Un processo che deve fare il suo corso per dar luce e andare ad attribuire le responsabilità colpendo i soggetti coinvolti. I terremoti possono essere previsti solo per via statistica nel lungo periodo calcolando i tempi di ritorno di un sisma in un dato territorio, i cui danni possono essere marginali con tecnologie per proteggere adeguatamente le strutture dal sisma, in fase di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, andando anche, lì dove necessario, a delocalizzare gli abitanti e le attività e valutando queste scelte come le più sensate anche dal punto di vista economico oltre che in termini di salvaguardia di vite umane
Il processo ai membri della Commissione Grandi Rischi (Cgr) verrà presentato in Cassazione il prossimo 19 novembre per il terzo grado di giudizio; sarà quindi la quarta sezione penale della Corte suprema ad analizzare quanto avvenuto durante la nota riunione del 31 marzo 2009, riunione tenutasi pochi giorni prima del devastante terremoto del 6 aprile che colpì L’Aquila.
Ed è proprio in vista di questa imminente data che l’associazione Ilaria Rambaldi Onlus di Lanciano ha organizzato il convegno dibattito «Verso la Cassazione», convegno che si terrà oggi nella Casa internazionale delle donne a Roma.
All’incontro, promosso dall’associazione Glis (Gruppo di lavoro isolamento sismico), Assisi (Anti-Seismic Systems International Society), dagli Stati generali delle donne, dal Co-prev, dalla Casa internazionale delle donne, saranno presenti Francesco Stoppa, docente dell’Università «d’Annunzio» Chieti-Pescara; Cristian Del Pinto, geofisico e sismologo; Ranieri Salvadorini, giornalista freelance; Paolo Rugarli, ingegnere strutturista; Primo Di Nicola, giornalista de «L’Espresso» e de «Il Fatto Quotidiano»; Wania Della Vigna e Antonio Valentini, avvocati/parte civile processo Cgr: Alessandro Martelli, ingegnere sismico e presidente Glis; Daniela Senepa, giornalista Rai.
Ma vediamo cosa significa questo processo per il mondo della scienza, le effettive responsabilità dei membri della Cgr nell’accaduto e se il processo va a configurarsi come un processo alla Scienza o una vergogna della «scienza» italiana.
Nel lontano 1999 Kofi Annan, nell’Introduction to Secretary-Generals Annual Report on the Work of the Organization of United Nations, diceva: «Strategie di prevenzione più efficaci consentirebbero non solo di risparmiare decine di miliardi di dollari, ma permetterebbero di salvare decine di migliaia di vite umane. I fondi attualmente stanziati per le attività di intervento e soccorso potrebbero essere utilizzati, invece, per promuovere uno sviluppo equo e sostenibile, che consentirebbe di ridurre il rischio di guerre ed ulteriori disastri. Costruire una cultura di prevenzione, tuttavia, non è semplice.
«Mentre i costi per la prevenzione debbono essere pagati nel presente, i suoi benefici risiedono in un lontano futuro. Inoltre, i benefici non sono visibili; essi sono i disastri che NON sono avvenuti».
Quello che accade in Italia risulta paradossale essendoci una percezione del rischio sismico scarsissima valutata sulla base dell’insufficienza di terremoti violenti frequenti che, in ogni caso, avrebbero un periodo di ritorno molto più lungo della durata dei governi italiani.
Questa percezione permette che ci siano almeno il 70% degli edifici italiani non in grado di resistere ai terremoti a cui potrebbero essere soggetti e questo in base ai dati storici disponibili.
In Italia, già prima degli eventi del 2012 in Emilia si sapeva che terremoti significativi si sarebbero potuti manifestare anche in aree considerate «non sismiche». Quanto all’Emilia, sono da ricordare infatti, oltre al terremoto del 1570, il sisma che nel 1117 colpì l’area padana, oggi ad industrializzazione diffusa.
In Italia ci sono anche altri eventi da ricordare come il sisma del 1693, sisma seguito da uno tsunami, che rase al suolo la Sicilia Sudorientale, luogo dove ora sono presenti grandi impianti petrolchimici.
Ma ritorniamo al terremoto che nel 2009 colpì L’Aquila.
L’International seismic safeti organization (Isso) a firma del suo Presidente, l’ing. Alessandro Martelli, inviò, l’8 novembre del 2012, al Presidente della Repubblica italiana allora in carica, Giorgio Napolitano, un’istanza dall’oggetto: Atto d’accusa e sentenza di condanna in primo grado dei membri della «Commissione Grandi Rischi» italiana nella quale l’associazione mostrava grande preoccupazione per le forvianti informazioni diffuse da alcune organizzazioni scientifiche, da alcune riviste e da alcuni quotidiani sulla sentenza di condanna in primo grado dei membri della Cgr italiana.
L’Associazione discuteva sulla disinformazione legata all’argomento che avrebbe deliberatamente indotto la comunità scientifica e l’opinione pubblica a ritenere erroneamente che le motivazioni del rinvio a giudizio dei componenti della Cgr consistesse nell’aver fallito nel prevedere il terremoto, interpretazione erronea che avrebbe potuto influenzare la comunità scientifica e l’opinione pubblica contro una sentenza pronunciata nel nome del popolo italiano.
Una sentenza che mise in luce delle precise responsabilità dei componenti della Cgr, accusati non per non aver saputo prevedere il terremoto, bensì per aver voluto convalidare una previsione di «non rischio» in corso.
Un processo che non mise in discussione la scienza, che deve essere e restare libera, bensì si prefiggeva di accertare la verità, per il trionfo della giustizia.
Ed ora quel processo vede la sua presentazione in Cassazione per il suo terzo grado di giudizio che dovrà dare una pace alle 309 vittime dell’evento e ai loro cari.
In definitiva, un processo che deve fare il suo corso per dar luce e andare ad attribuire le responsabilità colpendo i soggetti coinvolti. I terremoti, quelle oscillazioni improvvise, rapide e più o meno potenti, della crosta terrestre, provocate dallo spostamento improvviso di una massa rocciosa nel sottosuolo che attualmente possono essere previsti solo per via statistica nel lungo periodo calcolando i tempi di ritorno di un sisma in un dato territorio, i cui danni possono essere marginali con tecnologie per proteggere adeguatamente le strutture dal sisma, in fase di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, andando anche, lì dove necessario, a delocalizzare gli abitanti e le attività e valutando queste scelte come le più sensate anche dal punto di vista economico oltre che in termini di salvaguardia di vite umane, non hanno più scuse per non vedere la messa in atto di un’efficace prevenzione dei territori da adottare a livello normativo.