Ci sono 3,2 miliardi di euro stanziati, 2,8 miliardi dei quali soltanto per il Sud, per quasi 900 opere tra depuratori, fognature e acquedotti. Il risultato? Queste opere non sono ancora state avviate nemmeno a gara. «È facile immaginare che anche triplicando le tariffe, senza un gestore efficiente, organizzato e capace di realizzare economie di scala, gli investimenti potrebbero non crescere proporzionalmente alle disponibilità finanziarie e le risorse potrebbero essere disperse in interventi troppo frammentati»
Dopo le regole, la politica industriale. II 2016 sarà un anno cruciale per il «governo» dell’acqua e l’esito della partita si misurerà soprattutto su un punto: la realizzazione di nuove infrastrutture. Un dato su tutti spiega lo stato dell’emergenza, dal punto di vista finanziario e non solo: ci sono 3,2 miliardi di euro stanziati, 2,8 miliardi dei quali soltanto per il Sud, per quasi 900 opere tra depuratori, fognature e acquedotti. Il risultato? Queste opere non sono ancora state avviate nemmeno a gara.
È di poco tempo fa il caso Messina, una città lasciata senz’acqua per giorni, una situazione impietosa che da sola fa intendere l’urgenza e la gravità del problema che ruota sulla messa a norma dei sistemi fognari e di depurazione.
Mauro Grassi, responsabile della Struttura di Palazzo Chigi #italiasicura, che si occupa dello sviluppo delle infrastrutture idriche e del dissesto idrogeologico, ha dichiarato: «Se da un lato nel 2016 cominceremo a pagare salate sanzioni, dall’altro gli investimenti necessari a scongiurare le stesse sanzioni stentano ancora a decollare».
L’obiettivo è quello di raggiungere livelli di investimento nel sistema idrico simili a quelli degli altri Paesi europei. Una partita, quella dell’efficienza, che si gioca innanzitutto a livello territoriale ma poi anche con una visione d’insieme che sia a livello nazionale.
Lo stesso Grassi ha sottolineato: «È facile immaginare che anche triplicando le tariffe, senza un gestore efficiente, organizzato e capace di realizzare economie di scala, gli investimenti potrebbero non crescere proporzionalmente alle disponibilità finanziarie e le risorse potrebbero essere disperse in interventi troppo frammentati».
Secondo l’Authority, presieduta da Guido Bortoni, sono stati attivati investimenti di oltre 5 miliardi nel periodo 2014-2017, un valore pari a quello degli impianti finora esistenti.
Governo e regolatore sembrano d’accordo su di un fatto ossia, che in futuro, utilizzare la leva tariffaria non sarà determinante come in passato e su questo, ricordando che il primo gennaio è entrato in vigore il metodo tariffario idrico 2016/2019, l’Autorità prevede che il nuovo quadro di regole presupporrà tariffe sempre più capaci di incentivare i necessari investimenti nel settore.
In definitiva la sensazione è che, mentre sul versante della messa in sicurezza del territorio dalla piaga del dissesto idrogeologico lo Stato dovrà intervenire direttamente, colmando ritardi decennali, sul versante della gestione dell’acqua la responsabilizzazione dei gestori locali e delle imprese sia destinata naturalmente a crescere, nei vincoli fissati dal referendum 2011, mettendo al centro la qualità dei servizi offerti al cittadino.
Sarà vero?