«Sconfinati», siamo tutti sulla stessa barca

    685
    Tempo di lettura: 3 minuti

    Un gioco di ruolo per far comprendere i drammi dei nostri giorni. I visitatori assumeranno l’identità delle migliaia di profughi che scappano dalla Siria, dalla Nigeria, dal Pakistan e da tutti quei paesi dove guerra, povertà o gli effetti dei cambiamenti climatici rendono impossibile la sopravvivenza

    Parte domani la tre giorni della fiera Fa’ la cosa giusta! 2016 la tredicesima edizione della fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, organizzata da Terre di mezzo Eventi.
    Nuovi temi e progetti, affiancati da prodotti ed iniziative negli ambiti che da sempre caratterizzano la fiera che quest’anno si fa ancora più grande con 32mila mq di spazio espositivo nel quale verranno ospitati 770 espositori, divisi in 9 sezioni tematiche e 8 aree speciali.
    Ed è nell’area Turismo Consapevole che ci si potrà cimentare, nello stand di Caritas Ambrosiana, con il nuovo «gioco» di ruolo sulle migrazioni.
    Un percorso esperienziale sull’immigrazione, un dialogo sui temi dei confini e delle frontiere per gridare l’appello all’accoglienza contro la logica dei muri dietro la quale pretende di nascondersi la nostra moderna Europa.
    «Sconfinati» è il nome del gioco di ruolo il cui scopo è quello di permettere a chi vi parteciperà di sperimentare in prima persona il dramma dei migranti che attraversano il Mediterraneo.
    I visitatori assumeranno l’identità delle migliaia di profughi che scappano dalla Siria, dalla Nigeria, dal Pakistan e da tutti quei paesi dove guerra, povertà o gli effetti dei cambiamenti climatici rendono impossibile la sopravvivenza. Riceveranno un passaporto con una nuova nazionalità. Dovranno con pochi soldi mercanteggiare con gli scafisti per assicurarsi un passaggio di fortuna. Alla fine saliranno tutti a bordo di una barca vera, montata su una basculante, all’interno di uno spazio buio: luci e suoni simuleranno una tempesta dalla quale solo alcuni si salveranno. Superato il confine naturale, i «salvati» dovranno fare i conti con un altro ostacolo, la frontiera, la linea invisibile che delimita gli stati, marca le identità nazionali, discrimina i popoli. Coloro che giungeranno all’approdo, saranno esaminati da una commissione che giudicherà, secondo criteri precostituiti, se accogliere o respingere indietro chi aveva scommesso tutto pur di salvarsi dal proprio dramma.
    Un percorso della durata di 15 muniti basato su storie autentiche di un popolo in fuga. Naturalmente «Sconfinati» non è solo un gioco. Perché dietro la finzione c’è la sofferenza reale di un popolo costituito da uomini, donne e bambini che hanno sui volti stampata la sofferenza dell’abbandono della precedente vita, un abbandono che significa la perdita di persone care, della propria casa, degli amici e fatto ancora più amaro dalle condizioni di quel viaggio della speranza necessario per sognare una vita migliore e a conclusione del quale c’è la negazione di quell’accoglienza che l’Europa dovrebbe concedere richiamando la Convezione di Ginevra sui rifugiati.
    E allora ben si comprende il perché al gioco è stato affidato il nome Sconfinati, uno status che non riguarda solo chi lascia la propria terra ma ha a che fare con gli equilibri profondi e il dialogo tra persone e paesi chiamando in causa la visione di un mondo che stiamo costruendo per le generazioni future.
    Un progetto, un’occasione di sensibilizzazione ed approfondimento riguardante il tema dell’immigrazione, senza voler dimenticare nessuno dei luoghi e delle comunità toccate dal tema; popoli che partono, restano nei paesi d’origine, attraversano i luoghi di transito, abitano i paesi di approdo.
    In questo gioco ci siamo tutti. I grandi decisori per le politiche internazionali e nazionali, le organizzazioni impegnate a difendere i diritti delle persone a livello globale e nelle comunità locali, i singoli cittadini che per il solo fatto di esistere devono sentirsi protagonisti della difesa della vita propria e altrui.
    «Aprite le porte alla giustizia!», queste le parole con cui Papa Francesco ha aperto il Giubileo della Misericordia, una giustizia che pone l’essere umano e la sua dignità al centro delle politiche di convivenza globale, quella convivenza che deve tenere uniti tutti in un continuo flusso da carità, amore, responsabilità decisionali.
    Per maggiori informazioni. http://sconfinati.caritasambrosiana.it/