Dati Unicef dicono che ci sono circa 663 milioni di abitanti del pianeta che attingono acqua da fonti insalubri e circa 2,4 miliardi (quattro abitanti su dieci) che vivono in condizioni igieniche incompatibili con la sicurezza e con la salute, condizioni che pregiudicano la salute soprattutto di neonati e bambini, vittime indifese delle infezioni veicolate dall’acqua impura e dalla scarsa igiene ambientale
Anche quest’anno ci accingiamo a celebrare la Giornata mondiale dell’acqua, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e prevista all’interno delle direttive dell’agenda 21 come risultato della conferenza di Rio.
Il 22 marzo di ogni anno gli Stati che siedono all’interno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sono invitati alla promozione dell’acqua incoraggiando attività concrete nei loro rispettivi Paesi con la coordinazione del dipartimento degli affari sociali e economici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu).
Una giornata internazionale dell’acqua che nel 2005 determinò l’inizio di una seconda decade internazionale delle Nazioni Unite dedicata alle azioni per l’acqua e che ha registrato, negli anni successivi al 2005, anche il coinvolgimento di una serie di Organizzazioni Non Governative che hanno utilizzato tale giornata come momento per sensibilizzare l’attenzione del pubblico sulla critica questione dell’acqua nella nostra era, con un occhio di riguardo all’accesso all’acqua dolce e alla sostenibilità degli habitat acquatici.
Ogni tre anni, a partire dal 1997, il World Water Council, organismo non governativo internazionale creato nel 1996 come piattaforma degli organismi internazionali e specialisti nel settore dell’acqua, con uno status consultivo speciale loro attribuito da Unesco ed Ecosoc, convoca un Forum sull’acqua per raccogliere i contributi e dibattere intorno agli attuali problemi locali, regionali e globali, problemi che non possono essere risolti senza un accordo quadro con obiettivi e strategie comuni. L’ultimo incontro dal tema «acqua e sviluppo sostenibile» è stato quello del 2015 a Daegu-Gyeongbuk in Corea del Sud.
E quest’anno il tema assegnato alla giornata è il potere che acqua e occupazione hanno di trasformare la vita delle persone. Quasi tutti i lavori sono legati all’utilizzo di acqua e da questo principio ne deriva che acqua è lavoro, è arte, è cambiamento.
Ma se parliamo di acqua non possiamo non pensare al diritto che il genere umano ha di avere acqua pulita per dissetarsi e lavarsi, gabinetti e fognature funzionanti, diritti che sembrerebbero banali per l’umanità del terzo millennio ma che ci mostrano numeri di una tragedia senza fine. Oggi, dati Unicef aggiornati al 1° gennaio del 2016, ci dicono che ci sono circa 663 milioni di abitanti del pianeta che attingono acqua da fonti insalubri e circa 2,4 miliardi, quattro abitanti su dieci, che vivono in condizioni igieniche incompatibili con la sicurezza e con la salute, condizioni che pregiudicano la salute soprattutto di neonati e bambini, vittime indifese delle infezioni veicolate dall’acqua impura e dalla scarsa igiene ambientale.
Basti pensare che il 16% della mortalità infantile globale è provocata dalla diarrea, circa 1.000 bambini muoiono ogni giorno di diarrea provocata dall’ingestione di acqua infetta, e che circa 400 milioni bambini, in età scolare, ogni anno si ammalano per colpa di parassiti intestinali, le cui conseguenze possono persino arrecare ritardi nello sviluppo cognitivo, per capire l’entità del problema.
Se poi a questo ci aggiungiamo che un corretto uso dell’acqua potrebbe far risparmiare circa 11,6 miliardi di dollari all’anno e questo solo per quanto riguarda le cure mediche della diarrea allora capiamo bene come oltre ad aver messo in moto una processo distruttivo perseveriamo nell’errore che ci comporta anche perdita di capitali enormi.
Un bene prezioso l’acqua, due atomi di idrogeno legati ad un atomo di ossigeno con legame covalente polare, principale costituente degli ecosistemi che è alla base di tutte le forme di vita conosciute, uomo compreso, e responsabile dell’origine della vita sul nostro pianeta.
Ed è per questo bene prezioso che si sono combattute guerre, si sono scissi imperi, si è deciso chi contava al mondo… E chi conta forse non è un neonato che appena nato, fuori da una tenda già piena di gente ad Idomeni in Grecia, è stato lavato col fango accumulato in una pozza nella tendopoli. Una foto che sta facendo il giro del mondo e che mette a nudo la crisi di una civiltà europea che non riesce neppure a rispondere al diritto di una madre di partorire in condizione di sicurezza, e al suo bambino di venire al mondo in ospedale, di essere accudito e curato da medici, lavato con acqua calda e vestito.
Un problema che ha radici profonde ma che nella nostra società moderna presenta il suo conto quotidiano, la nostra coscienza che si infrange davanti a responsabilità storiche mancate dove ad avere sempre la peggio sono i soggetti deboli, i bambini.
Il 22 marzo parliamo di questo.