Rivivono gli ulivi del Salento… e ora?

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Una brutta pagina da approfondire. Evitato un intervento massiccio di fitofarmaci ed una eradicazione di massa. Ed ora la Regione Puglia deve d’urgenza fermare i 2 milioni di euro stanziati ai consorzi di bonifica, nel quadro della quarantena, per il biocidio della flora dei canali, che son i rivi, i fiumi di Puglia, dove vi è il rischio non solo del taglio meccanico dei canneti, che rinascono, ma anche dell’uso della chimica. La biodiversità va aumentata non diminuita

La vicenda del Salento e dei suoi meravigliosi uliveti condannati a morte senza appello, nel nome di una insulsa Batteriofita, la Xylella fastidiosa, promossa a «serial killer» e proclamata «Biblica Calamità», ci propina l’ennesimo caso italiano di «analfabetismo ecologico».
Con fretta degna della corsa ai rifugi antinucleari, e con dispiego di mezzi imponenti come in caso di invasione dei marziani, i gransapienti del momento avevano imposto il «codice rosso» e la necessità di radere al suolo l’agro-foresta più preziosa e spettacolare del Mezzogiorno. Con complicità e silenzi insospettati, acquiescenza e subordinazione di pavide istituzioni, argomenti terroristici dilaganti, ma ridicoli e facilmente smontabili, di cui i vecchi coltivatori, i giovani naturalisti e le genti legate alla terra avevano subito diffidato. Infatti non c’era alcuna valida ragione per il massacro, e i maestosi Ulivi ultra secolari lasciati in pace stanno ora risorgendo.

Speculazioni parassitarie

Quali reconditi interessi spingevano al massacro? Si trattava soltanto di ignoranza catastrofica, oppure sotto agli allarmi diffusi senza sosta covavano produzione di letali pesticidi, avidità di biomasse, e cupidigia di cementificazione d’un altro buon pezzo d’Italia? Qualcuno dei protagonisti di questa ignobile farsa narrerà un giorno le sordide trame, le deprecabilissime colpe e le vergognose intenzioni?
Per gli osservatori distratti e smemorati, ricorderemo che questo non è certo il primo caso di «speculazione parassitaria». Sembra gioco di parole, ma non lo è. Infatti così definiamo da tempo lo sfruttamento, per interessi inconfessabili, di qualcuna delle «parassitosi» che possono affliggere, di tanto in tanto, boschi e foreste, arboreti e coltivazioni arboree, viali e vegetazione riparia. Malattie cicliche e temporanee, che si possono studiare, contrastare e mitigare, causate non dai parassiti secondari (che sono sempre esistiti, e rappresentano piuttosto un campanello d’allarme), ma da ben altri fattori di sofferenza e «stress». Può trattarsi di emungimento, abbassamento o inquinamento della falda idrica, di introgressione della falda di acqua salata, di inquinamento atmosferico o polveri sottili, di compattazione del suolo e danni all’apparato radicale, di importazione di nuovi insetti fitoxilofagi oppure di funghi dannosi, e di disfacimento dell’ecosistema, aggravato da imprevedibili mutamenti climatici. È avvenuto a Castagni e Olmi, Cipressi e Lecci, Platani e Pini… Con gran tripudio dei tagliatori in attesa, pronti a scattare nei giardini e nei parchi, nei viali e nelle piazze cittadine (spesso operando a sorpresa all’alba, l’attestato del fitopatologo di turno sarà sempre disponibile!), in gioiosa alleanza tra uffici competenti, ditte appaltatrici e destinatari del legname ricavato.
Ma non occorre essere scienziati geniali per capire che la cura di questi squilibri non sta nel taglio a raso o nell’espianto: sarebbe come se, per curare gli ammalati ricoverati nelle cliniche e negli ospedali, decidessimo di ucciderli, bruciarli e seppellirli. Eppure è quello che, in molti casi, sta avvenendo anche oggi con i nostri alberi, malati o sani che siano: l’ultimo olocausto risale ai mesi scorsi, ed è stato perpetrato, con i più vari pretesti, nelle magnifiche Pinete Maremmane. Eliminando così anche i Pini marittimi e domestici più resistenti, portatori di quel patrimonio genetico e di quella vitalità da cui avrebbe potuto rinascere in breve tempo il bosco, con tutto il suo corteggio di macchia mediterranea di flora e di fauna.
Chi voglia approfondire, consulti l’ottimo documento del Forum Ambiente Salute che qui viene riproposto. C’è da augurarsi che i promotori di questo caso esemplare di «analfabetismo ecologico» facciano macchina indietro e corrano a nascondersi. Ma nessuno potrà impedire la loro candidatura più che meritata al prossimo prestigiosissimo «Premio (Ig)Nobel».

