Zero Rifiuti è possibile anche a Bari

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Una strategia che è contenuta nel programma di governo della Regione Puglia che però deve essere affrontata in un processo che sia partecipato e con obiettivi condivisi vista l’ampia partecipazione popolare nel meccanismo industriale

Così come anticipato, si è svolta oggi a Bari l’Assemblea nazionale Movimento Legge Rifiuti Zero.
Ad aprire l’importante convegno è stato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano il quale, introducendo la giornata, ha presentato la situazione esistente in Puglia riferita all’argomento rifiuti che vede l’amministrazione regionale impegnata a produrre una legge sulla Partecipazione attiva che consenta la strutturazione dell’ascolto e del dibattito pubblico sulle grandi opere e intorno alle scelte di maggiore impatto sul territorio.
Una strada complessa che ha visto impegnato Michele Emiliano sin dalla sua proclamazione alla presidenza della regione Puglia con la messa in atto di dimostrazioni importanti, il commissariamento del ciclo ad esempio, ed imponendo accelerazioni anche sulla nuova legge che si vuole sui rifiuti in Puglia.
Una filiera industriale quella del riciclo da promuovere in tutte le sue vesti e che abbia ritorni economici nel differenziare il rifiuto andando poi a riutilizzare i materiale recuperati.
Una strategia, quella dei rifiuti zero, che è contenuta nel programma di governo della Regione Puglia che però deve essere affrontata in un processo che sia partecipato e con obiettivi condivisi vista l’ampia partecipazione popolare nel meccanismo industriale.
Ed è proprio la partecipazione condivisa al centro della proposta di legge (Pdl) «Verso un’economia circolare a Rifiuti Zero» presentata oggi a Bari in conferenza stampa dal gruppo del Movimento 5 Stelle (M5S) nel Consiglio regionale della Puglia, proposta che vuole responsabilizzare i cittadini dando sgravi fiscali in base alla quantità di rifiuto compostato o differenziato.
Ed è Antonio Trevisi, capogruppo M5S e primo firmatario della Pdl, a spiegare: «Il punto principale della proposta è la visione del rifiuto come una risorsa. L’attuazione, il monitoraggio, il coordinamento ed il controllo su scala regionale di misure di prevenzione, riuso e riciclo congiuntamente alla previsione di strumenti incentivanti favoriranno il raggiungimento di ottime performance di riduzione dei rifiuti, nonostante la governance attuale. Il compost infatti può dare tantissimi benefici, ai cittadini riducendo il costo della tassa sui rifiuti ed ai terreni che hanno bisogno di sostanza organica per evitare il rischio desertificazione. In più ogni cittadino che diventa responsabile di quello che produce se ha un piccolo sistema di gestione, compostaggio di prossimità o compostiera domestica, diventa più responsabile. Responsabilizzare i cittadini dando sgravi fiscali sulla tariffa delle utenze domestiche in base alla quale è corrisposta la tassa rifiuti, il 30% grazie al compost, vuol dire un risparmio medio di quasi il 60% per una famiglia virtuosa».
La Pdl annunciata dal M5S introduce incentivi anche per le imprese che innovano il ciclo produttivo e i prodotti con misure innovative che vanno dall’utilizzo di stoviglie biodegradabili e compostabili nei servizi di refezione alla programmazione urbana dei Centri per il Riuso, dall’istituire luoghi in cui il rifiuto può essere riparato e ceduto ad altri che ne hanno bisogno alla promozione di negozi di alimenti e prodotti d’uso comune sfusi, senza imballaggio e/o a km zero, ecc.
Un’attenzione particolare rivolta oltre che all’incentivazione delle pratiche di compostaggio di rifiuti organici da effettuare sul luogo stesso di produzione anche all’introduzione del sistema di tariffazione puntuale accompagnato da misure di monitoraggio e controllo capillari sul territorio.
Insomma il sistema basato su inceneritori e discariche (ricordiamo che dagli inceneritori vengono fuori comunque rifiuti gestibili esclusivamente in discarica) proprio non ci piace. È un modo di affrontare il tema «rifiuto» arcaico ed inquinante che se continua ad essere oggetto della politica attuale porta con sé anche la volontà di non cambiare rotta. Ricordiamo infatti che il volere ancora oggi istituire un inceneritore significa farlo lavorare per almeno altri vent’anni e questo per andare solo ad ammortizzare gli investimenti sostenuti, soluzioni in assoluta controcorrente rispetto a quella economia circolare di cui tutti parlano e che però ancora nessuno è capace di affrontare con scelte politiche forti e «folli».
Gestire il rifiuto e considerarlo una risorsa e non un costo ha molti margini di miglioramento e questo su un pianeta che vede ridotte le capacità di fruizione di materie prime che nei secoli sono state investite per avviare un processo distruttivo di crescita e di sviluppo e che quindi ora vede la necessità di ripensare tutto il sistema produttivo ed economico in una chiave diversa che consideri l’ambiente, non più come erroneamente è stato fatto in passato «elemento al servizio dell’uomo», bensì compartecipante di soluzioni condivise.
La possibilità di gestire il rifiuto non in discarica o in impianti di incenerimento è reale e assolutamente possibile, sin da subito, allineando quella che è la dotazione impiantistica, situazione differente da regione a regione, della filiera del recupero e del trattamento, e questo sia per quanto concerne il rifiuto urbano sia per quello speciale che sappiamo bene essere la percentuale maggiore nella produzione totale dei rifiuti.
Comportamenti virtuosi e politiche che accelerino i processi e non li rallentino, pensiamo alla sperimentazione del vuoto a rendere voluta dal Governo, una sperimentazione che ha molto di cui raccontare visto che era regola sino a vent’anni fa quando il problema del dove mettere i rifiuti non lo si aveva ancora, questo il mix perfetto sul quale lavorare e che può portare a ritorni di credibilità in tema ambientale, sociale ed economico.