Nel mondo c’è un miliardo e mezzo di persone che non sanno che cosa sia l’elettricità e la gran parte di queste è in Africa. E questo fa il paio con i miliardi di persone, bambini compresi, che muoiono per fame, sete, guerre. Le ricchezze del pianeta le hanno in pochi, l’economia globale sposta beni e determina povertà mentre domina l’incertezza che sta diventando una costante anzi, quasi un arma di distruzione di massa puntata ora su questo ora su quello Stato. Nessuno è fuori pericolo perché il debito pubblico e privato del Pianeta Terra sfiora i 200mila miliardi di dollari, pari al 286% del Pil mondiale: una bomba pronta ad esplodere
L’energia è il tema dominante della nostra società, è da qui che parte la direzione che l’organizzazione futura di città e vita quotidiano prenderanno. Ragionando, quindi, sul bisogno energetico, si può facilmente scoprire questo cammino dell’umanità. È come una cartina di tornasole che ci dice se la nostra direzione è corretta.
Questo è il cammino che percorrerà quest’anno «Villaggio Globale» attraverso riflessioni e tecnologie, problemi e nuove soluzioni.
Nel numero che è on line, dedicato a solare ed eolico, è possibile trovare riflessioni e spunti nuovi e poco frequentati dai media tradizionali.
Dall’intramontabile fenomeno della sindrome Nimby, ai dati reali della diffusione del solare, dal poco applicato solare termodinamico alle soluzioni del repowering per l’eolico, dalle aspettative del solare di terza generazione.
Un altro numero da leggere, da conservare e da consultare.
Quest’anno ci occuperemo di energia, iniziamo con questo primo numero dedicato a solare ed eolico.
Non vogliamo però contraddire la nostra linea editoriale e sottolineiamo che la crescita ecologica di un popolo non è tenere le strade pulite ed avere l’aria salubre, perché questi ed altri aspetti, a mano a mano che cresce la consapevolezza dei danni economici a cascata, l’Homo economicus li imporrà per legge… la crescita ecologica è quando l’uomo finalmente comprenderà il suo posto nella biosfera e vivrà di conseguenza.
Ora, ragionando sul bisogno energetico, si può facilmente scoprire questo cammino dell’umanità. È come una cartina di tornasole che ci dice se la nostra direzione è corretta.
Il calore del sole e la forza del vento, sono due forze primordiali che hanno messo l’uomo direttamente in relazione con il mondo circostante, il fuoco ha riprodotto in piccolo la capacità di riscaldarsi anche senza il sole, il vento ha governato gli spostamenti sul mare ed è stato trasformato in forza motore per usi «industriali».
La nostra presunzione ci fa dire che comunque l’uomo antico non aveva la nostra tecnologia. Certo, non l’aveva perché non gli serviva. Viveva in armonia con l’ambiente esterno e gli bastava una piccola fonte di calore per riscaldare ambienti abitativi che avevano una coibentazione naturale ben più efficiente della nostra tanto è vero che noi ora cerchiamo di copiarla: dallo spessore dei muri al tipo di mattoni utilizzati, dai tetti con l’erba alla forma delle abitazioni, all’esposizione capace di «rubare» calore e luce dall’ambiente esterno…
A che ci serve la tecnologia se dobbiamo impiegare una fonte energetica che poi si ritorce contro di noi sotto il profilo della qualità dell’aria, dei danni per l’estrazione e il trasporto? A che ci serve la tecnologia se quelle abitazioni hanno resistito al tempo giungendo fino a noi mentre si sa la fine che fanno le nostre case costruite 60-80 anni fa?
E che dire dell’utilizzo del vento di cui se ne parla anche per integrare l’energia per fare spostare grossi transatlantici?
Certamente non si tratta di sostituire i nostri motori con le vele e le nostre fonti di calore con un braciere. Ma sostituire la nostra presunzione e la nostra certezza tecnologica sì. In altre parole si tratta di cercare di vivere in un mondo finalmente evoluto e non dominato dall’interesse becero, dallo sfruttamento del pianeta che impoverisce e rende precaria la nostra qualità di vita. Un processo, ahimè!, che coinvolge anche le fonti amiche dell’ambiente anch’esse piegate all’interesse tanto da diventare, loro malgrado, nemiche del paesaggio e dell’uomo quando sottraggono spazio utile all’agricoltura.
