Stava, 31 anni fa…

    603
    Tempo di lettura: 2 minuti

    Lungo il suo percorso, la colata di fango provocò la morte di 268 uomini, donne e bambini, il ferimento di altre 30 persone, la distruzione completa di 3 alberghi, di 53 case d’abitazione e di 6 capannoni; 8 ponti furono demoliti e 9 edifici gravemente danneggiati

    Erano le 12,22’55” del 19 luglio 1985 quando una colata di fango sprigionatisi a seguito del crollo della discarica di miniera costituita da due bacini sovrapposti realizzati per la decantazione e lo stoccaggio degli sterili residuati dalla lavorazione della fluorite annessa all’impianto di arricchimento del minerale di Prestavèl in località Pozzole nel Comune di Tesero, in valle di Stava, distrusse l’abitato di Stava e parte dell’abitato di Tesero.
    La massa fangosa era composta da sabbia, limi e acqua scese a valle alla velocità di quasi 90 chilometri orari, una velocità tale che spazzò via persone, alberi, abitazioni e tutto quanto incontrò fino a raggiungere la confluenza con il torrente Avisio che solca la valle di Fiemme.
    Lungo il suo percorso, la colata di fango provocò la morte di 268 uomini, donne e bambini, il ferimento di altre 30 persone, la distruzione completa di 3 alberghi, di 53 case d’abitazione e di 6 capannoni; 8 ponti furono demoliti e 9 edifici gravemente danneggiati. Uno strato di fango tra 20 e 40 centimetri ricopriva un’area di 435mila metri quadri circa per una lunghezza di 4,2 chilometri.
    Un quantitativo di materiale pari a circa 180mila metri cubi che provenienti dalle discariche si aggiunsero agli altri 40-50mila metri cubi provenienti dai processi erosivi, dalla distruzione degli edifici e dallo sradicamento di centinaia di alberi.
    Una catastrofe che ha visto lo svolgimento di un procedimento penale conclusosi nel 1992 con la sentenza definitiva di condanna di 10 imputati giudicati colpevoli dei reati di disastro colposo e omicidio colposo plurimo e un risarcimento del danno per complessivi circa 133 milioni di Euro liquidato in via transattiva nel 2004 da Edison, Eni-Snam, Finimeg e Provincia Autonoma di Trento.
    Una catastrofe che è stata uno tra i più gravi disastri avvenuti al mondo per il crollo di discariche di miniera e che oggi è tornata ad essere quell’accogliente località turistica che era prima del disastro benché il ricordo non verrà mai sopito.
    Perché mantenere viva la memoria di quanto è accaduto a Stava nel 1985 è importante, una memoria attiva che stimoli il richiamo alla responsabilità di ciascuno di noi e questo avendo come scopo ultimo quello di evitare le disgrazie che dipendono essenzialmente dalla superficialità di coloro che hanno responsabilità.
    Ed è a questo scopo che è stata costituita la Fondazione Stava 1985 Onlus la quale si è posta il compito della memoria per far in modo che non si ripetano avvenimenti simili, inutili e prevedibili.
    Un impegno silenzioso, costante, tenace che le famiglie sopravvissute hanno sofferto e trasmesso lungo tutti questi anni per mantenere vivo il ricordo dei loro cari e soprattutto perché quelle morti si liberassero dalla loro disperazione, per tradursi in un momento di vero riscatto civile, per far capire che quella di Stava non è stata una fatalità, per gridare la necessità di rapporti nuovi fra gli uomini.
    Perché i 268 innocenti uccisi il 19 luglio 1985 in Val di Stava non siano morti invano, per dare all’iniziativa rappresentatività, autorevolezza e durata nel tempo coinvolgendo Enti pubblici rappresentativi delle comunità colpite dalla catastrofe, per creare un legame fra le stragi del Vajont, Stava e Cermis, tragedie che hanno tutte in comune la responsabilità umana della cattiva gestione del territorio.