A Genova le rane non gracidano più

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Il petrolio è come fosse colla. Purtroppo non si possono utilizzare solventi per togliere il petrolio dei corpi degli animali perché morirebbero per intossicazione. Incalcolabile il danno ambientale e alla biosfera: risibile il numero di fauna salvata a fronte di quella scomparsa

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Ed è il quarto giorno di emergenza in località Genova Fegino dove domenica 17 aprile un’esplosione nell’impianto di raffineria dell’Iplom ha causato la rottura di una tubatura e il conseguente sversamento di migliaia di litri di greggio nel torrente Polcevera.
La reazione all’incidente è stata immediata con l’impianto che è stato posto sotto sequestro e con tecnici di vari enti e volontari delle più svariate associazioni sociali che stanno combattendo per contenere il disastro ambientale.
La Lega antivivisezione (Lav) sede di Genova in questi giorni è impegnata nel recupero e nel salvataggio di decine di animali contaminati dallo sversamento di petrolio. Operazioni molto difficoltose, che stanno coinvolgendo volontari e cittadini sopraggiunti sul posto da ogni parte della Liguria.
Daniela Filippi, Responsabile sede Lav Genova, afferma: «È come fosse colla. Purtroppo non si possono utilizzare solventi per togliere il petrolio dei corpi degli animali perché morirebbero per intossicazione».
Sarebbe pertanto necessario procedere ad una paziente pulizia utilizzando in primis l’olio vegetale di mais per rimuovere tutto il petrolio e successivamente eliminare l’olio con detersivo delicato ed abbondante acqua calda. Solo a quel punto gli animali possono essere asciugati con carta assorbente e poi custoditi al chiuso in una stanza alla temperatura di circa 40°. Una procedura che allo stato attuale ha salvato la vita a circa 40 fra anatre, gabbiani ed altri piccoli passeriformi con il decesso di molti altri esemplari giunti alla sede operativa Lav già in gravi condizioni.
Massimo Vitturi, Responsabile Animali Selvatici, prosegue: «Ora che l’ondata emergenziale è passata, siamo molto felici di aver salvato la vita a tanti animali, felicità purtroppo ridimensionata dalla consapevolezza che molti altri sono morti senza aver potuto fare nulla per loro».
Anche l’Ente nazionale protezione animali (Enpa) è intervenuto tempestivamente sul luogo dell’incidente prestando soccorso alle vittime animali del disastro del Polcevera e preannuncia che predisporrà un’azione legale in merito al gravissimo danno ambientale causato dallo sversamento di centinaia di migliaia di litri di petrolio nel torrente. Danno le cui tragiche conseguenze sono sotto gli occhi dell’opinione pubblica italiana e internazionale che forse ne sta parlando troppo poco.
L’Enpa, dichiara: «Ci costituiremo in giudizio per le conseguenze irreparabili subite dalla biodiversità che viveva del torrente: pesci, uccelli acquatici, anfibi, quella rete del vivente ricca e varia che oggi è sostituita da un vero deserto. Il disastro del Polcevera conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, la pericolosità delle attività legate allo sfruttamento del petrolio. Per questo, esiste una corposa direttiva europea sul danno ambientale; per questo il nostro Paese si è dotato di un sistema di norme compreso nel D. Lgs 152/2006. Non è accettabile qualunque sottovalutazione dei rischi ambientali legati alla ricerca, all’estrazione e all’uso dei combustibili fossili».
Un impegno, quello di proteggere gli animali, che sono i viventi più vulnerabili rispetto ad ogni attività umana, che è connaturato alla mission dell’associazione e che non deve far dimenticare che questo Paese ha praticamente smantellato il sistema dei controlli anche a tutela della biodiversità, ne è un esempio lo smantellamento del Corpo Forestale dello Stato.
Di certo c’è che «da domenica sera non sentiamo più gracidare le rane che prima accompagnavano le nostre giornate», questo quanto dichiarato da una donna che vive a ridosso del Polcevera e l’Italia sta lì a guardare il nostro ambiente fatto a pezzi dagli interessi economici forti davanti ai quali nulla può competere in questa aurea di apatia trasversale dove emozioni contrasti di sostenibilità ambientale e di necessità economiche volte a far cassa cercano stridulamente di giungere ad un qualche equilibrio, di volta in volta disatteso, dove chi chiede il conto alla fine è sempre lui… il nostro futuro sulla Terra.