Anche se con sei anni di ritardo. Circa 14% in meno i rifiuti urbani smaltiti in discarica. Possibile consultare on line la produzione e gestione dei rifiuti urbani nazionali a livello comunale, per sapere quanti rifiuti produce il proprio comune o se li differenzia. Parallelamente alla raccolta differenziata aumenta la percentuale di rifiuti riciclati
Disponibile, e aggiornata al 2014, la raccolta completa di open data sulla produzione e gestione dei rifiuti urbani nazionali a livello comunale. Per sapere quanti rifiuti produce il proprio comune o se li differenzia, basta collegarsi alla piattaforma on line e selezionare il proprio tra gli oltre 8.000 comuni italiani. Il valore aggiunto di questa nuova banca dati è il raggiungimento del massimo livello di disaggregazione, che va dal singolo comune al dato nazionale (meno del 4% sono aggregati per comunità montana). Le informazioni sono suddivise anche per frazione merceologica (carta, legno, plastica, rifiuti elettronici ecc.) e la copertura temporale parte dall’anno 2010. Tali informazioni sono acquisite, elaborate e pubblicate dall’Ispra grazie al contributo delle sezioni regionali del Catasto e, in generale, di tutti i soggetti pubblici detentori dell’informazione, nonché attraverso il Modello Unico di Dichiarazione ambientale (Mud).
Questi dati su produzione e raccolta differenziata si uniscono a quelli contenuti nel Rapporto Rifiuti Urbani dell’Ispra, presentato oggi a Roma presso il ministero dell’Ambiente. Tra le tante informazioni contenute nel report, anche i dati relativi alla gestione dei rifiuti urbani e, in particolare, al compostaggio, alla digestione anaerobica, al trattamento meccanico biologico, all’incenerimento, allo smaltimento in discarica ed all’import/export.
La produzione dei rifiuti urbani cresce, nel 2014, di un +0,3% rispetto al 2013, parallelamente all’aumento dei consumi delle famiglie e dopo un triennio in cui si era osservata una riduzione complessiva di circa 2,9 milioni di tonnellate (-8,9%). Cresce di più al Nord (+1,4% pari a +188 mila tonnellate), mentre scende al Centro (-0,3%) e al Sud (-0,9%). La crescita maggiore nel dato di produzione si osserva per le Marche (+4,2%) e per il Piemonte (+2,3%), seguite, con un +1,8%, da Emilia Romagna e, con un aumento tra l’1% e l’1,5%, da Umbria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Lombardia. Le regioni che fanno rilevare la maggior contrazione sono la Basilicata (-3,1%), il Lazio (-2,5%), il Molise e la Calabria (-2,4% per entrambe).
Pur con 6 anni di ritardo, l’Italia ha raggiunto nel 2014 l’obiettivo del 45,2% di raccolta differenziata (13,4 milioni di tonnellate), segnando un aumento del 3% rispetto al 2013. È Confermato il primato del Nord, ma i dati mostrano una riduzione del divario fra le tre macroaree del Paese: infatti, rispetto ai dati del 2013, la crescita maggiore si rileva per le regioni del Centro Italia con un aumento percentuale, tra il 2013 e il 2014, pari all’11,7% (+283mila tonnellate); al Sud la crescita è del 7,5% (+203mila tonnellate) mentre al Nord del 5,6% (+412mila tonnellate).
Ben 14 province, nel 2014, presentano livelli di raccolta al di sopra del target del 65%. 11 sono localizzate nel Nord Italia (5 in Veneto, 2 in Piemonte, 1 in Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Emilia Romagna) 1 nel Centro (Marche) e 2 nel Sud (Campania e Sardegna). I livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano per la provincia di Treviso, che nel 2014 supera l’80% (81,9%), e per quella di Pordenone, con il 76,8%. Al di sopra del 70% si collocano anche Mantova (la cui percentuale passa dal 69,7% del 2013 al 76,5% del 2014), Belluno (72,8%) e Trento (71,3%). I più bassi livelli di raccolta differenziata, inferiori al 10%, si osservano, invece, per le province siciliane di Enna (6,1%), Palermo, Siracusa (entrambe al 7,8%) e Messina (8,4%).
Parallelamente alla raccolta differenziata aumenta la percentuale di rifiuti riciclati. Si ricorda che la direttiva 2008/98/CE prevede un target del 50% da conseguire entro il 2020.