I politici e i rispettivi sostenitori, si «sbranano» nei dibattiti e nelle aule parlamentari, nelle piazze, picchiano nelle dimostrazioni e fanno blitz contro le opposte fazioni, si affrontano anche minacciosamente nei social… con quali risultati? A comandare è sempre sua maestà la Finanza. Nessuna fazione però si «sbrana» per promuovere l’energia alternativa, chiedere un ambiente più decoroso per la salute dell’uomo e per il benessere animale, nessuno protesta quando si finanziano fonti energetiche obsolete e non si finanziano ricerche (o si imboscano i prototipi) su nuove fonti. Quando non si uccidono misteriosamente i ricercatori di nuove tecnologie o li si ridicolizza. Perché non si può perdere il controllo dell’energia…
Appena un pugno di decenni fa, quando le fonti alternative di solare ed eolico cominciavano ad affermarsi, subito una levata di scudi da parte di politici, economisti, ricercatori per dire che era pura utopia pensare di sostituire il petrolio. Il processo denigratorio e della controinformazione non si invertì neanche quando queste fonti energetiche sono state (e sono) causa di morti, di guerre, di disastri ambientali.
Nessuno ha fiatato con la stessa veemenza e organizzazione che c’è quando bisogna scegliere il politico di turno.
Che civiltà è questa? Quale essere vivente sul pianeta pospone la propria vita e il proprio benessere all’accumulo economico di beni e di potere che non allungherà di un giorno la propria esistenza?
Così accade che le politiche energetiche continuano a puntare decisamente sulle fonti non rinnovabili mentre il mondo circostante cambia.
Nel 2014, in Germania, le energie rinnovabili sono state la prima fonte di fornitura di elettricità. La principale economia europea sta puntando decisamente verso l’energia pulita. La quota delle energie alternative è cresciuta di otto volte rispetto ai dati del 1990 e l’obiettivo è di continuare su questa strada.
Secondo il «Financial Times» la transizione energetica tedesca punta a generare fino al 60 per cento di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035. Un cambiamento che è stato accompagnato dall’addio al nucleare e dall’alta incentivazione al green. Nei piani di Angela Merkel c’è l’obiettivo di spegnere tutte le centrali nucleari entro il 2022.
L’ultimo report di Deutsche Bank, stima che i prezzi di un impianto FV su tetto possano calare del 30-40% nel giro dei prossimi 3 anni. In un mercato come quello statunitense (che va detto ha prezzi ancora un po’ più alti di quelli che si trovano in Germania o in Italia) la banca tedesca stima che un impianto di piccola taglia residenziale, prezzo chiavi in mano, passerà dai 2,90 $/W a circa 1,80 $/W entro il 2017 (cioè da circa 2.500 euro/kW a circa 1.600).
Ormai i segnali del rapido progresso delle fonti rinnovabili sono evidenti. Ad esempio il fotovoltaico nel 2014 ha consentito negli Usa di creare 31.000 nuovi posti di lavoro grazie all’installazione di 6,5 GW; un trend in forte crescita, visto che quest’anno si aggiungeranno 8,5 GW e nel 2016 altri 12 GW.
Nel mondo c’è un miliardo e mezzo di persone che non sanno che cosa sia l’elettricità e la gran parte di queste è in Africa. E questo fa il paio con i miliardi di persone, bambini compresi, che muoiono per fame, sete, guerre. Ce ne accorgiamo solo quando sono toccati i nostri interessi, quando i morti li troviamo dietro la porta di casa. Le ricchezze del pianeta le hanno poche persone, l’economia globale sposta beni e determina povertà mentre domina l’incertezza che sta diventando una costante anzi, quasi un arma di distruzione di massa puntata ora su questo ora su quello Stato. E nessuno è fuori pericolo perché il debito pubblico e privato del Pianeta Terra sfiora, secondo uno studio del McKinsey Global Institute, i 200mila miliardi di dollari, pari al 286% del Pil mondiale: una vera e propria bomba pronta ad esplodere.
Fare del catastrofismo, a questo punto, è estremamente facile. Ma serve? Eppure bisogna delineare orientamenti. Ancora una volta la natura ci viene incontro, basta guardare un campo dopo un incendio. Piano piano tutto riprende, la natura ha i suoi tempi, sa godere della vita e della solidarietà, sa vivere e progredire insieme ad altra vita… esattamente quello che non sappiamo più fare noi.