Senza decarbonizzare temperature ancora su

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«Si tratta di un Accordo quadro che fissa gli obiettivi di massima di lungo periodo sulla mitigazione, l’adattamento, il finanziamento, il trasferimento delle tecnologie e lascia alle future decisioni della Cop, a partire dalla Cop22 di Marrakesh dell’anno prossimo, il compito della sua attuazione ovvero di tracciare la strada per una completa decarbonizzazione entro la fine del secolo. L’efficacia dell’Accordo si potrà valutare soltanto a seguito delle decisioni future di implementazione»

L’accordo sul clima c’è ed è vincolante (ma volontario), a parte la sostanza e la capacità di mantenere gli impegni, la svolta storica consiste nell’aver ammesso che il problema dei cambiamenti climatici esiste e dipende dall’uomo.
Finisce l’incertezza, la confusione, il gioco al ribasso, i ricatti.
Il presidente della Cop21, Laurent Fabius, ha dichiarato: «La bozza sul clima prevede di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C entro il 2020, forse fino a 1,5°C. Questo consentirebbe di limitare significativamente i rischi e gli impatti del riscaldamento».
E allora anche se ci sono voluti 23 anni di discussioni solo per ammettere che il problema del cambiamento climatico è una realtà, un mutamento che a livello globale è già iniziato e tutti i Paesi ne stanno, sin d’ora, affrontando le conseguenze in termini di perdita di biodiversità e di minacce agli ecosistemi di contro non si può negare che la Cop21 è stato un evento che con tutti gli interrogativi sull’efficacia dell’accordo raggiunto e i suoi effetti futuri ha certamente visto un cambio di rotta, una partecipazione della società civile che grida con forza ad un futuro 100% rinnovabile e questo per salvare il pianeta Terra e tutti i suoi abitanti.
Noi di «Villaggio Globale» abbiamo rivolto qualche domanda a Sergio La Motta, esperto dell’Ente nazionale per l’energia e l’ambiente (Enea) della delegazione italiana alla Cop21 («Dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali»).

L’accordo si può ritenere efficace visto che non c’è l’enunciato vincolante dei 2°C e gli impegni sono volontari?
L’accordo testimonia la volontà politica di oltre 190 Paesi nel mondo di contrastare i cambiamenti climatici contenendo l’aumento della temperatura media del pianeta al di sotto dei 2°C, con l’impegno di cercare di arrivare all’obiettivo di 1,5°C.
Si tratta di un Accordo quadro che fissa gli obiettivi di massima di lungo periodo sulla mitigazione, l’adattamento, il finanziamento, il trasferimento delle tecnologie e lascia alle future decisioni della Cop, a partire dalla Cop22 di Marrakesh dell’anno prossimo, il compito della sua attuazione ovvero di tracciare la strada per una completa decarbonizzazione entro la fine del secolo. L’efficacia dell’Accordo si potrà valutare soltanto a seguito delle decisioni future di implementazione.

Può funzionare un accordo visto che non vi sono vincoli precisi sul modello dell’accordo di Montreal che ha messo al bando i Clorofluorocarburi (Cfc)? Un accordo che funzioni dovrebbe prevedere la messa al bando definitivo dei combustibili fossili entro il 2050.
L’Accordo può funzionare; l’azione concertata tra tutti i Paesi del mondo determinerà, se perseguita con coerenza, nei prossimi decenni, la transizione verso economie a bassa emissione di carbonio; è molto probabile che questa transizione cambierà radicalmente le tecnologie che ci circondano, le case in cui abitiamo, le macchine che guidiamo, il modo con cui produciamo e consumiamo l’energia elettrica, il modo in cui le città sono organizzate e vissute. L’azione concertata degli Stati porterà a percorrere le curve di apprendimento delle tecnologie più innovative secondo dinamiche che abbiamo già avuto occasione di vedere negli ultimi anni per esempio per le tecnologie fotovoltaiche per le quali abbiamo assistito a riduzioni consistenti dei costi proprio a causa della loro maggiore diffusione nei territori.

Ammesso che l’accordo funzioni, siamo in tempo per salvare il pianeta Terra?
Sì, possiamo stare all’interno delle curve di emissione compatibili con gli obiettivi di temperatura fissati da questo Accordo.

Quali le azioni che si dovranno mettere in pratica negli anni a venire per mantenere in vita quanto scritto nell’accordo di Parigi?
La decarbonizzazione dei Paesi industrializzati passa sicuramente per la decarbonizzazione dei sistemi energetici, responsabili del 80-85% delle loro emissioni; le traiettorie e le tecnologie per realizzare questa decarbonizzazione sono molte; il mondo della ricerca deve agire un po’ come google map, indicando le diverse opzioni; ogni Paese, i suoi cittadini, le sue Istituzioni, devono poi trovare la strada che meglio si sentono di percorrere.

Cosa il mondo della scienza ha fatto e cosa può fare mettendoci in mano soluzioni da poter sfruttare per il raggiungimento del bene comune guardando con maggiore attenzione i più poveri e le generazioni future? Che tipo di mondo si deve avere coraggio di immaginare?
Il meccanismo d’implementazione congiunta tra Paesi Sviluppati e quelli in via di sviluppo, previsto nell’accordo, farà scaturire, insieme ai finanziamenti previsti, dinamiche di collaborazione internazionale che aiuteranno i Pvs, almeno così ci si auspica, a saltare la fase di sviluppo economico di tipo vittoriano e approdare verso una forma di sviluppo sostenibile, con un’economia a bassa emissione e più resiliente ai cambiamenti climatici. Il mondo della ricerca può mettere a disposizione dei Pvs metodologie di analisi degli impatti di pacchetti di politiche e misure di mitigazione e adattamento facendo un’operazione di «empowerment» dei Pvs nella scelta delle loro traiettorie di mitigazione/adattamento compatibile con un loro sviluppo sostenibile.