A rischio il Bosco di Sant’Antonio a Pescocostanzo

1997
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Il particolare pregio naturalistico dell’area è stato messo in seria discussione da una sentenza del 12 febbraio 2015, nella quale il Commissario Regionale agli usi civici ha dichiarato nulli i vincoli del Parco considerandoli illegittimi e mettendo in dubbio il Piano del Parco

Preoccupazione da parte delle associazioni ecologiste abruzzesi Coordinamento nazionale alberi e paesaggio Onlus, Wwf Abruzzo, Pro Natura Abruzzo, Fai Abruzzo, Lipu Abruzzo, Italia Nostra Pescara, in merito alla richiesta di «sprotezione» del Bosco di Sant’Antonio di Pescocostanzo, a scopo pascolo e taglio degli alberi. Si tratta di un’area di protezione integrale ricadente nel Parco nazionale della Majella, istituita nel 1986 per proteggere una delle faggete più belle e più famose dell’Appennino.
Il Bosco, con i suoi 17 ettari, è da sempre un paradiso apprezzato da botanici, escursionisti, viaggiatori e turisti. Il particolare pregio naturalistico dell’area, purtroppo, è stato messo in seria discussione da una sentenza del 12 febbraio 2015, nella quale il Commissario Regionale agli usi civici ha dichiarato nulli i vincoli del Parco considerandoli illegittimi e mettendo in dubbio il Piano del Parco. Anche l’immobilismo del Parco è stato determinante per il conflitto istituzionale: non presentandosi in sede di giudizio, è stato condannato anche alle spese processuali. La sentenza crea conflitti con altri organi giudiziari sovra ordinari: statali ed europei, che invece si sono già espressi positivamente sulle norme di tutela in essere.
Spiegano le associazioni che si è trattato di un attacco contro una coraggiosa politica di conservazione della natura che non piace alle lobby e alle compagnie degli speculatori che vogliono trasformare il bosco in un’area di sfruttamento intensivo con il rischio di urbanizzare e cementificare definitivamente l’area. Si ripropone anche la discutibile pratica della capitozzatura degli alberi, divenuti monumenti naturali; una pratica colturale ormai superata che andrebbe ad uccidere o rovinare per sempre gli esemplari arborei, generando gravi danni all’immagine del bosco. In realtà, le bizzarre forme di alcuni faggi «a candelabro» presenti nel bosco di Sant’Antonio sono il frutto di quasi un secolo di mancate capitozze, altrimenti quegli alberi avrebbero avuto le aberranti forme degli esemplari che comunemente vediamo mutilati nei centri abitati e lungo le strade. Capitozze che hanno minato la vita di quegli esemplari e causato marciumi. L’area in origine era un bosco difeso dal taglio (Bosco Difesa), poi divenuto pascolo e tagliato, non essendovi più boschi sufficienti. Il bosco che oggi vediamo è quindi il risultato delle antiche vestigia originali, quelle del bosco sacro e inviolabile, alle quali si sono sommate successivamente le tracce degli antichi usi e distruzioni che rimarranno per sempre (paesaggio fossile), per poi ri-naturalizzarsi negli ultimi due secoli.
In Italia abbiamo bisogno di boschi con alberi vetusti e con dinamiche naturali; difatti seppure il bosco in molte parti sta ritornando grazie all’abbandono dei terreni agricoli, la struttura dei boschi italiani è ancora misera, per via della gioventù dei boschi o a causa dei tagli troppo frequenti e massicci.
Secondo le associazioni, il rischio che le motoseghe possano irrompere nel bosco è ormai reale e incombente. Tutto dipende dal buonsenso della nuova amministrazione comunale. Il bosco rappresenta un biotopo di elevato pregio naturalistico, riconosciuto universalmente dalla comunità scientifica e da quella europea, dove le dinamiche naturali hanno arricchito il bosco grandi alberi ad alto fusto e monumentali. Ben diverso dalla boscaglia troppo giovane o troppo tagliata che domina la nostra regione, e tutta l’Italia. Nei 3 grandi censimenti degli alberi monumentali eseguiti nel tempo, dalla Forestale, dalla Regione e dal Parco nazionale della Majella, si evidenzia la straordinaria ricchezza di questo bosco in grandi alberi. Circa la metà degli 800 alberi monumentali di tutto il parco nazionale, risiedono infatti nel Bosco di S. Antonio. La maestosità di questo Bosco attira ogni anno migliaia di turisti, villeggianti e cercatori di grandi alberi che contribuiscono a divulgare le bellezze della zona.
Nell’immaginario collettivo degli abruzzesi il Bosco di Sant’Antonio rappresenta un luogo magico, un bosco sacro, un luogo incantato, del tutto particolare, con il suo aspetto culturale, storico, vetusto e soprattutto selvaggio. Un richiamo che attira visitatori da centinaia di chilometri, anche ben oltre i confini della regione.
Per questi motivi, l’area è degna di essere tutelata ai massimi livelli. Una soluzione intermedia è possibile: se da un lato è importante far si che l’area protetta diventi sempre più un luogo aperto alla fruizione rispettosa dei cittadini e all’educazione ambientale; dall’altra è gravissimo dare valore alla capitozzatura, alla eliminazione di alberi o alla distruzione del sottobosco, arrecando un gravissimo danno turistico e naturalistico.
È fondamentale, per le associazioni che firmano un documento, trovare una congrua soluzione, ed intervenire al più presto per evitare che lo storico biotopo venga ridotto a terra di conquista. La biodiversità del Bosco di Sant’Antonio è una ricchezza inestimabile per tutto il territorio abruzzese e italiano. Il bosco, tra l’altro è anche Sito di interesse comunitario e nel 2012 è stato insignito del Premio «Carlo Scarpa» per il Giardino. Danneggiarlo rappresenterebbe un delitto imperdonabile.