Legambiente presenta il dossier «Cattive acque». Storie di fiumi in pericolo e di fiumi già salvati. La percentuale dei corpi idrici superficiali italiani che riesce a soddisfare tutti i requisiti per ottenere contemporaneamente un buono stato ecologico e chimico è solo del 10%. Il dato che merita più attenzione, però, è quello che riguarda la previsione del raggiungimento degli obiettivi di qualità: nel 2015 la percentuale dei corpi idrici superficiali in stato buono (o superiore) dovrebbe salire solo al 29%. Per le acque sotterranee dal 49% in buono stato del 2009 dovremmo passare al 52,7% nel 2015. E questa non è una prospettiva assolutamente soddisfacente
Il 2015 è l’anno previsto dalla direttiva 2000/60 per il raggiungimento degli obiettivi di buona qualità delle acque, una scadenza a cui il nostro Paese arriva con grande ritardo. In occasione del 22 marzo, Giornata mondiale dell’acqua, Legambiente ripercorre da nord a sud le principali vertenze in cui l’associazione è impegnata ma anche le esperienze positive su cui si sta lavorando, nel dossier «Cattive acque» a dimostrazione che oggi è possibile mettere in campo una seria politica di risanamento e corretta gestione delle risorse idriche.
Già lo scorso anno, con il dossier «AcQuale Qualità?», Legambiente ha delineato il quadro, sulla base dei pochi e obsoleti dati disponibili, dello stato dei corpi idrici italiani. Secondo la documentazione fornita nel 2012 dall’Italia alla Commissione europea per l’attuazione della direttiva 2000/60, uno stato ecologico superiore al buono è stato raggiunto solo dal 25% dei corpi idrici superficiali, mentre lo stato chimico buono è stato raggiunto solo dal 18%.
Se poi guardiamo alla percentuale dei corpi idrici superficiali italiani che riesce a soddisfare tutti i requisiti per ottenere contemporaneamente un buono stato ecologico e chimico siamo solo al 10%. Il dato che merita più attenzione, però, è quello che riguarda la previsione del raggiungimento degli obiettivi di qualità: nel 2015 la percentuale dei corpi idrici superficiali in stato buono (o superiore) dovrebbe salire solo al 29%. Per le acque sotterranee dal 49% in buono stato del 2009 dovremmo passare al 52,7% nel 2015. E questa non è una prospettiva assolutamente soddisfacente.
A livello europeo i dati non sono certo migliori: se nel 2009 erano il 43% i corpi d’acqua superficiali ad avere uno stato ecologico buono, la prospettiva per il 2015 salirà solo al 53%, secondo le stime. Le acque sotterranee europee in buono stato chimico saranno l’87% mentre in buono stato quantitativo si prevede un 96%. È un miglioramento, certo, ma siamo troppo lontani dagli auspicabili obiettivi della direttiva.
È proprio pensando alle pressioni sui corpi idrici che Legambiente ha deciso di presentare, nella giornata mondiale dell’acqua 2015, questo dossier per denunciare quei casi d’inquinamento e mala gestione che mettono tanto in pericolo i nostri fiumi, laghi e falde sotterranee. Un viaggio per l’Italia che descrive le principali vertenze seguite dalla Legambiente, attraverso la sua prima e grande forza che sono i circoli locali, che raccontano le minacce al buono stato dei corpi idrici italiani.
Il fiume Basento in Basilicata
Tra queste c’è anche il fiume Basento, segnalato tra i fiumi rigurgitati dallo sviluppo industriale in quanto ha visto a partire dal 1990 il nascere e lo svilupparsi dell’area industriale di Tecnoparco.
Proprio per questo, l’area industriale della Val Basento è stata dichiarata sito di interesse nazionale (Sin) nel luglio del 2002. Le aree potenzialmente inquinate, determinate a seguito delle perimetrazioni effettuate, hanno un’estensione di 3.400 ettari e comprendono i comuni di Ferrandina, Pisticci, Grottole, Miglionico, Pomarico e Salandra. Negli anni le contaminazioni provenienti dalle attività industriali hanno riguardato sia il suolo sia le acque di falda, sono principalmente legate alla presenza di solfati, metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), solventi clorurati e composti aromatici; in particolare è stato evidenziato l’inquinamento da tricloroetilene delle acque sotterranee nel comprensorio di Ferrandina e Pisticci.
Nelle acque del fiume Basento invece, negli anni sono stati riversati arsenico, carbonio organico, mercurio, cloruri, fosforo, azoto, nichel, zinco, rame, cromo e piombo.
Legambiente ha però voluto aprire il dossier con le storie delle acque salvate, di fiumi fortemente inquinati che stanno riacquisendo uno stato migliore grazie a politiche attente di salvaguardia e recupero ambientale, attuate dalle amministrazioni di concerto con le associazioni e gli enti privati. Casi che dimostrano come oggi gli strumenti per mettere in campo una seria politica di recupero e di tutela dei fiumi, delle falde e delle acque ci sono.
Serve la volontà politica di attuarli tenendo presente che una corretta gestione della risorsa idrica non può prescindere da alcuni presupposti fondamentali: i piani che riguardano la gestione dei corpi idrici devono coinvolgere, fin dalle prime fasi di stesura, i diversi attori (pubblici e privati, istituzioni, associazioni, cittadini, tecnici ed esperti del settore) e perseguire l’obiettivo di ridurre i prelievi e i carichi inquinanti, la riqualificazione dei corsi d’acqua e la rinaturalizzazione delle sponde, miglioramento e completamento dell’impiantistica del trattamento delle acque industriali, non permettendo il mescolamento delle acque reflue industriali con quelle civili, la bonifica delle falde, applicando il principio chi inquina paghi, l’applicazione di strumenti di partecipazione adeguati. Esistono oggi strumenti quali i Contratti di Fiume, che come dimostrano le esperienze riportate in questo dossier, consentono, a livello di bacino o sottobacino, di supportare la pianificazione e programmazione all’interno dei Distretti e portare a risultati concreti di miglioramento dello stato ambientale dei corpi idrici.
– Il dossier completo, con l’itera scheda riguardante il fiume Basento