«Oggi, non sono necessarie particolari analisi per renderci conto delle inconcludenti prospettive future offerte dalle attuali compulsive soddisfazioni consumistiche che hanno preso il sopravvento sulle attese del nostro più recente passato. Di fatto siamo stati ridotti nella condizione di sudditi impotenti di un prepotente sistema neofeudale»
Mi hanno sempre incuriosito gli archeologi che da un graffio nel muro di una caverna o da un pezzettino di osso traggono ambientazioni e storie affascinanti dei nostri predecessori. Oppure i naturalisti che da un ramo spezzato, da come è stato morso un frutto, da un ciuffo di peli attaccato ad un cespuglio, sanno dire che tipo di animale è passato o vive in quella zona.
Segni e tracce che «parlano» a pochi con un linguaggio sconosciuto ai più non soltanto perché ignoranti ma soprattutto perché hanno perso quella capacità cognitiva di leggere nell’ambiente e nei segni lasciati dall’uomo, un linguaggio una volta familiare e unificante di intere culture e civiltà. Basti pensare al segno della spirale, presente in ogni continente.
Walter Salvatore Napoli, chimico tossicologo e analista ambientale, e nostro collaboratore, nel suo ultimo lavoro, «Segni e contesti. Fra diversità e alterazioni», riflette sul silenzioso linguaggio dei segni, quello che dicono, le loro relazioni con tracce e comportamenti, con l’aiuto di suoi disegni (67) che sono anche quadri di corpose dimensioni.
Si tratta di figure per lo più geometriche, di stile informale, dai colori vivaci e da simboli personali che a volte ricordano quei ghirigori che facciamo seguendo un conferenziere, altre volte una trasfigurazione della realtà, altre un semplice gioco di accostamento di colori che vuole ripetere la natura.
Mentre il periodare di Napoli si addentra nel tentativo di spiegare e comunicare dettagliatamente il suo pensiero, anche lui gioca con l’indecifrabilità dei segni, non sappiamo quanto consapevolmente, perché la firma nei suoi lavori è sempre differente da un quadro all’altro, come una traccia mnemonica solo a lui chiara.
Ma il messaggio del nostro Autore travalica di molto questa che può essere una vezzosità. Il suo è un vero atto di accusa contro la società che sta perdendo e fa di tutto per perdere antichi valori che hanno costituito l’ossatura della nostra civiltà.
«Oggi, non sono necessarie particolari analisi per renderci conto delle inconcludenti prospettive future offerte dalle attuali compulsive soddisfazioni consumistiche che hanno preso il sopravvento sulle attese del nostro più recente passato. Di fatto siamo stati ridotti nella condizione di sudditi impotenti di un prepotente sistema neofeudale. Un sistema tirannico ma anche tecnologicamente avanzato, che, in nome della libertà del fare le cose, pur avendo lasciato invariate le forme di una società moderna (democrazia, cittadinanza, leggi, diritti,…), ne ha modificato, del tutto, l’anima e gli equilibri dinamici che la rendevano vitale ed essenziale nell’economia dei processi naturali».
Però, nonostante sembri che il nostro negativo futuro sia tracciato, Napoli suggerisce la via della riscoperta del linguaggio segreto dei segni, di quel complesso della cultura intima e appartenente a tutti gli uomini.
«Il piacere delle relazioni, con i segni e le diversità dei nostri contesti di vita […], può anche diventare l’inizio di un libero e costruttivo percorso di ricerca e scoperta del senso delle cose e di un’identità che risponda alle pur limitate […] capacità intellettive, concettuali e pragmatiche, della condizione umana».
Un recupero da fare al più presto se vogliamo riappropriarci della nostra libertà. Perché troppi segni restano non spiegati e troppi segni vengono alterati da un fiume di parole spesso inutili. Infatti «dobbiamo prendere atto che, pur mediando con le parole ogni realtà, viene a mancare alla nostra esperienza tutta la ricchezza e la specificità delle relazioni con gli altri segni».
Napoli non si stanca di affrontare da vari approcci la problematicità dei segni che ci circondano, indicando percorsi e segnalando soluzioni. Tutto per evitare l’incombente pericolo della nostra definitiva disfatta che si chiama egoismo, e scrive, sotto un quadro che sembra rappresentare un’antica e misteriosa serratura: «Rincorrendo certezze assolute (introvabili nel divenire continuo delle cose di questo nostro mondo) al sopraggiungere dei problemi, rimaniamo in attesa. Non riconosciamo il senso e la portata dei segni della Natura. Non spendiamo conoscenze ed esperienze, in sintonia con i processi naturali. Avanza il disgregante utilitarismo terminale delle scelte individuali».
Inserisce un aspetto, una cifra della nostra natura che in questo periodo storico ci interpella e ci mette alla prova: la diversità. Non che noi non ce ne rendiamo conto e non ne sappiamo il valore «anche se sappiamo interpretare i fenomeni naturali e verificare il ruolo essenziale, della diversità, nel garantire continuità agli equilibri vitali, non ne valutiamo, poi, il senso nel momento delle scelte».
La diversità, è bene che lo comprendiamo, è la chiave del nostro futuro perché «nelle relazioni e nella diversità che le anima, troviamo il senso umano del vivere, i fini ultimi riconoscibili della nostra storia, i virtuosi segni di una nostra capacità riflessiva…». Perché, bisogna tenere sempre presente che «la società umana è il soggetto del progresso» e il pericolo veramente incombente è che questo soggetto sembra oggi disgregarsi «in individui trasformati in oggetti dei meccanismi di espansione dei mercati globali dei consumi».
È da questo che dobbiamo difenderci ridiventando capaci di interpretare i segni, i segnali e le tracce che sono ovunque.
Segni e contesti. Fra diversità e alterazioni
Walter Salvatore Napoli
ilmiolibro.it
Pag. 125, € 23