«Immaginate un bosco che si estende in tutta la Germania, la Francia, la Spagna e il Portogallo spazzato via nel giro di 20 anni – dice Rod Taylor, del Wwf -. Dobbiamo scongiurare questo rischio e salvare le comunità e le culture che dipendono dalle foreste, e assicurare che le foreste continuino ad immagazzinare carbonio, filtrare la nostra acqua, il legno di fornitura e di fornire l’habitat per milioni di specie»
Foreste sotto attacco in più parti del mondo e quasi tutte nell’area tropicale. Fino a 170 milioni di ettari di foresta rischiano di essere perduti tra il 2010 e il 2030 lungo la linea del «fronte della deforestazione», se non verranno adottate misure per invertire il trend. È quanto emerge dalla ricerca del Wwf. «Immaginate un bosco che si estende in tutta la Germania, la Francia, la Spagna e il Portogallo spazzato via nel giro di 20 anni – dice Rod Taylor, del Wwf -. Dobbiamo scongiurare questo rischio e salvare le comunità e le culture che dipendono dalle foreste, e assicurare che le foreste continuino ad immagazzinare carbonio, filtrare la nostra acqua, il legno di fornitura e di fornire l’habitat per milioni di specie».
Tra i principali fattori di deforestazione, l’espansione delle grandi piantagioni, degli allevamenti, la produzione di olio di palma, e l’espansione della piccola agricoltura. Mentre il prelievo di legname contribuisce al degrado delle foreste, l’industria mineraria, i progetti idroelettrici e la costruzione di infrastrutture aprono la strada all’insediamento in foreste fino ad ora incontaminate, condannabile per sempre alla distruzione.
Indonesia: l’olio di palma si mangia tutto
C’è un detto nel settore indonesiano dell’olio di palma: Sumatra era ieri, Kalimantan è oggi, e Papua è domani. Questo domani potrebbe anche essere già arrivato. Un nuovo rapporto mette in luce la rapida espansione delle piantagioni di palma da olio nell’area della Nuova Guinea controllata dall’Indonesia.
Il rapporto, pubblicato da una coalizione di foto associazioni, tra cui Pusaka e awas MIFEE. fa i nomi delle imprese, uno per uno. Alcuni sono grandi conglomerati. Altri appaiono imprese di facciata, alcune perfino con indirizzo falso, create all’occasione per nascondere altri attori. Sul progetto regna un’aura di segretezza. Gran parte delle imprese coinvolte, rifiuta di rivelare qualsivoglia informazione sui progetti, e i funzionari governativi preposti al progetto sembrano altrettanto riluttanti dal rilasciare informazioni. Informazioni sono giunte dalle associazioni locali, dalle chiese e dalle comunità indigene. Il risultato è un Atlante della palma da olio in Papua occidentale, che disegna un quadro inquietante della deforestazione in arrivo.
Un quadro quasi sconosciuto. «Con la scusa del conflitto col movimento indipendentista, il governo indonesiano ha reso quasi impossibile agli osservatori internazionali viaggiare in Papua occidentale, e questo ha fatto sì che l’opinione pubblica internazionale non è informata delle gravi minacce per l’ambiente», spiega il comunicato delle associazioni.
Mappe dettagliate organizzate per distretti, mostrano l’avanzata delle piantagioni di palma da olio nella regione. Nel 2005 c’erano appena cinque piantagioni operative, nel 2015 sono quadruplicate, e altre 20 hanno quasi completato la pratica di autorizzazione. Ma molti altri progetti hanno avviato le pratiche, e in pochi mesi potrebbero iniziare ad essere operativi. «Se verranno create tutte queste piantagioni, la palma da olio si estenderà su 2,6 milioni di ettari, la maggior parte dei quali è ora coperta da foresta tropicale», spiegano le associazioni.
I conglomerati con imprese della regione sono guidati da alcuni degli uomini più ricchi dell’Indonesia: Bachtiar Karim (Musim Mas), Sukanto Tanoto (Reale Golden Eagle), EkaTjipta Widjaja (Sinar Mas), Anthony Salim (Salim Group) e Peter Sondakh (Rajawali).
Altri importanti gruppi con sede in Malesia, Hong Kong, SriLanka: George Tahija, Austindo Nusantara Jaya, Medco di Arifin Pangioro, Lion, Noble e Carson Cumberbatch.
Bangladesh: il taglio illegale dilaga nelle foreste di Bandarban
Le foreste di Bandarban sono vittima di taglio illegale su vasta scala, una rete che coinvolge perfino i funzionari forestali preposti alla loro protezione. Tra il 1981 e il 2012, migliaia di ettari di terreni presso Bandarban Sadar, Ruma, Thanchi e Roangchhari sono stati rimboschiti. Ma il paesaggio appare ora deserto. I cartelli con la scritta «zona della foresta riservata», sono ancora lì, ma degli alberi, neppure l’ombra.
Neppure il Dipartimento Forestale del Bangladesh è in grado di fornire dati precisi quali terreni sono stati rimboschiti, e quali sono stati poi abbattuti. In questa mancanza di dati, il taglio illegale prospera. Secondo gli abitanti locali, il traffico di alberi abbattuti illegalmente fluisce con regolarità lungo le strade della zona, con la complice tolleranza delle autorità forestali locali, per andare a rifornire l’industria del mobile.
Una versione negata dalle autorità forestali di Bandarban Molla Rezaul Karim, che negano l’esistenza del taglio illegale, così come ogni connivenza delle autorità, insistendo sul fatto che le pattuglie delle guardie forestali sorvegliano intensivamente il territorio. Sarà che gli alberi si sono abbattuti da soli?
Brasile, torna la deforestazione
È ufficiale: secondo fonti governative, la deforestazione in Amazzonia è tornata ad aumentare, con un sensibile incremento rispetto all’anno scorso. L’Istituto per la ricerca spaziale (Inpe) ha pubblicato i nuovi dati sulla base di analisi satellitare, che la deforestazione è stata il 63 per cento più alta nel 2014, rispetto all’anno precedente. Secondo l’organizzazione ambientalista Imazon, la distruzione delle foreste è stata molto più alta se si prende in considerazione il taglio selettivo e gli effetti degli incendi: 161 per cento in più rispetto all’anno precedente.
A febbraio, il governo brasiliano ha mosso uno dei suoi maggiori passi nella lotta contro la deforestazione illegale: l’agenzia di applicazione ambientale Ibama, ha arrestato Ezequiel Antônio Castanha, il capo della banda che disbosca illegalmente e ha saccheggiato 15.000 ettari lungo l’autostrada BR-163 nello stato del Pará. In dieci anni il governo ha reagito per frenare il disboscamento illegale, ma la deforestazione non si è fermata.
In realtà, la deforestazione è sempre più un fenomeno legale. Il nuovo codice forestale, approvato dopo una lunga campagna della lobby agroalimentare, ora permette al contadino di distruggere e convertire in piantagione un più alto tasso di foresta. Il boom delle esportazioni reso possibile dal basso corso della valuta brasiliana, offre un ulteriore incentivo per cancellare le foreste per espandere le piantagioni, anche perché il taglio anche illegale per l’agricoltura non è più gravemente sanzionato. La corsa per la produzione di colture per l’esportazione sta ora restringendo la foresta amazzonica.