Per il clima è troppo tardi…

1274
Tempo di lettura: 2 minuti

Pessimisti alcuni climatologi canadesi: «Se tutto questo fosse stato fatto 20 anni fa, allora potremmo dire che oggi siamo fuori dal pericolo dei 2 gradi in più di temperatura. Ormai si è attivato un processo fisico irreversibile che alimenta da solo il clima». Non ci resta che l’adattamento e gestire i milioni di profughi dell’ambiente che si riverseranno soprattutto in Europa

Alla Cop21 di Parigi, gli esperti, i tecnici, i portavoce dei governi si stanno confrontando nel merito per cercare un compromesso che serva a bloccare l’avanzare delle temperature che stanno destabilizzando il clima del pianete con conseguenze solo ipotizzabili e sconosciute nel loro esito concreto.
Chiacchierando con un gruppo di climatologi e oceanografi canadesi, dopo un breve scambio di convenevoli sono state fatte alcune domande inerenti ai lavori e alle aspettative della Cop21.

Siete fiduciosi che qui a Parigi si troveranno finalmente le soluzioni per scongiurare l’aumento della temperatura terrestre?
No!

Perché no?
Se tutto questo fosse stato fatto 20 anni fa, allora potremmo dire che oggi siamo fuori dal pericolo dei 2 gradi in più di temperatura. Ormai si è attivato un processo fisico irreversibile che alimenta da solo il clima, quindi se tutti noi oggi cessassimo di immettere gas serra in atmosfera, i due gradi in più li raggiungeremmo comunque.

E allora?
L’unica cosa che ci rimane da fare e rallentare nel tempo questo processo, ma non illudiamoci di fermarlo. Da fare ora è solo condividere una politica di adattamento ai fenomeni climatici che andranno sempre di più deteriorandosi.

Quali saranno, secondo voi i fenomeni climatici più evidenti e come difendersi?
Il primo, che tutti noi da oltre un decennio avvertiamo, è l’estremizzazione delle manifestazioni meteorologiche, vedi le tempeste, le alluvioni e le siccità prolungate. Il secondo è il riscaldamento superficiale degli oceani che inesorabilmente porterà alla fusione di tutte le banchise ghiacciate sia del Polo Nord sia del Polo Sud, ma la vera grande paura per la crescita dei mari è data dalla rapida fusione del ghiaccio della Groenlandia.

In parole povere da qui a 50 anni dovremmo ridisegnare le coste marine del pianeta.
Esatto, i mari si alzeranno, stando ai nostri studi, alla fine del secolo di 2 o al massimo 4 metri. Ciò vorrà dire che molte isole del Pacifico finiranno sott’acqua e lo stesso Bangladesh perderà un terzo del suo territorio, senza parlare che gran parte delle ridenti spiagge del pianeta, vedi quelle brasiliane, finiranno per scomparire.

Un disastro di proporzioni astronomiche!
Proprio così, ma il problema non sarà solo nell’innalzamento dei livelli dei mari, per voi europei il problema sarà l’inaridimento dell’Africa orientale che spingerà decine se non centinaia di milioni di persone a fuggire e a cercare rifugio da voi.

Allora che fare?
La strada è quella dell’adattamento, di politiche intelligenti capaci di prevenire e poi di gestire i problemi di un clima cambiato e non ultimi quelli dei rifugiati del clima.

Pensate che alla fine di questo summit si possa indicare qualche strada utile per scongiurare drammi dei popoli che subiranno più di tutti questa catastrofe climatica annunciata?
È questo un augurio che noi tutti ci facciamo. In fondo quello che ha detto il presidente Obama è sacrosanto: «Questa è l’ultima occasione per salvare il pianeta, se fallirà Parigi non ci saranno altre occasioni».