Amianto, una bomba ancora innescata

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A 23 anni dalla messa al bando della pericolosa fibra, l’amianto causa ancora 4mila morti ogni anno in Italia e vede 32 milioni di tonnellate di materiale ancora presenti sul territorio. Ci vorranno almeno 85 anni prima di risanare l’ambiente. Nonostante la Legge 257 prevedesse Piani Regionali Amianto redatti entro 180 giorni dalla sua pubblicazione, ad oggi Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna non hanno ancora approvato i propri

Secondo le stime di Legambiente, ai tassi attuali di bonifica del territorio, ci vorranno almeno 85 anni prima di risanarci dall’amianto.
Questo quanto riporta il rapporto «Liberi dall’amianto 2015» pubblicato da Legambiente sul proprio sito ufficiale nei giorni scorsi, il quale rivela che a 23 anni dalla messa al bando della pericolosa fibra, l’amianto causa ancora 4mila morti ogni anno in Italia e vede 32 milioni di tonnellate di materiale ancora presenti sul territorio.
Enormi sono i ritardi per il censimento, la mappatura e gli interventi di bonifica.
Per rispondere a questo scenario Legambiente, dice: «Urge impegno concreto nazionale e locale per fermare l’esposizione alla fibra killer: incentivi per sostituzione Eternit con tetti fotovoltaici e subito ecoreati nel codice penale».
Il problema dell’amianto ha radici lontane e nonostante la Legge 257 prevedesse Piani Regionali Amianto redatti entro 180 giorni dalla sua pubblicazione, ad oggi Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna non hanno ancora approvato i propri.
Ad accostare questa carenza un censimento delle aree da recuperare realizzato in modo disomogeneo e solo in dieci Regioni (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta) che evidenzia come gli edifici pubblici e privati contenenti amianto sarebbero più di 188.000 cui vanno aggiunti i 6.913 siti industriali dislocati su tutto il territorio nazionale.
Altro strumento fondamentale, la mappatura dell’amianto, è stato concluso solo da metà delle Regioni (Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta), mentre è in fase di ultimazione nelle province autonome di Bolzano e Trento.
38.000 siti su tutto il territorio nazionale, con oltre 300 siti in classe di priorità 1, questo quanto riporta la Banca Dati Amianto coordinata dal ministero dell’Ambiente.
Insomma prosegue Legambiente, nella persona di Giorgio Zampetti, responsabile scientifico dell’associazione: «Il risanamento ambientale, la bonifica e il corretto smaltimento dei materiali contenenti amianto devono essere le priorità per portare a zero il rischio connesso con l’esposizione alla pericolosa fibra. Per questo però occorre un serio impegno da parte innanzitutto delle Regioni e degli altri enti locali e nazionali competenti. Fino ad oggi, purtroppo, i risultati ottenuti sono molto scarsi. È urgente intervenire tanto sui grandi siti industriali quanto sugli edifici pubblici e privati; bisogna completare il censimento e gestire con attenzione i sistemi e gli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto».
In definitiva, ancora troppo pochi gli interventi di bonifica realizzati ad oggi e questo principalmente per mancanza di fondi che necessariamente dovranno essere stanziati con, ad esempio, il sistema degli incentivi per la sostituzione eternit/fotovoltaico.
Altro problema a cui si dovrà trovare una risposta è certamente la rete impiantistica per lo smaltimento della fibra che attualmente risulta decisamente insufficiente su tutto il territorio nazionale.
Un Piano quello nazionale amianto, un documento complesso che affronta la problematica dal punto di vista sanitario, dell’assistenza e dei risarcimenti ai lavoratori e agli esposti e dal punto di vista ambientale, con misure che, se fossero messe in campo, darebbero una svolta vera alla situazione, peccato che il Piano è ancora oggi fermo in Conferenza Stato Regioni, dove, per mancanza di fondi, continua ad essere rimandata la sua discussione.
Insomma è necessario affrontare la questione e questo impone anche la rapida approvazione del disegno di legge sugli ecoreati e la sua immediata applicazione. Solo con l’inserimento nel codice penale dei delitti di inquinamento e disastro ambientale, si potrà evitare che si consumino altri crimini come quello messo in campo a Casale Monferrato, nella Terra dei fuochi, nella Valle del Sacco, a Taranto, a Porto Marghera, a Bussi e in tantissime altre realtà.