Energia e organizzazione sociale

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Il rapporto tra la casa, le persone che vi vivono ed il sistema collettivo organizzato è quindi una dipendenza non solo economica con le grandi reti infrastrutturali internazionali, nazionali e locali di distribuzione di acqua ed energia: due elementi tanto indispensabili quanto politicamente «strategici».

Proprio la loro cruciale rilevanza strategica quali elementi di controllo diffuso e l’immediata valenza politica della loro disponibilità e prezzo determinano una sorta di contraddizione sistemica tra due tendenze emergenti: il risparmio energetico quale fenomeno legato ad un nuovo atteggiamento di relazione ambientale industrialmente ecosostenibile e la necessità di mantenimento delle infrastrutture con l’impatto economico che esse producono attraverso le accise ed in senso lato le tassazioni dirette ed indirette che gravano sulla casa, sull’energia e sull’acqua che la alimentano.

 

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Proprio per queste tendenze di fatto già «politiche» ed a causa delle contraddizioni sistemiche che queste inevitabilmente hanno la situazione odierna non è ancora matura per dare vita alla diffusione di standard tecnologici sufficientemente condivisi.
Tale situazione alimenta la percezione dell’assenza di una dottrina univoca e lineare nella gestione dell’abitazione e dei suoi bisogni di consumo incoercibilmente essenziale.
Ma il vero punto critico per poter affrontare un programma di proliferazione tecnologica avanzata e coerente, finalizzata all’efficienza energetica integrata alla produzione di acqua ed energia per autoconsumo, è l’assenza di reali garanzie istituzionali e fondamenti legali stabili in materia.
Lo sviluppo della società industriale, in particolare nella sua accelerazione di impronta sociale e consumistica ad un tempo, prodottasi dopo la seconda guerra mondiale ha fondato il suo modello di sviluppo energetico sulla concentrazione della produzione in centri e centrali di grandi dimensioni supportate poi da grandi infrastrutture a rete per la distribuzione.
Tale organizzazione ha comportato e comporta un investimento di rilevanza assoluta che seleziona in modo adhocratico gli operatori o, meglio, «l’operatore» sia esso pubblico, privato o misto.
La posizione monopolistica dello Stato e delle sue promanazioni amministrative locali nel settore energetico e della fornitura di acqua potabile si è trasformata con il suo processo europeo di privatizzazione concorrenziale solo di facciata e superficialmente, creando non solo una caduta verticale sul controllo praticato prima per via politica sugli enti economici gestori, ma addirittura una impossibilità concorrenziale reale che si sposta verso logiche di cartello piuttosto che price-competition.
Esistono però degli indirizzi di fondo, delle vere proprie tendenze strutturali e non congiunturali, che si stanno muovendo in opposizione a questo stato di conservazione rigida dello status quo, generando contraddizioni sempre più evidenti che, di fatto, gettano luce su scenari dinamici di probabile «futuro prossimo».
L’elemento che scatena la contraddizione più radicale è proprio il mercato con la sua forza di cambiamento inappellabile basato sulla razionalità teorica delle scelte e degli effetti.
Ma il mercato, ed in particolare quello dell’energia, non è quel luogo ideale di razionalità economica assoluta: il valore dell’energia, specie di quella fossile, dipende sempre di più da eventi e strategie più definibili come «militari» che di libero scambio. L’energia è una «merce» sui generis. Oggi questa considerazione è così vera da minare addirittura lo storico e teoricamente fondante legame causa-effetto tra offerta e scorte per la determinazione del prezzo.

La variabilità del prezzo