Ancora multe salate all’Italia in tema acque

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«Una Caporetto anche considerando che su 3 miliardi e 200 milioni di euro messi a disposizione per effettuare gli investimenti, la maggior parte non sono nemmeno stati avviati a cantiere. Stiamo di fatto commissariando diverse zone d’Italia per risolvere la situazione»

Si è tenuto a Milano l’incontro, organizzato dalla struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per discutere del termine previsto dall’Unione europea (Ue), fissato al 31 dicembre scorso, per adeguare impianti e reti di depurazione e per risolvere l’infrazione comunitaria. Un incontro che ha voluto fare i conti sulle multe salate di cui il Paese dovrà farsi carico, una stangata che supererà i 250 milioni di euro. Tuttora nel Nord Italia il 15% del territorio non è a norma sul fronte di depurazione e fognatura, un dato che sale al 20% al Centro e che supera il 30% al Sud.
Mauro Grassi, responsabile della Struttura di missione, la definisce: «Una Caporetto anche considerando che su 3 miliardi e 200 milioni di euro messi a disposizione per effettuare gli investimenti, la maggior parte non sono nemmeno stati avviati a cantiere. Stiamo di fatto commissariando diverse zone d’Italia per risolvere la situazione».
Cattive notizie alle quali si affiancano buone pratiche.
È il caso del panorama dei gestori idrici, Gruppo Cap, monoutility del settore idrico della Città Metropolitana milanese, che è riuscito a concludere in tempo i lavori necessari per affrontare e superare le sanzioni europee.
Con un investimento di 134 milioni di euro, che ha permesso il finanziamento di 111 interventi (53 conclusi nel 2014 e 58 nel 2015) in 60 comuni, il caso di Gruppo Cap è stato quindi presentato dalla Struttura di Missione e dalla Regione Lombardia come una buona pratica in tema di miglioramento della qualità ambientale.
Quello che legifera la materia è la temuta direttiva 91/271/CEE, recepita dall’Italia con il D. Lgs. 152/2006 (il cosiddetto Testo unico ambientale), la quale nasce per tutelare l’ambiente e consentire l’immissione dei reflui prodotti solo dopo i trattamenti che rimuovono gli inquinanti.
La norma si occupa degli agglomerati superiori a 2mila abitanti equivalenti, che presentano una o più delle seguenti criticità: assenza di reti fognarie, reti fognarie non collettate, assenza di impianto di depurazione, presenza di impianto di depurazione insufficiente e scarichi dell’impianto che non rispettano i limiti di concentrazione di inquinanti. È una misura di salvaguardia per fiumi e mari, per la conservazione della biodiversità, per la tutela della salute pubblica e, infine, per la valorizzazione dei territori.
In definitiva, tante infrazioni in tema ambientale a carico dell’Italia e sotto la lente d’ingrandimento dell’Unione europea. È necessario mettere a posto l’organizzazione del sistema idrico integrato garantendo fognature e depuratori a norma indispensabili per tutelare lo stato di salute dei corsi d’acqua e, più in generale, per abbattere l’impatto delle attività umane sull’ambiente in cui viviamo.