Da uno studio condotto dall’Ibpm-Cnr su Escherichia coli è emerso che i batteri riescono a respirare ossigeno anche in presenza di una quantità elevata di acido solfidrico, grazie al citocromo bd. La ricerca è stata pubblicata su «Scientific Reports»
Grazie alle loro notevoli capacità di adattamento, i batteri riescono a vivere in ambienti molto ostili, come l’intestino umano dove la loro sopravvivenza è facilitata dal citocromo bd, un enzima molto diffuso che permette a questi microrganismi di consumare ossigeno anche in presenza di elevate concentrazioni di acido solfidrico. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Ibpm – Cnr), in collaborazione le Università di Roma «La Sapienza», Mosca, Lisbona, Sheffield e dell’Hospital for sick children di Toronto. I risultati sono pubblicati sulla rivista Scientific Reports del gruppo editoriale «Nature».
«L’acido solfidrico (H2S) è una piccola molecola gassosa prodotta dai batteri in quantità elevate nel nostro intestino, facilmente riconoscibile dall’odore acre – spiega Giuffrè, ricercatore Ibpm-Cnr, coordinatore dello studio -. Ed è un potente inibitore della respirazione cellulare in grado di bloccare l’enzima responsabile del consumo di ossigeno nelle cellule umane. L’obiettivo del nostro studio era verificare l’ipotesi che alcuni enzimi aiutino i tantissimi batteri presenti nel nostro organismo a produrre energia e a sopravvivere, talvolta con dannose conseguenze per la salute umana, nonostante la presenza dell’acido».
Attraverso lo studio condotto sul battere modello per eccellenza Escherichia coli, molto diffuso anche nell’organismo umano, il team di ricerca ha scoperto che proprio uno dei due enzimi che permettono al battere di respirare ossigeno, il citocromo bd, è resistente all’acido solfidrico. «L’enzima, presente solo in organismi procariotici come i batteri, permette a questi ultimi di consumare ossigeno e di crescere anche in ambienti ricchi di solfuri, come il nostro intestino», precisa il ricercatore dell’Ibpm-Cnr.
Ad oggi non si conoscono ancora farmaci in grado di inibire il citocromo bd. «Lo scorso mese è stata pubblicata su Science dal premio Nobel Hartmut Michel la struttura cristallografica del primo citocromo bd – conclude Giuffrè -. Ciò permetterà di combinare approcci computazionali e sperimentali mirati all’identificazione di inibitori efficaci e selettivi che aprano la strada allo sviluppo di antibiotici di nuova generazione».