Ancora molti sono i dubbi e si allarga l’alea di incertezza sugli interventi a cominciare dalla fascia di 100 metri che coinvolge piante sane. Va bene per le piante colpite ma ora gli interventi vanno ponderati ed esaminati scientificamente i «casi di guarigione». Basta con gli interventi non qualificati che ci fanno ripiombare nel Medioevo
Il caso Xylella che si è abbattuto sugli ulivi del Salento sta colpendo al cuore la cultura pugliese. Non si può restare insensibili di fronte ai video che mostrano i social, che scorrono sul dolore di agricoltori e su quanto rappresentano per loro quelle piante antichissime.
Accanto a scene strazianti, però, vanno in onda anche una serie di post su interventi miracolosi che aprono alla speranza ma creano un baratro fra realtà, possibilità e certezze scientifiche. Si alimentano così anche siti che vedono complotti dietro ogni disgrazia e che, se fossero veri, sarebbe un abdicare al nostro futuro, alla nostra razionalità, alla speranza di migliorare le nostre società. Tutto è male, tutto è pilotato, anche le cose buone hanno un secondo fine… veramente un mondo di una tristezza infinita.
Non è la prima volta che interveniamo sull’argomento Xylella. Lo abbiamo fatto segnalando i ritardi degli interventi regionali, lo abbiamo fatto con un’intervista al prof. Teodoro Moleas, entomologo di grande esperienza, lo abbiamo fatto anche segnalando alcuni casi di «ripresa».
Francamente, sono molte le domande che restano inevase, in tutta questa vicenda. Ci sembra di notare un silenzioso «passa parola» per cui gli specialisti sono assenti. Come un non voler disturbare il manovratore (ma chi? L’Europa? la Regione?). Una sorta di muro di gomma che dà fiato a mille sospetti. Anche perché coloro che vedono complotti non mostrano prove, non partono denunce, e neanche coloro che postano miglioramenti portano prove, al di là di foto e video che non sono prove. Perché al posto di sposare il fai-da-te non si seguono scientificamente i casi di «miglioramento» con l’aiuto di ricercatori?
E così, come se ci trovassimo in pieno Medioevo, o in una Milano colpita dalla peste, continua la caccia all’untore e continua, purtroppo, lo sradicamento degli ulivi sani in una fascia di 100 metri che francamente è eccessiva.
Nel tentativo di capire cosa stia succedendo, fra una conferenza stampa del Commissario e un ricorso al Tar, siamo tornati dal prof. Moleas.
«Perché abbattere gli ulivi sani? Per il semplice motivo che gli olivi sani, vicini a quelli malati possono essere infettati e diventare, a loro volta, inoculo della malattia – ci risponde -. Ovviamente, dando per certo che la “Xylella” sia la vera causa della disgrazia che ci è capitata. Conoscendo le persone che l’hanno individuata e la loro serietà, sono convinto che il batterio sia quello. Una cintura di protezione intorno al centro dell’infezione è indispensabile. Il vettore (insetto, nella speranza che sia uno solo), passa da una pianta all’altra, dilatando esponenzialmente la malattia, come dimostra, ormai, l’avanzata della infezione nel Salento brindisino».
E precisa ancora: «Non siamo alla presenza di infestazione da un insetto (punteruolo o processionaria) che richiedono molto più tempo per causare danni (quasi mai letali, perché attaccano solo parti della pianta). Nel nostro caso attuale, l’insetto (la cosiddetta “Sputacchina”) è solo trasportatore. Il danno diretto di questo insetto, sull’olivo, è trascurabile, per non dire nullo».
Ma sugli alberi sani che si abbattono c’è ancora un’alea di incertezza per la mancanza di dati: «Altro è il discorso su quale sarebbe la distanza precisa fra gli olivi infetti e quelli sani da abbattere. Questo è un problema più complicato, a cui io non so rispondere. Ci vorrebbero dati più precisi sulla presenza, bio-etologica e dinamica di popolazioni della “Sputacchina” e dei suoi consimili nel Salento. Ovviamente questo può essere fatto solo con osservazioni, monitoraggi e campionamenti pluriannuali. In mancanza di questi dati, però, non si può stare fermi e fare “Processioni” per bloccare la Xylella».
E sulla possibilità di altri rimedi naturali? «Per quel che riguarda “segnalazioni (da verificare) di riprese delle piante curate con sistemi tradizionali” sono molto scettico. Per queste cose occorre sperimentazione controllata (prove randomizzate e risultati) e verificata anche da altri ricercatori in situazioni ecologicamente diversificate. In breve, come già detto, ci vogliono anni e investimenti economici. I soldi per la ricerca, in Italia, sono pochi e si ricorda di chiederli quando il male è avvenuto».
Sarà un problema lungo da risolvere e amare sono alcune considerazione del professor Moleas. «Il problema della Xylella e della sua azione sugli ulivi pugliesi è molto complesso. Il fenomeno, completamente nuovo nella sua manifestazione così rilevante, non può avere risposte certe. Mentre si cercano i rimedi, si stanno sperimentando anche soluzioni alternative. Chi può e deve fare questo? ovviamente fornito di investimenti e mezzi adeguati. Lo può fare solo la Scienza. I risultati, come già detto, non possono essere immediati. L’intervento dei praticoni, dei buontemponi, degli avvocati, dei preti, dei giudici etc. serve solo a intralciare e bloccare le decisioni degli scienziati. Nelle interviste radio-televisive e giornalistiche la presenza delle figure summenzionate è preponderante, rispetto all’apparizione di qualche scienziato. L’esempio, recente, del rifiuto della vaccinazione per nostri bambini, mostra chiaramente dove ci possono portare le cosiddette “esperienze personali” o “ricerche fantomatiche”, senza verifica o, addirittura, false. La Scienza può anche sbagliare, ma la probabilità che le sue soluzioni siano le migliori è molto alta. Le soluzioni fantasiose non sono… soluzioni. A quattro secoli da Galileo Galilei, a cui la chiesa ha chiesto scusa, è amaro costatare l’andazzo di certe cose, compreso il problema Xylella».