La rivincita degli ulivi

Chi si è recato nei giorni scorsi nelle aree «rosse» quelle maggiormente colpite dal fenomeno dell’essiccazione degli ulivi, vi ha trovato alberi in pieno vigore rigenerativo. Tutto questo in uliveti abbandonati, che non hanno subito nessun intervento «curativo», ed è tutto un tripudio di germogli e di nuova vegetazione!
L’area interessata comprende dagli 8.000 ai 10.000 ettari, e sarebbero fino a 600.000 gli alberi d’olivo che rischiano l’eradicazione. Numeri biblici, per uno scenario di devastazione da film di fantascienza! Pesticidi e diserbanti chimici da usare con la scusa di eliminare tutti i «serbatoi di inoculazione» (si parlava, persino, di irrorazione dall’alto con l’uso degli aerei), e squadre, financo, di militari, lanciafiamme contro erbe e muschio, ed eradicazioni!
Si è parlato, non a caso, con preoccupazione e rabbia da parte dei cittadini, di «shoah degli ulivi», e di «olocausto chimico del Salento», e in tanti hanno perso il sonno per via degli incubi di tutto questo assurdo scenario da guerra contro tutto ciò che vuol dire Salento!
Il brutto gioco messo in piedi ad arte, e che oggi crolla rovinosamente, è ormai fin troppo palese. Dopo esser stati chiamati ad intervenire per studiare la particolare sintomatologia del disseccamento di alcuni rami degli ulivi (chiamati anche da alcuni nostri attivisti, cittadini sensibili all’ambiente), dei tecnici preposti giunti sui luoghi vi trovano sugli alberi diversi patogeni, insetti e muffe, ma anche poi un batterio, di questo i primi studi ben dimostrano essere non patogeno per alcuna coltura e, addirittura, un batterio che esperimenti pubblicati, inoculato nell’ulivo, non ha dato mai sintomatologie patogene. «Si dà il caso che le indicazioni molecolari acquisite a Bari forniscano buoni motivi per ritenere che il ceppo salentino di Xylella fastidiosa appartenga ad una sottospecie (o genotipo) che non infetta né la vite né gli agrumi, e che esperienze statunitensi (California) indicano come dotato di scarsa patogenicità per l’olivo» (articolo pubblicato il 30 ottobre 2013 sul sito della Accademia dei Georgofili, per l’approfondimento sul caso degli olivi salentini).
Per cui, dai tecnici locali, si è presentato tale batterio, qui nel Salento, come concausa della sintomatologia degli ulivi; sintomatologia bollata subito come «terribile contaminante epidemia senza alcuna speranza»; finché, poi, nelle uscite sui media più nazionali, dai medesimi tecnici, il batterio trovato è stato presentato come il principale imputato responsabile, il «batterio killer»! E così, è stato anche presentato da tutti gli enti sciacallo, e politicanti, accorsi sulla scena come avvoltoi per banchettare del Salento e sui possibili lauti fondi europei, nazionali e regionali così ottenibili.
Per di più l’innocuo batterio potrebbe essere persino endemico ed endofito, come anche ipotizzato da alcuni stimati docenti universitari locali, ovvero presente ovunque e da sempre nel Salento in maniera del tutto asintomatica. Eppure, senza una diagnosi alcuna, o con una traballante diagnosi, vacillante e scarna, contestata anche pubblicamente da locali ricercatori universitari, si voleva procedere, o meglio, imporre con sanzioni e coercizioni, una «terapia finale» sugli ulivi salentini.
Li abbiamo chiamati per osservare, analizzare e curare una sintomatologia particolare e poco nota degli ulivi, al fine di un’estate siccitosa, e di una prolungata estate dal punto di vista termico, fenomeno naturale possibile, che ha portato anche quest’anno, eccezionalmente, ad anticipate fioriture autunnali di tantissimi alberi nel Salento, e questi non solo non studiavano e curavano un bel nulla, ma si dedicavano a promuovere l’eradicazione del presunto paziente e di ogni possibilità di sua rigenerazione, avvelenando e cancellando tutto il vivente!

