Rifiuti, l’Italia non legifera e paga multe…

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La direttiva relativa ai rifiuti ha l’obiettivo di proteggere la salute umana e l’ambiente e gli Stati membri in questo hanno il compito di assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti, nonché di limitare la loro produzione, in particolare promuovendo tecnologie pulite e prodotti riciclabili e riutilizzabili

A causa dell’inesatta applicazione della direttiva rifiuti in Campania, l’Italia è condannata a pagare una somma forfettaria di € 20 milioni ed una penalità di € 120.000 per ciascun giorno di ritardo.
Questo quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza C-653/13 del 16/07/2015.
E l’Italia non è certo la prima volta che viene bacchettata dall’Europa per inadempienze in tema ambientale, la Corte di giustizia aveva già constatato una prima volta l’inadempimento dell’Italia in una sentenza del 2010.
La direttiva relativa ai rifiuti ha l’obiettivo di proteggere la salute umana e l’ambiente e gli Stati membri in questo hanno il compito di assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti, nonché di limitare la loro produzione, in particolare promuovendo tecnologie pulite e prodotti riciclabili e riutilizzabili.
Necessario per un’adeguata gestione dei rifiuti è il monitorare che sia presente sul territorio una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che consenta all’Unione nel suo insieme e ai singoli Stati membri di garantire lo smaltimento dei rifiuti.
L’Italia ha trasposto la direttiva rifiuti nel 2006 e, per quanto riguarda nello specifico la regione Campania, una legge regionale ha definito 18 zone territoriali omogenee in cui si doveva procedere alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti nei rispettivi bacini.
Ma sappiamo bene che la situazione in Campania non è stata mai semplice.
Già nel 2007, in seguito ad uno stato di crisi nello smaltimento dei rifiuti, la Commissione propose un ricorso per inadempimento contro l’Italia, imputandole la mancata creazione, in quella regione, di una rete integrata ed adeguata di impianti atta a garantire l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti sulla base del criterio della prossimità geografica.
Con la sentenza, poi, del 4 marzo 2010, la Corte constatò che l’Italia, non avendo adottato, per la regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento, era venuta meno agli obblighi normativi ad essa incombenti.
Ed ora arriva la seconda sentenza della Corte nella quale si accusa l’Italia di non aver garantito un’attuazione corretta della prima sentenza anche a seguito di numerose segnalazioni avvenute negli anni.
Una situazione, quella presente in Campania, che sembra non trovare una soluzione.
E ai problemi giornalieri di raccolta dei rifiuti tristemente noti con accumuli di tonnellate di rifiuti nelle strade di Napoli e di altre città della regione è da aggiungere la grande quantità di rifiuti storici (sei milioni di tonnellate di ecoballe), che aspetta ancora di essere smaltita.
Allo stesso modo, persistono carenze strutturali in termini di impianti di smaltimento dei rifiuti, aventi la capacità necessaria per il trattamento dei rifiuti urbani prodotti nella regione Campania.
L’Italia continua a pagare per l’inadeguatezza di trovare delle risposte che permetterebbero, in primis, di garantire la salute della popolazione e del territorio coinvolto con garanzie di maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione dell’illegalità.