Vietato parlare di commercio alla Cop21

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    Il diktat Ue ai negoziatori su un documento europeo sottratto al segreto negoziale. Fairwatch: «Ancora una volta l’ipocrisia europea favorisce gli interessi dei soliti noti»

    «Non si faccia nessuna menzione specifica su questioni inerenti al commercio e alla proprietà intellettuale» nei negoziati sul clima e ogni tentativo di inserire questi temi nella discussione della Cop21 di Parigi non potrà essere accettato. Questa la posizione del Trade Policy Committee dell’Unione europea deciso il 20 novembre scorso, documento strappato alla segretezza dai movimenti Stop Ttip europei, che sottolinea come la Convenzione Quadro del’Onu sul cambiamento climatico non sia il forum adatto per parlare di commercio internazionale, considerata l’attività di forum multilaterali della Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, e che «ogni misura adottata per combattere il cambiamento climatico» non dovrebbe costituire un mezzo di «restrizione del commercio internazionale».
    Mentre, insomma, difronte alla instabilità mondiale Ong, Sindacati e movimenti ribadiscono da Parigi la propria richiesta che siano le Nazioni Unite a gestire le crisi globali, clima in testa, e che al massimo le altre assisi siano considerate strumentali rispetto agli obiettivi che la comunità politica internazionale si dia, ancora una volta la logica del «business is business» prevale.
    «Prima di tutto gli interessi commerciali, ecco nero su bianco l’ipocrisia dell’Unione europea con il suo doppio standard» sottolinea Alberto Zoratti, presidente dell’Ong Fairwatch osservatrice alla Cop21 di Parigi sul clima e tra le realtà promotrici di Stop Ttip Italia. «Impedire alla Cop di poter trattare degli impatti delle liberalizzazioni del commercio sulla lotta al cambiamento climatico, rispostando tutto alla Wto e ai trattati commerciali come il Ttip significa indebolire strutturalmente il negoziato climatico, inserendo una gerarchia de facto che favorisce gli interessi economici rispetto alla tutela dell’ambiente».
    «Già la pubblicazione del capitolo sullo sviluppo sostenibile del Ttip , il trattato transatlantico ancora in negoziato – continua Zoratti – mostra come ogni riferimento al rispetto di accordi multilaterali sull’ambiente o alle stesse convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro sia retorico, senza alcun meccanismo sanzionatorio capace di far rispettare questi principii».

    Intanto i negoziati sul clima a Parigi avanzano con difficoltà, mentre pare ci siano aperture sulla questione del loss and damage (perdite e danni), non si è ancora trovata una quadra sulle risorse destinate all’adattamento (100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020) e sull’entità del taglio delle emissioni di gas climalteranti, in un quadro che vede la concentrazione di CO2 atmosferica avvicinarsi alla soglia di allarme delle 450 parti per milione.

    «La lotta al cambiamento climatico – conclude Zoratti – non può prescindere da un profondo ripensamento del modello di sviluppo attuale: la ricetta proposta dai trattati commerciai bilaterali e dalla stessa Wto, basata su liberalizzazioni e deregolamentazioni spinte rischia di aggravare un fenomeno che minaccia la stabilità ecologica e sociale dell’intero pianeta. Bisogna cambiare sistema per non cambiare clima, sostenendo una seria riconversione e transizione ecologica e sociale che guardi più ai territori, alle produzioni sostenibili, ai limiti dell’ecosistema che non al mercato globale: questa è la nostra posizione come movimenti sociali presenti a Parigi, una richiesta necessaria e non più rimandabile prima di superare il punto di non ritorno».

    La posizione del Trade Policy Committee 
    La posizione di Stop TTIP Italia sul capitolo sullo sviluppo sostenibile del Ttip