In Italia la percezione della pericolosità sismica è fortemente sottostimata. Nelle zone sismiche più pericolose del nostro Paese, solo 6 italiani su 100 hanno una percezione ottimale
> Abstract
Un’indagine dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), condotta nel 2015 in collaborazione con l’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Irpps) e l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste (Ogs) e finanziata dal Dipartimento della protezione Civile (Dpc), su un campione statistico nazionale di oltre 4mila persone, ha evidenziato che in Italia la percezione della pericolosità sismica è fortemente sottostimata.
Il territorio italiano è particolarmente esposto ai terremoti, tuttavia «nelle zone sismiche più pericolose del nostro Paese, dove vive circa il 41,3% della popolazione (carta di pericolosità sismica) – come spiega Massimo Crescimbene, ricercatore dell’Ingv e coordinatore dello studio – possiamo dire che solo 6 italiani su 100 hanno una percezione adeguata del pericolo presente sul territorio».
In una scala di percezione a sette punti utilizzata nel questionario nella quale il punteggio 1 indica il valore di percezione più basso mentre il punteggio 7 indica il massimo, i risultati dell’indagine mostrano che la percezione della pericolosità sismica nel nostro Paese è in media di 3,24, con differenze non significative, da un punto di vista statistico, tra le regioni del Nord (3,20), del Centro (3,39) e del Sud e Isole (3,70).
«Questi punteggi sono estremamente bassi se si considera che nella scala utilizzata per il questionario il valore 4 rappresenta il punteggio che divide i valori in bassi (minori di 4) e alti (maggiori di 4) ma soprattutto, ed è il dato più critico, i valori medi registrati da parte di cittadini residenti in zone più e meno pericolose non si discostano sufficientemente tra loro (rispettivamente 3,03 e 3,53), dove nelle aree più pericolose ci si sarebbe aspettato un punteggio medio superiore a 5,50», aggiunge Crescimbene.
L’indagine Risk Perception and Communication ha raccolto, inoltre, informazioni utili per promuovere campagne di riduzione del rischio sismico e progetti educativi.
«Sul totale degli intervistati (N=4.012) – prosegue Crescimbene – appena il 6% ritiene di essere bene informato sui terremoti e il 33% abbastanza informato, mentre il 38% pensa di essere informato in modo superficiale e il 23% di non esserlo affatto. Il medium più utilizzato per avere informazioni è la televisione (37%) seguito dai giornali (22%) e dal web (21%),Protezione Civile (7%) Enti di Ricerca ed Università (2%), Regioni, Province e Comuni (4%), Libri (4%) il restante 3% riceve informazioni da amici, familiari ed associazioni di volontariato.
«Occorre infine rilevare che meno del 5% degli intervistati ha partecipato personalmente a un’iniziativa per la riduzione del rischio sismico: tra questi, quasi tutti hanno sottolineato un forte coinvolgimento e interesse».
«In base ai risultati dell’indagine – conclude Crescimbene – possiamo affermare che nel nostro Paese appaiono quanto mai fondamentali campagne di informazione sulla riduzione del rischio sismico, come “Io non rischio Terremoto” promossa e realizzata dal Dipartimento della Protezione Civile (Dpc), Ingv, Anpas e Consorzio della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica, in accordo con le Regioni e i Comuni interessati. È inoltre indispensabile trasformare i progetti educativi realizzati in questi ultimi anni nelle scuole (ad esempio il Progetto Edurisk) in programmi permanenti, per dare vita a una generazione di cittadini più informata, consapevole e attivamente coinvolta nella riduzione dei rischi naturali».