Per il monitoraggio di detto indicatore, ogni Stato membro deve scegliere una delle quattro metodologie individuate dalla Commissione europea con la decisione 2011/753/UE. L’Italia ha scelto di adottare la seconda metodologia che calcola la percentuale di riciclaggio di rifiuti urbani costituiti da carta, metalli, plastica e vetro e altri singoli flussi di rifiuti domestici e simili, estendendone l’applicazione anche al legno e alla frazione organica. Nel 2014, seguendo questa metodologia, la percentuale di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio risulta pari a 45,2% con un aumento di 3,4 punti percentuali rispetto al 2013.
L’analisi dei dati sulla gestione dei rifiuti evidenzia che lo smaltimento in discarica interessa ancora il 31% dei rifiuti urbani prodotti, tuttavia, il riciclaggio delle diverse frazioni provenienti dalla raccolta differenziata o dagli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani raggiunge, nel suo insieme, il 42% della produzione: più del 16% è costituito dal recupero di materia della frazione organica da RD (umido+verde) e oltre il 25% dal recupero delle altre frazioni merceologiche. Il 17% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito, mentre circa il 2% viene inviato ad impianti produttivi, quali i cementifici, per essere utilizzato come combustibile per produrre energia; l’1% viene utilizzato, dopo adeguato trattamento, per la ricopertura delle discariche, il 2%, costituito da rifiuti derivanti dagli impianti Tmb, viene inviato a ulteriori trattamenti quali la raffinazione per la produzione di Css o la biostabilizzazione, e l’1% è esportato (321mila tonnellate). Il 56,6% dei rifiuti esportati (182mila tonnellate) viene avviato a recupero di energia, il 41,6% è recuperato sotto forma di materia (134mila tonnellate) e solo l’1,9% (6mila tonnellate) è sottoposto ad operazioni di smaltimento.
La percentuale di rifiuti sottoposti a trattamento prima dello smaltimento in discarica passa dal 58% del 2013 a circa il 70% del 2014; nel caso dell’incenerimento, circa il 50% dei rifiuti trattati nel 2014 è costituito da Combustibile Solido Secondario (Css) o frazione secca.
L’Ispra da anni analizza i dati economici relativi ai costi di gestione dei servizi di igiene urbana.
Nel 2014, anche in virtù della legislazione vigente, che prevede che i costi dei servizi di igiene urbana siano interamente coperti dai cittadini, la percentuale di copertura dei costi ha raggiunto il 99,5%. Si pensi che solo nel 2001 era dell’83,5%. Al raggiungimento di tale percentuale di copertura ha contribuito la diminuzione dell’evasione della tassa sui rifiuti soprattutto nelle regioni del sud Italia. Riguardo ai costi, nel 2014, il costo medio annuo pro capite di gestione del servizio risulta di 165,09 euro/abitante per anno, di cui 60,41 euro per la gestione dei rifiuti indifferenziati, 44,79 euro per la gestione delle raccolte differenziate, 22,39 euro per lo spazzamento stradale. Le medie dei costi sono differenti da regione a regione. A livello di macroarea geografica risultano di 148,28 euro al Nord, 208,94 euro al Centro e 165,21 euro al Sud.
Il costo unitario nazionale medio per kg di rifiuto risulta, invece, di 0,23 euro/kg per la gestione dei rifiuti indifferenziati e di 0,19 euro/kg per la gestione delle raccolte differenziate. A livello di area geografica, il costo per kg di gestione dei rifiuti indifferenziati è di 0,22 euro al Nord e al Centro e di 0,25 euro al Sud, mentre il costo di gestione dei rifiuti differenziati è di 0,15 euro al Nord, 0,22 euro al Centro e 0,26 euro al Sud.
Se a tali costi si aggiungono i costi generali del servizio, il costo medio di gestione di 1 kg di rifiuto risulta di 0,33 euro/kg (0,30 euro al Nord, 0,37 euro al Centro e al Sud).
Estrapolando i dati dei costi unitari per abitante, si può stimare per il 2014 un costo complessivo nazionale di gestione dei servizi di igiene urbana di 10 miliardi di euro, di cui 3,8 miliardi per la gestione dei rifiuti indifferenziati, 2,7 miliardi per le raccolte differenziate e 1,4 miliardi per lo spazzamento stradale.