Le nostre pinete in pericolo

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Il M. feytaudi è originario delle regioni atlantiche dell’areale naturale del pino marittimo (Francia, Spagna, Portogallo, Marocco) nelle quali l’insetto non reca alcun danno. A partire però dal 1950, l’introduzione della cocciniglia nella Francia di Sud-Est e poi, in seguito, in Liguria fino alla Toscana e alla Corsica, ha trovato invece in queste regioni condizioni climatico-ambientali ottimali per l’avvio di una fase epidemica del fitomizo rivelatasi assai distruttiva per il pinastro

E dopo il «Punteruolo rosso» e la «Xylella fastidiosa», è la volta di un nuovo invasore. Pochissimi avranno sentito parlare del «Matsucoccus feytaudi», meglio noto come il vampiro dei pini marittimi (Pinus pinaster), insetto troppo spesso sottovalutato per l’impatto sul verde che può arrecare che ha di contro effetti devastanti nei confronti delle piante presenti su vaste aree del Mediterraneo. Il M. feytaudi è una cocciniglia, appartenente a un gruppo di insetti fitomizi o succhiatori di linfa vegetale, che vive esclusivamente sul pino marittimo dislocandosi nella parte viva della corteccia da cui succhia la linfa elaborata.
Il M. feytaudi è originario delle regioni atlantiche dell’areale naturale del pino marittimo (Francia, Spagna, Portogallo, Marocco) nelle quali l’insetto non reca alcun danno. A partire però dal 1950, l’introduzione della cocciniglia nella Francia di Sud-Est e poi, in seguito, in Liguria fino alla Toscana e alla Corsica, ha trovato invece in queste regioni condizioni climatico-ambientali ottimali per l’avvio di una fase epidemica del fitomizo rivelatasi assai distruttiva per il pinastro.
L’insetto ha già distrutto migliaia di alberi di pino nel nord Italia, infestando in Toscana 216 ettari, che comprendono anche il parco di San Rossore, mettendo a rischio 10mila pini facendo calare la produzione di pinoli del 70%, con 40 aziende in crisi. Nella città medievale di Grosseto nel sud della Toscana, le autorità hanno selezionato 900 pini che devono essere abbattuti per fermare la diffusione degli insetti. Tra gli alberi ci sono i cembri i cui semi, i pinoli, sono raccolti e utilizzati per confezionare il pesto. L’insetto distrugge gli alberi succhiando le gemme del pinolo, causando il loro avvizzimento e andando ad indebolire l’albero fino a farlo cadere.
I sintomi, rilevabili a distanza, sono costituiti da arrossamenti a chiazze delle chiome a partire dalla base verso la cima e fino al totale disseccamento. Quelli invece rilevabili con un esame ravvicinato consistono nella presenza di un’intensa e diffusa resinazione lungo i tronchi che si accompagna, sollevando squame corticali, alla visione di minuscole cisti nerastre tondeggianti disposte in serie.
Gli interventi di difesa possibili risultano essere interventi selvicolturali che vanno da interventi preventivi, nelle pinete non ancora infestate, consistenti in diradamenti atti a favorire i soggetti migliori con l’eliminazione delle piante deboli sino a interventi di rimozione consistenti nell’asportazione del materiale secco per ridurre il pericolo del fuoco e per favorire la rinnovazione anche del pino marittimo.
Oltre agli interventi selvicolturali sono applicabili interventi biotecnologici con il monitoraggio delle popolazioni di insetti con trappole e l’individuazione di biotipi di P. pinaster «resistenti» alla cocciniglia da impiegare per la ricostituzione delle pinete distrutte.
Insomma un nuovo attacco al made in Italy dal quale dobbiamo difenderci mettendo in campo le migliori tecniche di monitoraggio e salvaguardia del territorio a tutela delle nostre peculiari colture.