La Croazia, l’Italia e gli altri paesi dell’Adriatico, giustificano le estrazioni in Adriatico con esigenze economiche risultando assolutamente miopi e anacronistiche nelle scelte. La quantità prevista di idrocarburi da estrarre sarebbe, infatti, così marginale che contribuirebbe molto poco all’indipendenza economica ed energetica dalle grandi nazioni esportatrici
Ci sono 29 macro aree, per un totale di 36.823 kmq, interesse delle compagnie petrolifere nel Mare Adriatico croato, oltre alle 9 piattaforme per il gas esistente e dove già si procede con le estrazioni. Sul versante italiano, le zone destinate all’esplorazione di idrocarburi sono 12.000 kmq, con 6 piattaforme petrolifere già attive. Nella parte italiana dell’Alto Adriatico ci sono 39 autorizzazioni per l’estrazione del gas, che forniscono il 70% del metano italiano.
Questa è la situazione esistente, una condizione che quotidianamente mette in pericolo il nostro mare e tutta la vita che attorno ad esso si manifesta.
La Croazia, l’Italia e gli altri paesi dell’Adriatico, giustificano queste azioni con esigenze economiche risultando assolutamente miopi e anacronistiche nelle scelte. La quantità prevista di idrocarburi da estrarre sarebbe, infatti, così marginale che contribuirebbe molto poco all’indipendenza economica ed energetica dalle grandi nazioni esportatrici.
La maggior parte dei benefici di reddito sarebbero a carico di poche società private, mentre eventuali danni sarebbero a carico delle comunità colpite e sappiamo bene come sia assolutamente pericoloso ogni tipo di lavorazione in un «mare chiuso» come l’Adriatico che per le sue caratteristiche morfologiche è un ambiente molto fragile.
Inoltre, il tema della sicurezza nelle attività di estrazione è regolata dalla direttiva (direttiva 2013/30/UE), che richiede condizioni di estrema sicurezza ambientale durante le operazioni in mare nel settore degli idrocarburi.
Importante è anche la direttiva quadro sulla strategia marina (direttiva 2008/56/CE), che prescrive, tra l’altro, l’obiettivo di conseguire un buono stato ecologico dei mari entro il 2020, e la valutazione dell’impatto di tutte le attività al fine di garantire un approccio integrato alla sostenibilità dell’ecosistema marino.
Ed è per difendere l’Adriatico che nasce No Oil – Stop Seadrilling un percorso internazionale e condiviso per la difesa di questo bene primario. Un percorso che dovrà continuare, rafforzarsi ed ampliare la battaglia comune contro le trivellazioni in tutto il Mediterraneo.
Per riuscirci è importante continuare a promuovere la petizione lanciata insieme ad Avaaz, per raggiungere il risultato delle 10.000 firme.
Per maggiori informazioni.
Per difendere il nostro mare dalle trivellazioni e per chiedere a gran voce un futuro fatto di sviluppo ambientale per quelle che sono le vocazioni dei singoli territori (e per l’Adriatico consistenti soprattutto in pesca e turismo), di energia pulita e rinnovabile lontana dai combustibili fossile e questo per un mondo più giusto e sostenibile.