Viene proposta una soluzione innovativa ed economicamente vantaggiosa per trasformare il processo di depurazione in risorsa, grazie ad una cella a combustibile ad alta efficienza. Il procedimento permetterà non solo di ottenere energia elettrica e calore, ma anche altri due «prodotti»: acqua pulita e il ri-fissaggio del contenuto di Carbonio del combustibile primario (biogas) in forma di biomassa (alghe) che può essere reimpiegata. La Scheda tecnica
Coniugare sostenibilità ambientale e massima efficienza energetica: è questo l’obiettivo di Sofcom, progetto finanziato dalla Commissione europea tramite la propria Agenzia Fch Ju nell’ambito del VII Programma Quadro, che ha come capofila il Politecnico di Torino e comprende 10 partner europei accademici e aziendali di 7 paesi[1]. L’idea che sta alla base del progetto (dal valore complessivo di 6,2 milioni di euro) è quella di rendere produttivo dal punto di vista energetico un processo necessario, cioè la depurazione delle acque di scarico. Un processo che, applicando il procedimento messo a punto dal progetto, permetterà non solo di ottenere energia elettrica e calore (caratteristica di un sistema cogenerativo), ma anche altri due «prodotti»: acqua pulita e il ri-fissaggio del contenuto di Carbonio del combustibile primario (biogas) in forma di biomassa (alghe) che può essere reimpiegata.
Il dimostratore realizzato grazie al progetto è stato presentato oggi nel corso del seminario «Patrimonio idrico, risorse rinnovabili e ambiente. Il presente e il futuro della depurazione in Europa», organizzato a Torino da Smat, partner del progetto.
«Il prototipo messo a punto – spiega Massimo Santarelli, docente del Dipartimento Energia del Politecnico di Torino e coordinatore del progetto – prevede la realizzazione di un sistema energetico integrato basato sull’utilizzo di combustibili rinnovabili (biogas da digestione anaerobica e syngas da gassificazione di biomassa) in generatori elettrochimici ad alta efficienza organizzati in configurazione poli-generativa, con recupero completo della CO2 e riutilizzo del Carbonio».
La parola Sofc (Solid Oxide Fuel Cell) è riferita alla particolare tecnologia di celle a combustibile impiegata, ovvero le celle a combustibile ad ossidi solidi che funzionano a circa 800°C e che possono essere alimentate anche direttamente a gas metano o a biogas (come nel progetto Sofcom). Le Sofc rappresentano la tecnologia più efficiente tra le varie tipologie di fuel cell disponibili.
Il cuore del sistema è costituito infatti dalla cella combustibile a ossidi solidi che lavora ad alta temperatura e trasforma il biogas, prodotto dal processo bio-chimico finalizzato alla depurazione dalle acque di scarico che confluiscono nei depuratori, in energia elettrica attraverso un procedimento elettrochimico a efficienza maggiore rispetto a quelli tradizionali basati su una macchina termica. Partendo dal biogas (un combustibile rinnovabile) si procede alla separazione dello zolfo e di altri contaminanti, per poi avviare la reazione negli elettrodi di cella che permette di produrre energia elettrica ad alta efficienza (fino al 50% quando di solito a pari condizioni di taglia una macchina termica si attesta intorno al 30-35%). Il sistema è cogenerativo, in quanto consente inoltre il parziale recupero del calore prodotto dalla cella.
Da un punto di vista di strategia energetica, il prototipo dimostra come i sistemi Sfc (Smart Fuel Cell) possano rappresentare una importante chiave di volta per i sistemi energetici del futuro, basati su combustibili rinnovabili, altissima efficienza di conversione elettrica e recupero totale delle sostanze utilizzate (carbonio, idrogeno, ossigeno), potenzialmente tendenti a realizzare un concetto di poli-generazione (heat&power + chemicals).
Inoltre, mentre i fumi, ad esempio, di una macchina a motore termico, vedono la CO2 «annegata» in un grande volume di azoto, con conseguenti maggiori difficoltà per la sua sequestrazione, in una cella Sofc gli esausti anodici, cioè gli scarti del processo, sono già privi di azoto. Questo permette un recupero più semplice della CO2 che può essere separata facilmente dall’acqua con cui è miscelata. Il flusso di CO2 viene così recuperato per il ri-fissaggio del carbonio in forma di biomasse.
Il progetto Sofcom prevede l’applicazione di questa cella ad altissima efficienza agli impianti di trattamento delle acque. Il prototipo torinese infatti è installato in uno di questi impianti, fra i più grandi d’Europa, che comportano flussi di acqua ricche di nitrati e fosfati. Questi flussi di acqua vengono ripuliti con il passaggio in un foto-bio-reattore in cui si effettua la crescita di colture di alghe, che si nutrono di CO2 recuperata dal processo oltre che di nitrati e fosfati.
Questo ultimo passaggio completa il processo, che parte da un combustibile rinnovabile come il biogas, produce energia elettrica di alta efficienza, permette il recupero del calore e utilizza la CO2 per il trattamento delle acque.
Partito nel novembre 2011 il progetto si sta avviando a conclusione. Proprio partendo dai risultati di Sofcom, però, il Politecnico si è aggiudicato il finanziamento per un altro progetto europeo, Demosofc, di cui anche Smat sarà partner, e si prefigge di realizzare un sistema industriale da 175 kW, attualmente l’impianto più grande a livello europeo per questo tipo di celle. Al momento, infatti, la tecnologia trova riscontro, per i produttori, in Germania, Inghilterra, Italia, Usa e Giappone, mentre lato utente finale un mercato che ha già dimostrato grandi segnali di interesse è proprio negli impianti per il trattamento delle acque (in particolare in California); i costi della tecnologia sono tutt’ora elevati, anche se l’elevata efficienza nella produzione di potenza dovrebbe permettere, a breve termine, un recupero dei costi sostenuti per l’installazione.
«Il riconoscimento dell’Unione europea – commenta Paolo Romano, Amministratore delegato Smat – ha anche un’ulteriore finalità: sviluppare la produzione industriale di un sistema a miglior resa e basso impatto ambientale consentendo un elevato abbattimento dei costi per renderlo più competitivo rispetto ai sistemi tradizionali».
[1] Politecnico di Torino (coordinatore), Smat, Università degli Studi di Torino e CNR per parte italiana, la finlandese Teknologian Tutkimuskeskus VTT, Topsoe Fuel Cells A/S dalla Danimarca, la spagnola Matgas 2000 A.I.E, l’Institut Enegetyki dalla Polonia, la svizzera Ecole Polytechnique Federale de Lausanne ed infine la tedesca Technische Universitaet di Monaco.