Un team di ricercatori internazionali, tra cui fisici del Cnr e del Politecnico di Milano, ha mostrato la capacità dei nanoribbons, ovvero strisce strettissime, di grafene di assorbire ed emettere luce grazie a stati quantistici detti bieccitoni. Un risultato che rende più concreto l’uso industriale di questo materiale e apre la strada a laser basati su grafene e nuove tecnologie di illuminazione. Lo studio è pubblicato su «Nature Communications»
I nanoribbons, nano-strisce sottilissime, di grafene si rivelano potenzialmente utili per produrre, rivelare e controllare la luce nonché per assorbirla e convertirla in energia (un uso promettente, ad esempio, nel settore fotovoltaico) grazie a fenomeni quantistici chiamati bieccitoni. È la scoperta di un gruppo di ricercatori di due Istituti del Consiglio nazionale delle ricerche, Istituto nanoscienze (Nano-Cnr) e Istituto di fotonica e nanotecnologie (Ifn-Cnr), in collaborazione con Politecnico di Milano, Università di Modena e Reggio Emilia e Max Planck Institute di Mainz. Lo studio è stato appena pubblicato su «Nature Communications».
A differenza dei fogli di grafene semi-metallici, i nanoribbons di grafene si comportano come semiconduttori con interessanti proprietà ottiche. «Abbiamo utilizzato il grafene ridotto in strisce larghe meno di cinque nanometri, pari a un decimillesimo dello spessore di un capello – spiega Deborah Prezzi di Nano-Cnr di Modena -. In tale configurazione il grafene diventa un semiconduttore, proprietà indispensabile per applicazioni ottiche, e al contempo mantiene molte caratteristiche del materiale semi-metallico. Il grafene così modificato potrebbe essere impiegato in dispositivi ottici, come Led, laser e celle solari».
Il team di scienziati ha studiato i processi ultraveloci che avvengono nei nanoribbons di grafene in seguito all’eccitazione con impulsi di luce laser ultra brevi: «In questo caso un elettrone del grafene viene eccitato e si genera una lacuna di carica, tipica dei semiconduttori, che si lega all’elettrone a formare il cosiddetto eccitone – continua la ricercatrice -. Esperimenti e simulazioni mostrano che due eccitoni possono formare a loro volta degli aggregati fortemente legati, i bieccitoni. Questi effetti quantistici sono dovuti alle dimensioni estremamente ridotte dei nanoribbons, spessi un solo atomo e larghi appena una decina, e sono alla base del funzionamento di vari dispositivi ottici, come ad esempio i processi di moltiplicazione di carica all’interno delle celle solari».
L’esperimento è stato possibile grazie a un avanzato sistema di spettroscopia sviluppato nei laboratori di Ifn-Cnr e Politecnico di Milano che, spiega Giulio Cerullo del Dipartimento di Fisica del Politecnico, «permette di “fotografare” fenomeni che evolvono in tempi che vanno dai femto- ai pico-secondi, vale a dire meno di un millesimo di miliardesimo di secondo. Abbiamo osservato che i bieccitoni si formano molto rapidamente e danno luogo ad emissione stimolata di luce con grande efficienza. Un risultato che potrebbe aprire la strada all’utilizzo dei nanoribbons di grafene come materiali attivi in laser, fotorivelatori e altri dispositivi ottici».