Dalle caratteristiche genetiche ed evolutive dei pini marittimi è possibile prevedere la loro capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Lo rivela uno studio dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr realizzato nell’ambito di un progetto europeo e pubblicato sulla rivista «Genetics»
I cambiamenti climatici globali stanno mettendo a dura prova flora e fauna e rischiano di modificare profondamente la biodiversità del nostro pianeta. Riuscire a prevedere la capacità di adattamento delle specie animali e vegetali allo stress ambientale è pertanto fondamentale. Oggi si utilizzano modelli predittivi costruiti sulla base di parametri specifici e definiti, che però non tengono conto del ruolo che i caratteri genetici e l’evoluzione di una specie possono avere sulla sua capacità di risposta e adattamento allo stress.
Un innovativo studio dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibbr-Cnr) di Sesto Fiorentino, in collaborazione con gruppi di ricerca spagnoli, messicani, francesi e svizzeri, propone un’integrazione di tali modelli con informazioni sulle componenti genetico-evolutive della specie studiata. La ricerca è stata condotta sul pino marittimo (Pinus pinaster) ed è stata pubblicata sulla rivista «Genetics».
«Il pino marittimo – spiega Giovanni Vendramin, direttore Ibbr-Cnr e coautore del lavoro – è caratterizzato da un’ampia variabilità genetica e ha un importante valore economico ed ecologico. È considerato, inoltre, una specie a rischio a causa dei continui cambiamenti climatici, quali aumenti della temperatura, eventi estremi e diminuzione delle precipitazioni, che colpiscono gli ambienti mediterranei nei quali anche questo pino vegeta».
«Abbiamo identificato circa 300 varianti genetiche in un totale di 200 geni, tra le quali 18 che mostrano una significativa correlazione con parametri climatici. Queste varianti sono prevalentemente associate a geni coinvolti nei processi di crescita e di risposta allo stress termico».
«Per poter poi valutare se le varianti geniche identificate influenzassero la capacità di adattamento dei pini – continua Vendramin – sono stati piantati semenzali provenienti da 19 aree climatiche diverse in una zona della Spagna con caratteristiche climatiche estreme per la specie. Dopo 5 anni si è osservato che i pini in cui erano presenti le varianti geniche che si prevedeva conferissero maggiore capacità di adattamento alle condizioni climatiche locali riuscivano effettivamente a sopravvivere meglio».
«È nostra intenzione adesso implementare la metodica su scala più ampia, considerando un numero maggiore di aree climatiche e diversi caratteri genetici. L’approccio da noi utilizzato, basato sulla identificazione di varianti geniche associate al clima, offre il vantaggio di essere rapido ed economico», conclude Vendramin. «E potrebbe essere ampliato. Ad esempio, uno sviluppo importante di questi studi potrà essere la ricerca di varianti genetiche associate alla tolleranza al fuoco e più in generale agli incendi boschivi, la cui frequenza è aumentata in seguito ai cambiamenti climatici».