Blitz di Greenpeace in uno stabilimento di Thai union

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Greenpeace: «Se Thai Union, che produce un quinto del tonno in scatola venduto nel mondo, non cambia subito rotta impegnandosi a diventare un leader mondiale anche della sostenibilità, noi siamo pronti a entrare in azione per denunciare i suoi metodi di pesca distruttivi»

Questa mattina 25 attivisti di Greenpeace, tra cui anche alcuni italiani, hanno bloccato la fabbrica di tonno in scatola di Petit Navire a Douarnenez, in Bretagna, di proprietà del colosso mondiale Thai Union, in Italia presente con il marchio Mareblu. Con quest’azione di protesta nonviolenta, tutt’ora in corso, l’associazione ambientalista ha voluto denunciare i metodi di pesca distruttivi usati dalla multinazionale tailandese per rifornirsi del tonno che inscatola e distribuisce in tutta Europa.

Circa 15 attivisti di Greenpeace si sono incatenati ad alcune scatole di tonno giganti bloccando l’uscita dei camion dalla fabbrica. In contemporanea, alcuni climber si sono calati dal tetto dell’edificio a una decina di metri di altezza per dipingere sulla facciata un enorme messaggio: «Stop Ocean Destruction» (Fermiamo la distruzione degli oceani). Sulle scatole giganti, insieme al marchio francese, si legge anche quello di Mareblu.

«Se Thai Union, che produce un quinto del tonno in scatola venduto nel mondo, non cambia subito rotta impegnandosi a diventare un leader mondiale anche della sostenibilità, noi siamo pronti a entrare in azione per denunciare i suoi metodi di pesca distruttivi», dichiara Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia. «Mareblu aveva promesso di rifornirsi solo con metodi di pesca sostenibile ma a oggi nei suoi prodotti continua a finire tonno pescato con sistemi che danneggiano gli oceani. Non possiamo rimanere a guardare: è ora di fermare chi continua a svuotare il mare per una scatoletta di tonno».

Da cinque settimane la nave «Esperanza» di Greenpeace si trova nell’Oceano Indiano, una delle principali aree di pesca da cui arriva il tonno di Thai Union e di Mareblu, per fermare la pesca con i Fad, sistemi di aggregazione per pesci che uccidono ogni anno migliaia di giovani esemplari di tonno e altri animali marini, tra cui molti squali. Lo scorso novembre il comitato scientifico della Commissione per la pesca al tonno nell’Oceano indiano (Iotc) ha indicato che in queste acque il tonno pinna gialla è ormai sovrasfruttato.

Oggi la protesta di Greenpeace si è spostata dal mare alla terraferma, prendendo di mira la catena di produzione di Thai Union. L’associazione ambientalista può contare sul sostegno di oltre 400mila persone che hanno già firmato la sua petizione per chiedere a Thai Union, e a tutti suoi marchi, di cambiare i suoi metodi di approvvigionamento. Lo scorso fine settimana i volontari di Greenpeace sono entrati in azione nei supermercati per spostare le scatolette di tonno dei marchi di Thai Union lasciando gli scaffali vuoti, come vuoto rischia di diventare il mare, senza più pesci a causa della pesca eccessiva.

L’azione di Greenpeace in corso in Francia si svolge a poche ore dall’apertura del Bangkok Tuna Forum in Tailandia, dove si riuniranno i principali attori del settore. Per mandare un messaggio chiaro all’industria del tonno, ieri sera attivisti dell’associazione hanno proiettato con un laser nel cielo della capitale tailandese la scritta: «Thai Union guida il cambiamento, ferma la distruzione».