Ma l’acqua è un bene comune?

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acqua brocca
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La questione del diritto umano all’acqua, in Puglia, non risulta né rispettato e né garantito e quello che doveva essere un punto di svolta nella gestione del servizio, stiamo parlando del referendum del 12 e 13 Giugno 2011, si è tradotto in un nulla di fatto andando a far registrare, al contrario, diversi campanelli d’allarme. Molti gli interrogativi sulla qualità dell’acqua proveniente da Pertusillo

Il Comitato pugliese «Acqua Bene Comune» ha inviato il 30 luglio 2015 al Presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, la richiesta di convocazione immediata di un consiglio monotematico sulla situazione del servizio idrico integrato presente in regione e questo al fine di garantire il diritto umano all’acqua e il rispetto della volontà popolare espressa dall’esito referendario del 2011 e della Carta Costituzionale che attribuisce la sovranità al popolo.
La questione del diritto umano all’acqua, in Puglia, non risulta né rispettato e né garantito e quello che doveva essere un punto di svolta nella gestione del servizio, stiamo parlando del referendum del 12 e 13 Giugno 2011, si è tradotto in un nulla di fatto andando a far registrare, al contrario, diversi campanelli d’allarme che si muovono dalla gestione privatistica e non democratica dell’Acquedotto Pugliese (Aqp) SpA alle partnership con aziende private, dalle diverse divergenze legislative regionali, nazionali ed europee che contrastano significativamente con la logica dei beni comuni a un sistema fatto di ombre e non di trasparenza nella gestione di questo bene comune.
Molti gli elementi che, negli anni, hanno esasperato una situazione già di per sé estremamente vulnerabile.
Ricordiamo, ad esempio, come l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (Aeeg) abbia rimodulato il metodo tariffario reinserendo il profitto (cancellato con il referendum del 12-13 giugno dello stesso anno) sotto altra voce o ancora come l’Aqp non abbia mai introdotto la tariffazione che escludesse la «remunerazione del capitale investito» e non abbia mai restituito tale guadagno, illegale, ai cittadini.
Risulta anche poco chiara la questione relativa alla qualità dell’acqua proveniente dall’invaso del Pertusillo che, per ammissione della stessa Agenzia per la protezione ambientale (Arpa) della Basilicata, è soggetto ad una pressione antropica che mette a rischio il delicato equilibrio chimico ed ecologico.
Inoltre si riscontra, nel segmento del sistema idrico integrato, una gestione non trasparente e non indirizzata all’uso ottimale della risorsa acqua e questo con il verificarsi di sprechi, come le acque utilizzate in agricoltura sversate in mare e non riutilizzate con processi di affinamento, dettati da scelte di natura «aziendalistica» e antisociale.
Il tutto in un contesto nazionale ed europeo estremamente rischioso.
Ricordiamo, a tal proposito, il Decreto Legge n. 133 del 12 settembre 2014 («Sblocca Italia») che si profila di impartire un’ulteriore accelerazione sulle privatizzazioni dei servizi pubblici o il Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), ovvero il negoziato tra Unione europea e Stati Uniti finalizzato alla creazione di un mercato unico transatlantico attraverso l’abolizione delle barriere tariffarie e non tariffarie che, se approvato, eluderebbe, fra l’altro, ogni principio di democraticità e di gestione pubblica dei servizi.
Un argomento complesso che vede comunque degli spiragli di luce registrando numerosi casi di ripubblicizzazione in tutta Europa. La ripubblicizzazione del servizio idrico integrato della città di Parigi o, per tornare in casa, della città di Napoli e del Comune di Saracena (Cosenza).
In definitiva, casi che risultano la prova provata che anche in Italia, nonostante tutto, è tecnicamente e giuridicamente possibile ripubblicizzare se c’è la volontà politica di farlo.