietare la coltivazione di Ogm nel proprio territorio, ma contiene lacune preoccupanti. Concede alle aziende biotech la possibilità di negoziare direttamente con i governi e non permette ai Paesi di utilizzare motivazioni di carattere ambientale per giustificare i bandi nazionali» conclude Ferrario.