Applicate ai trasformatori, macchine diffuse in grande numero e distribuite tutt’intorno a noi: centrali elettriche, fabbriche, luoghi pubblici e abitazioni private, consentiranno, a partire dal 2020, di risparmiare, intorno ai 16.000 Gwh l’anno (metà del consumo annuale di elettricità di un Paese come la Danimarca), corrispondenti a 3,7 milioni di tonnellate di CO2 in meno
Sono macchine di grandi dimensioni, arrivano a pesare fino a centinaia di tonnellate, e possono raggiungere, in alcuni casi, fino a 400 Megawatt di potenza. Garantiscono l’erogazione e la gestione dell’energia elettrica di interi Paesi, l’alimentazione di grandi aree abitate e industriali.
I trasformatori sono apparati tecnologici che operano «nell’ombra» ma il loro lavoro è determinante. Succede di rado, ma quando si fermano, è un problema. «Può capitare in caso di eventi naturali imprevisti – spiega Ilbe Salvaterra, ricercatore che si occupa di studi sul rischio – specie in caso di alluvioni di un certo rilievo. In caso di terremoto è assai difficile, in Italia gli eventi sismici non sono tali da arrecare danni di rilievo. Si tratta di macchine che già ora garantiscono una certa affidabilità, ma siamo impegnati a renderle ancora più sicure ed efficienti».
Ma come dimostra l’attualità (soprattutto le più recenti alluvioni), è meglio prevenire: Lo «stato dell’arte» sui trasformatori in Italia (e in Europa), le loro capacità, e i miglioramenti da apportare per il futuro, sono stati al centro di un recente meeting di due giorni dal titolo «MyTransfo», giunto alla settima edizione. Ospitato dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino e organizzato da Sea Marconi (di Collegno, Torino), gruppo tutto italiano noto per i numerosi brevetti nella decontaminazione dei trasformatori, il meeting ha visto la partecipazione di oltre 150 esperti da tutto il mondo, convenuti a Torino per confrontarsi sulle tematiche ambientali, economiche e di sicurezza connesse alla trasformazione elettrica.
«Si punta molto all’eco-design dei trasformatori – aggiunge Salvaterra – e a progettare macchine più sofisticate e sicure. I pericoli? In caso di incendi vi sarebbe l’alta tossicità degli olii minerali che li fanno funzionare. E si tratta di tonnellate di olii. Noi abbiamo il ruolo di valutare il rischio e poi fornire suggerimenti per limitare gli eventuali danni. Già esistono delle normative per la loro sicurezza».
Applicate ai trasformatori, macchine diffuse in grande numero e distribuite tutt’intorno a noi: centrali elettriche, fabbriche, luoghi pubblici e abitazioni private, consentiranno, a partire dal 2020, di risparmiare, intorno ai 16.000 Gwh l’anno (metà del consumo annuale di elettricità di un Paese come la Danimarca), corrispondenti a 3,7 milioni di tonnellate di CO2 in meno.
«Per fare questo sono in atto studi per migliorare la struttura dei trasformatori – aggiunge Flavio Mauri, di Enel Distribuzione – che hanno potenza media di 80-100 Megawatt, e poi vi sono quelli che arrivano a 300 o 400. Hanno una vita media tra i 30 e i 40 anni».
Qualche cifra: «I trasformatori fanno parte di un segmento merceologico con fatturato totale, in Italia e all’estero, di circa 430 milioni di euro nel 2013 – aggiunge Mauri – per una rappresentatività di circa l’80 per cento del mercato».
«Oggi l’intento è quello di applicare il Total Cost, cioè spendere di più, inizialmente, per trasformatori migliori, per poi in seguito risparmiare con maggiore efficienza e minore consumo. I materiali? I trasformatori usano rame e ferro, e particolari lamierini che vengono fabbricati con tecniche sofisticate».
Al meeting è emerso quanto il ruolo della produzione in qualità delle aziende italiane, sia importante nel mantenimento di elevati margini di competitività.