Campagne di terrorismo

Da troppo tempo, ormai, stiamo assistendo a vergognose e continue campagne di terrorismo speculativo sui naturalissimi parassiti delle piante, non ultima quella sui nostri lecci, in cui strani tecnici e politicanti, gridano al disastro, e mica per curare, ma solo per avere fondi pubblici per estirpare le piante, o potarle a morte, e per spandere tonnellate di prodotti chimici nocivi di ogni genere!
Le parassitosi sono fenomeni naturalissimi e transitori, e al più effetti di squilibri in cui intervenire ricostruendo gli ecosistemi, ripiantando di più, anche proprio le piante colpite, e favorendo così anche il ritorno dei predatori naturali, quanto più autoctoni possibile, dei parassiti, per ripristinare equilibri alterati a volte dallo stesso uomo; ricreando gli habitat degli insetti insettivori, le macchie ripariali e dei «sipali», le stesse che oggi si vorrebbero cancellare nel Salento, in preda alla follia più cupa; non, dunque, cancellando parassiti, piante parassitate o semi-parassitati, e gli eventuali insetti vettori, cancellando ogni insetto ed il loro ecosistema, come nel parossismo intollerabile raggiuntosi con il «mal affaire Xylella» ora in Puglia!
Dobbiamo, invece, aumentare non diminuire la biodiversità!
In Puglia ora, sul «mal affaire Xylella» pendono pesanti gli spettri della speculazione del mercato delle biomasse, delle multinazionali della agro-chimica industriale, persino, degli Ogm per produzione di biocarburanti, come quelli di mille speculazioni consuma suolo.
Tutto quanto scoperto e diffuso in rete dai cittadini in pochi giorni, è impressionate. I legami di accordi e convegni di diversi enti ed associazioni di categorie, scese in scena in questi giorni, con le ditte delle industrie che speculano sulle biomasse; il finanziamento delle ricerche di università d’oltre oceano, oggi coinvolte nella questione Xylella in Puglia, da parte di multinazionali della agrochimica e degli Ogm, il progetto Alellyx (che è impressionantemente l’anagramma del nome Xylella, con cui in Paesi poveri i colossi mondiali delle multinazionali degli Ogm e dei brevetti sulle sementi, sono entrate a egemonizzare le economie dei paesi del sud America, utilizzando la Xylella, come cavallo di Troia, per imporre varietà brevettate, presentate come ad essa resistenti, al posto della tradizione agricola delle locali genti per la produzione in prevalenza di bioetanolo); ecc.
Ora, di fronte agli olivi che risorgono più onorevole sarebbe un «scusate ci siamo sbagliati!», invece crediamo sia anche possibile assistere ancora a disonorevoli arrampicate falso-scientifiche ed illogiche sugli specchi! Questa segnalazione poi degli olivi che risorgono doveva venire data con giubilo da quegli stessi tecnici, ma invece nulla, e come sempre devono essere giornalisti attenti e cittadini a colmare queste preoccupantissime mancanze!
Sia questa l’occasione per fare rinascere nel segno della salubrità il paesaggio pugliese, all’insegna delle pratiche virtuose e dei principi raccolti nel «Manifesto per l’urgente riconoscimento del vasto ecosistema dell’uliveto quale Agro-Foresta degli ulivi di Puglia!».
La Regione Puglia deve d’urgenza fermare i 2 milioni di euro stanziati ai consorzi di bonifica, nel quadro della quarantena, per il biocidio della flora dei canali, che son i rivi, i fiumi di Puglia, dove vi è il rischio non solo del taglio meccanico dei canneti, che rinascono, ma anche dell’uso della chimica ad avvelenamento immorale di suoli, aria, e acqua, intollerabile, e il serio rischio di taglio eradicativo degli alberi ripariali, protetti, che con le loro radici trattengono gli argini terrosi degli stessi rivi.
Quei soldi siano ridestinati a opere di rimboschimenti con piante autoctone naturali «No Ogm», magari da far eseguire a enti pubblici (eventualmente anche gli stessi) e privati! Come agli orti botanici universitari, e alla Forestale! Più alberi sui canali, non l’eradicazione degli esistenti che finirebbero come biomassa chissà dove, spacciati anche come lucroso rifiuto che non sono!
Il vero problema principale e precedente da risolvere è l’uso della chimica nell’olivicoltura che va risolto imponendo la conduzione dell’oliveto all’insegna delle filosofie del biologico e delle buone pratiche agricole. E oggi, invece, si voleva persino aggiungere chimica a chimica (quando una delle potenziali cause che può rendere un agente da endofito e innocuo a patogeno è proprio lo stress chimico!).
Il danno di immagine all’economia salentina creato da questi irresponsabili nel «mal affaire Xylella» è immenso e inquantificabile, ma è l’ultimo dei problemi oggi, e siamo certi sarà risolto in breve tempo, ora che la stessa Natura, come sempre, dopo le copiose piogge autunnali, ha smascherato il piano di ecatombe biocida, che taluni stavano portando avanti, progettando di fare di 10.000 ettari di Salento, e forse oltre, letteralmente «tabula rasa»!

 

Franco Tassi, Centro parchi internazionale