Il nuovo limite di 0,15 nano-grammi di diossina per metro cubo (ng/m3) previsto dalla nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia) non è entrato in vigore. Peacelink stigmatizza che l’Aia già nel 2012 concedeva una proroga a marzo 2016 per l’applicazione del limite di diossina (0,15 al posto di 0,1 ng/m3) andando a concedere un’ulteriore proroga al 23 febbraio 2017 per scendere sotto il limite di 0,1 ng/m3
È notizia di qualche giorno fa che la più importante realtà siderurgica italiana attiva nella produzione e trasformazione dell’acciaio, considerata una delle eccellenze industriali del Paese con oltre 15.000 addetti e 16 unità produttive, l’Ilva, abbia in una nota stampa, dichiarato:
«In merito a quanto pubblicato da alcuni organi di stampa, Ilva precisa che il termine per l’attuazione del piano ambientale, comprensivo dei nuovi limiti per l’impianto di agglomerazione e sinterizzazione e, dunque, del camino E312, è stato rinviato al 30 giugno 2017 (art. 1, comma 7 del Decreto Legislativo 191/2015 convertito il 1/2/2016).
«Dunque, il nuovo limite di 0,15 nano-grammi di diossina per metro cubo (ng/m3) previsto dalla nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia) non è entrato in vigore.
«Ilva continua pertanto a operare nel pieno rispetto delle norme e prosegue il lavoro adeguamento ambientale e bonifica dello stabilimento di Taranto».
Una situazione quella descritta dall’Ilva e ribattuta da Peacelink, associazione di volontariato attiva a sostenere iniziative di solidarietà, che fa emergere tutta la difficoltà nell’affrontare un problema che ogni giorno fa i conti con la salute, la sicurezza, la dignità di una terra e di un popolo sofferenti a causa di una cattiva politica trascinata per troppo tempo che ha difficoltà a far pagare i colpevoli di un disastro ambientale e sociale senza tempo.
Quello che fa notare Peacelink, in risposta al comunicato stampa di Ilva, è il voler puntualizzare che proprio in base all’Aia dell’ottobre 2012, integrata nella prima legge Salva Ilva del dicembre 2012, il nuovo limite per la diossina di 0,15 ng/m3 doveva entrare in vigore a marzo 2016.
Ora, secondo quanto dichiarato da Ilva il rinvio del termine ultimo per completare l’attuazione dell’Aia comprenderebbe anche un rinvio dell’attuazione del limite di emissioni da rispettare.
Un’interpretazione questa molto estensiva del concetto di proroga che va ben oltre la questione tecnica dell’implementazione delle Best available techniques (Bat), ossia delle migliori tecnologie disponibili, e che coinvolge anche il limite di emissione di diossina.
Un limite, quello per la diossina, che rientra nella direttiva europea 2010/75/UE, a cui si collega la Decisione di esecuzione della Commissione del 28 febbraio 2012 che stabilisce le conclusioni sulle Bat per la produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali.
Una direttiva europea che ribadisce come dal 1° gennaio 2016 venga reso obbligatorio l’abbassamento delle emissioni industriali di diossina a 0,1 ng/m3 andando ad allineare, in tal modo, i limiti di emissione degli impianti industriali ai limiti di emissione degli inceneritori.
Un’Aia che nel 2012 già concedeva una proroga a marzo 2016 per l’applicazione del limite di diossina (0,15 al posto di 0,1 ng/m3) andando a concedere un’ulteriore proroga al 23 febbraio 2017 per scendere sotto il limite di 0,1 ng/m3.
Ora si scopre che l’ultimo decreto Salva Ilva conterrebbe un’ulteriore proroga di diciotto mesi per applicare un limite in deroga alla direttiva europea 2010/75/UE.
Si sta parlando di un territorio, quello di Taranto, contaminato da diossina e che attende di essere bonificato, di impianti posti sotto sequestro autorizzati a funzionare solo a condizione che venissero rispettati i tempi dell’Aia fissati nella prima legge Salva Ilva, di persone che attendevano il 2016 per vedere imposti limiti a tutela dell’ambiente e della salute.
L’Associazione Peacelink ha dichiarato che farà sentire la sua voce in sede europea andando ad evidenziare la forzatura che l’Ilva ha inteso dare al concetto di proroga, forzatura in un certo senso avvallata da un governo italiano muto e che a livello locale scrive le parole del presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, che in un comunicato esprime il suo dispiacere per le parole dei genitori dei bambini tarantini scritte in una lettera aperta indirizzata proprio al presidente Emiliano.
E nella lettera non viene richiesto il riscatto per una terra sfruttata che porta con sé il dolore di morte, ingiustizia, illegalità… viene solo invocata la tutela dei diritti sanciti dalla Costituzione italiana.
Elsa Sciancalepore