Dopo il colpo di mano del governo Renzi. Si tratta di esplosioni fortissime e continue, ogni 5 o dieci minuti, generate da un meccanismo ad aria compressa che serve a generare onde riflesse da cui ricavare dati sulla composizione dei fondali marini. È ormai accertato che queste esplosioni sono dannose alla vita animale perché possono causare anche lesioni agli organi interni degli organismi marini, e, nei pesci, danneggiare la «linea laterale» che è il loro delicato organo sensitivo distribuito per tutta la lunghezza del loro corpo
Il tanto decantato Ddl sui reati ambientali, in cui dopo decenni finalmente si sono poste regole e condanne per chi attenta all’ambiente, all’ultima ora, prima della sua pubblicazione ufficiale, è stato raggiunto da un intervento governativo che ne ha stralciato un passaggio importante, quello del divieto di usare in mare aperto la tecnica dell’air gun per la ricerca petrolifera. Di fatto l’air gun, stralciato dal Ddl, non è più considerato un reato ambientale. Per gli ambientalisti è stato un colpo di mano scorretto attuato dal Governo Renzi; scorretto perché attuato all’ultimo secondo, senza che qualcuno potesse opporsi.
Per Accademia Kronos ciò rappresenta ancora una volta la debolezza del nostro governo sui problemi ambientali reali di fronte alla grande forza politica ed economica che le multinazionali del petrolio sanno esercitare sui governi. Nel nostro caso, infatti, sono riuscite a convincere il governo Renzi a stralciare all’ultimo momento dal Ddl sui reati ambientali l’uso dell’Air Gun.
Ma cos’è l’air gun? È una tecnica di ispezione dei fondali marini, alla ricerca di eventuali sacche di gas o petrolio. Si tratta di esplosioni fortissime e continue, ogni 5 o dieci minuti, generate da un meccanismo ad aria compressa che serve a generare onde riflesse da cui ricavare dati sulla composizione dei fondali marini.
È ormai accertato che queste esplosioni sono dannose alla vita animale perché possono causare anche lesioni agli organi interni degli organismi marini, e, nei pesci, danneggiare la «linea laterale» che è il loro delicato organo sensitivo distribuito per tutta la lunghezza del loro corpo (i pesci non hanno «orecchie»). Interferire con questo organo è molto grave perché i pesci dipendono dalla «linea laterale» per orientarsi, per accoppiarsi e per relazionarsi con il mondo esterno.
Forse ancora più sensibili dei pesci ai forti rumori sottomarini sono i cetacei (delfini e balene), i quali possono subire danni permanenti all’udito e al loro sistema di orientamento che può poi portare al dramma degli spiaggiamenti.
Per alcuni dirigenti delle società di ricerca del petrolio queste preoccupazioni sono prive di fondamento: «le solite isterie degli ambientalisti…». Così hanno bollato le loro preoccupazioni. Ma di questo non sono d’accordo enti scientifici di valenza internazionale come, ad esempio, l’Ocean Mammal Institute,http://www.oceanmammalinst.org/aboutomi.html uno tra i più prestigiosi istituti di ricerca Usa che si occupa di rilevare ed analizzare gli effetti dell’attività umana sui mammiferi marini.
Questo istituto riporta che gli effetti dell’inquinamento acustico provocato dall’Air Gun, in moltissimi casi, hanno determinato conseguenze drammatiche sulla fauna acquatica analizzata, tra cui emorragie interne in balene e delfini dovute all’intensità dei suoni sprigionati durante le operazioni, interferenza con le comunicazioni dei mammiferi marini e perdita del senso dell’orientamento degli animali, che spesso ha portato allo spiaggiamento ed alla morte degli esemplari colpiti.
Ma a rispondere a questi «dotti» delle compagnie di ispezione marina che ritengono «sciocchezze» le preoccupazioni, rispondono, oltre agli istituti di ricerca scientifica, i pescatori siciliani i quali denunciano gli effetti devastanti sulla vita marina e sul settore della pesca causati dalla ricerca con air gun nelle acque internazionali prospicienti la Sicilia. L’Audax, una compagnia australiana, da quando ha ottenuto dal governo della Tunisia l’autorizzazione ad effettuare le ricerche nei pressi del Banco Avventura, tra Favignana e Pantelleria, secondo i pescatori la pesca è diminuita sensibilmente.
Ma l’esempio più eclatante sull’effetto delle esplosioni sottomarine sulla biodiversità oceanica è quello accaduto in Madagascar. Sulle spiagge a nord est di quest’isola nel maggio del 2008 iniziarono a spiaggiarsi decine e decine di grossi cetacei, fino a raggiungere il considerevole numero di circa 200 balene spiaggiate di cui 30 già morte. A 50 Km da queste spiagge era presente la Exxon – Mobil che stava effettuando ispezioni sismiche con la tecnica dell’air gun.
Dinanzi a questo disastro i responsabili delle prospezioni esplosive dichiararono alla stampa internazionale che non potevano essere stati loro a causare questa strage, ma un misterioso virus. Ma i biologi marini che corsero a verificare gli spiaggiamenti notarono che in molte balene morte erano evidenti tracce di emorragie all’interno e all’esterno dei loro organi uditivi. Ciò non potevano essere i virus ad averle provocate, ma sicuramente forti e insopportabili rumori capaci di causare gravi danni celebrali ai mammiferi marini. Sta di fatto che la Exxon, pur continuando a sostenere la sua estraneità alla strage di balene, cessò immediatamente tutte le operazioni di air gun e si allontanò definitivamente da quella zona di ricerca sottomarina.
Ora, visto che effettuare esplosioni sottomarine per il nostro governo non è più un reato, alcune compagnie di ricerca idrocarburi sottomarini, si avviano a fare un sondaggio capillare a largo delle coste adriatiche che vanno dall’Abruzzo alla Puglia, per poi iniziare la seconda fase tra la Toscana, la Liguria, la Corsica e la Sardegna settentrionale, in questo caso proprio dentro il Santuario del Cetacei.
Per questo motivo Accademia Kronos ha fatto una richiesta ufficiale e urgente di incontro con il ministro dell’Ambiente Galletti per capire meglio perché il reato ambientale nell’uso dell’air gun in mare è stato tolto dal Ddl e, nel contempo, ripristinarlo. All’incontro l’Associazione farà inoltre notare che probabilmente c’è un grande numero di italiani che ritiene più utile avere un mare più sano e pulito piuttosto che qualche pozzo di petrolio (probabilmente anche di scarsa resa) che potrebbe danneggiare gravemente il turismo, le economie e la qualità della vita dei residenti della fascia costiera.