Svelati i meccanismi che regolano le onde nei fluidi

1056
onde mare
Tempo di lettura: 2 minuti

La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista «Physical Review E», spiega il fenomeno della dispersione delle onde nei fluidi, con possibili applicazioni dalla progettazione di microsistemi idraulici ad applicazioni nel campo delle fibre ottiche, della crittografia, fino allo studio delle dinamiche dei sistemi su grande scala, come i flussi atmosferici ed oceanici, con potenziali ricadute ad esempio sule previsioni meteo o i modelli climatici

La prima rilevazione di onde gravitazionali avvenuta poche settimane fa ha portato all’attenzione del grande pubblico un fenomeno fisico già teorizzato, ma che è stato dimostrato proprio in quell’occasione: le onde trasportano informazioni e possono essere, come in questo caso, messaggere di eventi straordinari (o estremi) accaduti molto lontano nel tempo e nello spazio.

Una ricerca di Daniela Tordella del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale del Politecnico di Torino ha permesso di chiarire meglio come si propagano altre tipologie di onde, le onde interne ai fluidi in moto. Tutti noi siamo immersi nelle onde, siano esse ad esempio elettromagnetiche o sonore, per citare alcune tipologie di onde definite come «interne», cioè che si propagano anche all’interno di un fluido, come l’aria o l’acqua. La ricerca del Politecnico, condotta attraverso una campagna di oltre 130.000 simulazioni numeriche, dimostra che gruppi di onde di piccola ampiezza che si propagano all’interno di fluidi in moto hanno modalità differenti di propagazione a seconda della loro lunghezza d’onda; lo studio, che verrà pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica «Physical Review E», parla di regime «dispersivo» o «non dispersivo».

Per comprendere la differenza tra i due regimi si può fare riferimento al comportamento di alcune onde che tutti abbiamo potuto osservare: immaginiamo un lago nel quale venga gettato un sasso. Si osserveranno alcune onde di superficie, che per analogia possono suggerire visivamente anche il comportamento delle onde interne che si generano in quello stesso lago: finché la lunghezza d’onda (cioè la distanza tra due creste) resta al di sotto di una determinata soglia, il gruppo di onde resta compatto e tutte le onde si propagano alla stessa velocità. Quando invece le onde si allungano e la lunghezza d’onda oltrepassa una soglia che dipende dal rapporto tra l’energia cinetica (meccanica) e l’energia interna del sistema, i gruppi di onde di lunghezza simile si sparpagliano e le singole onde si propagano in modo diverso dal gruppo iniziale; in particolare, si propagano più lentamente del gruppo se il fluido è confinato da pareti e più velocemente se non lo è. Questo è un esempio di onde «dispersive».

Le onde «non dispersive» sono invece rappresentabili nell’immaginario comune con l’aiuto di altri esempi di propagazione, come la luce nel vuoto oppure le onde sonore in aria. In questo caso, una qualsiasi forma d’onda, ad esempio non sinusoidale, si propaga senza cambiare forma.

Si tratta di fenomeni ora dimostrati teoricamente e che potrebbero portare a potenziali applicazioni in diversi settori. Dalla progettazione di microsistemi idraulici (sistemi che contengono i cosiddetti microchannels, canali di diametro dell’ordine di qualche micrometro utilizzati ad esempio nei dosimetri, nella deposizione di film, negli scambiatori di calore per refrigerazione e condizionamento), ad applicazioni nel campo delle fibre ottiche, della crittografia, fino allo studio delle dinamiche dei sistemi su grande scala, come i flussi atmosferici ed oceanici, con potenziali ricadute ad esempio sule previsioni meteo o i modelli climatici.

L’articolo completo è disponibile online